La Regione Veneto finanzia un progetto di ricerca sui nuovi approcci genomici e proteomici per lo screening dei trattamenti con promotori di crescita nel bovino da carne in Veneto. La delibera numero 2862 del 28 dicembre assegna quindi al Dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione dell’Università degli Studi di Padova un finanziamento di 69mila euro (per la prima annualità) mediante il Fondo sanitario regionale. Il progetto di ricerca “Nuovi approcci genomici e proteomici per lo screening dei trattamenti con promotori di crescita nel bovino da carne” è descritto nell’Allegato A, parte integrante del provvedimento. Il progetto è temporalmente suddiviso in tre fasi consecutive per una durata complessiva di 2 anni.
Il finanziamento avrà dunque una durata biennale. Allegato B, schema di convenzione tra il dirigente dell’Unità di progetto veterinaria e il responsabile del Dipartimento universitario.
Il Decreto Legislativo 16 marzo 2006, n. 158 “Attuazione della direttiva 2003/74/CE, concernente il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze beta-agoniste nelle produzioni animali” vieta l’utilizzo di anabolizzanti nel settore zootecnico e demanda ai Servizi di sanità pubblica veterinaria il controllo ufficiale sulla presenza dei residui indesiderati negli animali allevati e nei prodotti di origine animale.
Tuttavia l’utilizzo di sostanze illecite a scopo anabolizzante sembra essere una pratica presente nell’allevamento del bovino da carne, come dimostrerebbero i dati relativi allo studio pilota effettuato nel periodo 2004-2006 con il coordinamento del Ministero della Salute e basati sull’utilizzo dell’esame istologico, metodica non accreditata. Dal confronto di questi dati non ufficiali con quelli eseguiti con metodiche accreditate (ufficiali), si evidenzia una discrepanza dei risultati, con un certo incremento delle positività nel caso dell’esame istologico.
La Regione del Veneto, già con deliberazione della Giunta n.1708 del 18 giugno 2004, aveva dato avvio al “Piano di monitoraggio per il miglioramento della produzione di carne bovina in Veneto”, che prevedeva, oltre ai prelievi per l’esame istologico attuato nello studio pilota ministeriale, l’approfondimento di metodiche innovative candidate ad essere utilizzate come indicatori indiretti di trattamento. Nel corso di questo piano di monitoraggio sono state prelevate matrici biologiche per l’effettuazione di una serie di prove volte ad individuare l’idoneità di alcune analisi ad essere utilizzate come indicatori indiretti di trattamento (biomarcatori), che si pongono come obiettivo, non tanto l’individuazione della molecola parentale o dei suoi metaboliti, quanto piuttosto l’evidenziazione di alcune significative risposte biologiche dell’animale al trattamento.
Per elevare il livello di sicurezza delle produzioni di carni bovine venete, con deliberazioni della Giunta Regionale n. 2888 del 7 ottobre 2008 e n. 3387 del 10 novembre 2009 è stata stabilita la prosecuzione del piano di monitoraggio, presso gli allevamenti e gli impianti di macellazione attraverso l’effettuazione di controlli istologici conoscitivi cui seguiva, in caso di sospetto, l’effettuazione di adeguati approfondimenti.
La finalità del nuovo piano consisteva nel ricercare e sucessivamente validare metodiche alternative di screening per valutare gli effetti di sostanze estranee o xenobiotici in grado di influenzare i processi fisiologici e biologici degli animali, determinando illegalmente un effetto anabolizzante. L’attuale evoluzione delle tecniche definite “omiche”, che rappresentano metodiche alternative di screening per contrastare l’uso illecito di promotori di crescita, è stata più volte auspicata; l’approccio innovativo di tali tecniche consta nell’individuazione degli effetti biologici che i diversi promotori di crescita suscitano negli animali piuttosto che sulla tradizionale identificazione e rilevazione delle tracce dei loro residui nei tessuti e nell’urina.
Tale approccio innovativo ha suscitato anche l’interesse dell’Efsa che ha indetto una procedura concorsuale con l’obiettivo di esaminare criticamente le tecnologie “omiche” per una valutazione di possibili applicazioni future nell’ambito della sicurezza degli alimenti e dei mangimi.
L’applicazione delle tecniche “omiche” come metodiche alternative di screening per valutare gli effetti di sostanze estranee o xenobiotici in grado di influenzare i processi fisiologici e biologici dell’uomo e degli animali (dai contaminanti ambientali di origine industriale o di quelli naturalmente presenti negli alimenti per l’uomo e gli animali) è oggetto di numerosi studi per la versatilità già dimostrata.
Nel settore dell’allevamento di animali produttori di derrate per l’uomo l’approccio innovativo di tali tecniche consta nell’individuazione degli effetti biologici che i diversi xenobiotici suscitano negli animali, piuttosto che sulla tradizionale identificazione e rilevazione delle tracce dei loro residui nei tessuti e nell’urina.
Lo studio in oggetto sulle applicazioni e comparazioni delle tecniche “omiche”, presentato dal Dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione dell’ateneo di Padova, in collaborazione con altri Enti di ricerca, è frutto dei risultati ottenuti in corso di indagini sperimentali, effettuate negli ultimi anni con la collaborazione e il sostegno economico della Regione del Veneto, e rappresenta una continuazione della progettualità iniziata nel 2007.
Dai dati scientifici pubblicati si evince che una valutazione comparativa dei risultati “omici” ottenibili con l’analisi del proteoma e del genoma in bovini sperimentalmente trattati con xeno biotici quali alcuni promotori di crescita, non è ancora stato intrapreso. Questo approccio sperimentale potrebbe contribuire a completare il patrimonio di informazioni utili a rendere più efficaci le strategie dei piani di sorveglianza dei residui, condotti dalle Istituzioni, come quelli coordinati dalla Regione del Veneto, in ottemperanza a quanto disposto dal Ministero della Salute in materia di sorveglianza dei trattamenti con promotori di crescita nell’allevamento bovino.
Per consentire una continuità con i risultati ottenuti, si ritiene opportuno proseguire l’attività di ricerca operando una valutazione comparativa dei risultati delle tecniche definite “omiche” con l’analisi del proteoma e del genoma in bovini trattati con promotori di crescita, metodica non ancora sviluppata.
A cura del Sivemp Veneto – 11 gennaio 2012 – riproduzione riservata