Il 2015 sarà un anno chiave per la Regione. E non soltanto perché a maggio si celebreranno le elezioni, come molti avranno pensato, ma anche perché nel corso di quest’anno sarà avviato a Palazzo Balbi un processo di radicale rinnovamento ai vertici dell’amministrazione, col pensionamento di decine di dirigenti, alcuni dei quali di primissimo piano.
Stiamo parlando di manager che negli ultimi anni hanno tenuto le redini di uffici chiave per l’attività regionale, dall’Ambiente agli Affari Legislativi, dalle Infrastrutture all’Urbanistica, grand commis con stipendi agevolmente sopra i 100 mila euro lordi l’anno, che come sa bene chi frequenta il Palazzo in molti casi contano più degli assessori di cui dovrebbero eseguire gli ordini.
Il vice presidente con delega al Personale, Marino Zorzato, è al lavoro sulla delibera, «che da un lato consentirà a chi lo vorrà di andare in pensione sfruttando i requisiti pre-Fornero e dall’altro ci permetterà di ringiovanire un po’ l’età media del personale, specie quello di fascia alta, liberando energie fresche (l’età media in Regione, oggi, si aggira attorno ai 50 anni, ndr .)». La riforma varata dall’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero, infatti, ha «incastrato» parecchi dirigenti, allungando il loro tempo di permanenza in servizio in qualche caso fino al 2019 o il 2020. «Non ce la faccio più – si è sfogato qualche giorno fa uno di loro a Palazzo Balbi – anche perché di leggina in leggina ogni anno arriva una sforbiciata alla busta paga». Ma non è soltanto una questione di soldi, come precisa Vittoria Panciera, segretario della Direv, il sindacato di categoria: «Le risorse a disposizione delle politiche regionali sono sempre più esigue, ormai si sono ridotte a non più di 79 milioni, e di pari passo si riducono le funzioni e le competenze, come si vede anche con la riforma del Titolo V al vaglio del parlamento. Occorre dunque una razionalizzazione delle strutture operative, con un conseguente snellimento del numero di coloro che sono chiamati a dirigerle». Magari evitando situazioni limite come quella che vede protagonista Alessandro Benassi, super manager dell’Ambiente che dalla sua scrivania dirige il relativo Dipartimento e, ad interim, la relativa Sezione, a cui fa capo il Settore qualità ambiente e territorio e la Sezione coordinamento attività operative, oltre al Dipartimento per il recupero ambientale e territoriale e, sempre ad interim, la Sezione progetto Venezia da dipendono il Settore bonifiche Porto Marghera e il Progetto integrato Fusina. Un bel garbuglio, anche di responsabilità.
Come se ne esce? Seguendo l’esempio del consiglio regionale e cioè rivedendo da cima a fondo la dotazione organica dell’ente, abbassando il numero dei dirigenti necessari sulla carta e procedendo poi alla dichiarazione di esubero di quelli che, a quel punto, risultano in surplus, così che questi possano sfruttare la finestra creata ad hoc quest’anno o, al più tardi, l’anno prossimo (in questo modo, complice la riduzione dei consiglieri e delle commissioni, nei prossimi mesi a Palazzo Ferro Fini andranno in pensione tre dirigenti, tra cui il segretario generale Roberto Zanon, dopo che già ha lasciato l’incarico l’ex capo del Servizio ispettivo sanità Egidio Di Rienzo). Ai piani alti di Palazzo Balbi circola pure qualche numero: le posizioni dirigenziali oggi sono 259 ma ne sono coperte soltanto 184; dopo la revisione chiesta da Zorzato dovrebbero scendere ulteriormente a 150 così che vi saranno una trentina di manager «di troppo». Guarda caso, proprio quelli in regola con i requisiti pre-Fornero. «L’operazione, se sarà estesa anche agli altri dipendenti nelle stesse condizioni, che sono tra i 150 e i 170, farà risparmiare alla Regione 10 milioni» sottolinea Panciera.
Chi c’è nell’elenco? Citiamo solo i volti più noti. Innanzitutto c’è lo stesso Panciera, che si occupa delle fiere, del commercio estero e dell’internazionalizzazione (in testa Buy Veneto, la principale «Borsa» del nostro turismo). Poi c’è Mariano Carraro, segretario regionale dell’Ambiente, dei Lavori pubblici e della Protezione civile, l’uomo con la divisa giallo flou che, tra le altre cose, ha gestito l’emergenza alluvione (compreso il post e cioè i cantieri contro il dissesto). Poi c’è Luigi Fortunato, l’ex direttore generale dell’Aipo (l’Agenzia interregionale per il fiume Po) chiamato alla guida delle Infrastrutture dopo che queste sono state decapitate dall’inchiesta sul Mose. Ci sono Vincenzo Fabris, dirigente dell’Urbanistica e «mente» del Piano casa, Antonio Canini, dirigente dell’Edilizia ospedaliera che sta sovrintendendo all’epopea del nuovo ospedale di Padova, Clara Peranetti, ex manager del Turismo ora alle Politiche Ue per la Cultura, e Maria Antonietta Greco, ex dirigente degli Affari legislativi ora alle Riforme istituzionali. Chiudiamo con Tiziano Pinato, già capo del Genio civile di Padova, ora a Rovigo, dirigente della Difesa del suolo che denunciò le presunte irregolarità nell’individuazione della nuova sede dell’Arpav di Padova, e Lucio Fadelli, il dirigente del settore Tributi arrestato nel 2012 nell’ambito dell’indagine sulla truffa sui bolli auto, poi richiamato in servizio, una volta tornato libero, nello staff della Segreteria della Programmazione.
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 27 gennaio 2015