A meno di sei mesi dalla chiamata alle urne, comincia a prendere piede in consiglio regionale il dibattito sulla nuova legge elettorale ed in particolare sulla proposta avanzata dal capogruppo di Forza Italia, Leonardo Padrin, di introdurre il limite retroattivo (retroattivo: qui sta il punto) di due mandati per i consiglieri intenzionati a ricandidarsi.
Un’ipotesi che, se passerà, lascerà a casa 27 degli attuali 60 consiglieri, tra cui lo stesso Padrin e pressoché tutta la squadra di giunta (esclusi solo il presidente Luca Zaia, il vice Marino Zorzato, l’assessore alla Sanità Luca Coletto ed il neo titolare del Sociale Davide Bendinelli). «Ritengo che dieci anni siano più che sufficienti per dare il meglio di sé alla collettività – spiegò Padrin il giorno della presentazione del suo progetto di restyling -. Largo ai giovani, che in questo momento sono tagliati fuori perché è ovvio che chi è già nell’istituzione accumula una visibilità, un potere ed una rete di relazioni che ne rendono il vantaggio incolmabile in campagna elettorale».
Il capogruppo di Forza Italia, che ha voluto stanare pubblicamente i colleghi mandando a tutti una lettera in cui chiede di aderire alla sua proposta, conta va ieri mattina nove sostenitori. Nel pomeriggio si è aggiunta la pattuglia Pd, che conta 13 consiglieri: «Sul tetto ai due mandati noi ci siamo e siamo favorevoli – ha detto il capogruppo Lucio Tiozzo -. Il nostro codice di autoregolamentazione interno, d’altronde, prevede già questo vincolo con possibilità di deroga solo in casi molto limitati, particolari e sporadici». Ma la vera svolta è arrivata a sera, dopo un vertice di maggioranza tenutosi alla presenza dei quattro capigruppo e del governatore Luca Zaia che ha deciso il via libera definitivo alla proposta Padrin. «Il limite ai due mandati si farà entro l’anno». Una decisione politica, maturata in un contesto che vede le Regioni bersagliate dalle critiche, che cala come una sentenza inappellabile su molti volti notissimi della politica veneta: dal decano Carlo Alberto Tesserin (cinque legislature) a Massimo Giorgetti, da Federico Caner a Elena Donazzan, da Marino Finozzi a Valdo Ruffato, da Isi Coppola a Maurizio Conte, da Piergiorgio Cortelazzo a Roberto Ciambetti, da Lucio Tiozzo a Franco Bonfante (che, a questo punto, non dovrà più chiedere la deroga al suo partito). Una ventata di freschezza giustificata con la volontà di lasciar spazio alle nuove leve ma anche con la previsione di una campagna elettorale durissima (i posti, dopo la modifica dello Statuto, si sono ridotti da 60 a 51 e nel 2015 ci sarà pure il Movimento 5 Stelle) e, malignano a Palazzo, con la volontà di parecchi consiglieri di levarsi di torno prima che il governo s’inventi qualche stangata sui vitalizi: una volta lasciato lo scranno, e firmate tutte le scartoffie del caso, infatti, il diritto all’assegno diventa inattaccabile. Lo dice anche la Consulta.
Si vedrà, a questo punto, che fine faranno le altre tre proposte di modifica depositate in consiglio (quelle a firma Teso e Furlanetto le consideriamo assorbite dalla legge Padrin): quella della giunta, prettamente tecnica, dovuta alla riduzione dei consiglieri; quella del Pd, che spinge per l’introduzione della doppia preferenza di genere; e quella di Ncd sul doppio turno stile sindaci, che ieri ha incassato il sostegno del Pd («Chi vince le elezioni – ha detto il segretario Roger De Menech – deve rappresentare la maggioranza dei veneti, non la minoranza»).
Il vertice di ieri alla presenza di Zaia ha fissato anche la regola aurea a cui ispirare l’agenda di fine legislatura che verrà stilata nei prossimi giorni: niente provvedimenti litigarelli (come le cave). L’alleanza alfanian-forza-leghista ha bisogno di serrare i ranghi in vista della campagna elettorale, meglio chiudere la legislatura ad una placida andatura di crociera.
Il Corriere del Veneto – 11 ottobre 2014