A questo punto si ricontrollino tutti i rendiconti. Il Movimento 5 Stelle, che ha sempre fatto delle spese elettorali uno dei suoi cavalli di battaglia prediletti, chiede «chiarezza». Il caso di Isi Coppola, l’assessore allo Sviluppo economico condannato dalla Corte d’appello di Venezia per aver «investito» nella campagna del 2010 il doppio di quanto poi effettivamente dichiarato (e ci sarebbero pure altri 126 mila euro tra servizi e contributi ricevuti), potrebbe infatti non essere isolato. «Per garantire la massima trasparenza i magistrati dovrebbero compiere verifiche altrettanto puntuali anche sui rendiconti degli altri consiglieri, così da fugare ogni dubbio» dice il deputato Federico D’Incà. Sono in molti, infatti, a ritenere che Coppola sia stata semplicemente «più sfortunata» dei colleghi, inseguita com’è stata negli ultimi 4 anni da un acerrimo rivale, Renzo Marangon, risultato il primo dei non eletti in Polesine nel 2010 e da allora deciso a trascinare fuori da Palazzo Ferro Fini la sua antagonista.
D’Incà, che per i Cinque Stelle sta coordinando la campagna delle prossime Regionali, ammette che a quattro mesi dalle elezioni lo sforzo di un controllo occhiuto rischia di rivelarsi titanico e assolutamente inutile (la stessa Coppola, tra un ricorso in Cassazione ed uno al Tar, potrebbe restare al suo posto fino alla scadenza naturale del mandato) e per questo già rilancia: «I rendiconti delle spese elettorali 2015 dovranno essere passati al setaccio perché se c’è una legge questa va rispettata e perché chi viola le regole del gioco non compete in maniera corretta con i suoi avversari. Noi del Movimento ci daremo autonomamente un tetto, come abbiamo fatto per le Europee, con ogni probabilità attorno ai 5 mila euro. Dopo di che procederemo con una rendicontazione voce per voce online, così che qualunque cittadino, senza dover andare in Corte d’appello, possa controllare dove sono andati a finire i soldi».
Su quanto costi una campagna elettorale circolano a Palazzo Ferro Fini molte voci e qualche leggenda, come il milione speso a Verona che addirittura raddoppierebbe a Venezia, due collegi particolarmente agguerriti nel 2010. Nel grafico in alto abbiamo riportato alcuni esempi, dai classici «santini» ai moderni banner pubblicitari, dai mastodontici manifesti 6×3 agli spot televisivi. Prezzi a cui si deve aggiungere l’Iva, il costo del personale (come l’attacchino che si inerpica sui cartelloni) e le tasse pretese dal Comune (come nel caso dell’occupazione di suolo pubblico da parte dei camion-vela). Per non dire dei gadget (dipende ovviamente dal tipo, Isi Coppola regalò riso, noci, miele), dei comizi (con palchi e amplificatori), delle sedi con il relativo personale (che non sempre è volontario). «Poi ci sono le cene – rivela un consigliere – e lì cambia tutto. Se ne fanno tante, tantissime e non vengono quasi mai rendicontate, anche perché nella maggior parte dei casi sono offerte dal ristoratore amico o da qualche facoltoso sostenitore. E su alcuni eventi si può discutere all’infinito: se organizzo una serata nella mia taverna, ne devo poi render conto?». Teoricamente, sì. Nella sostanza, non lo fa nessuno e, se non interviene il Marangon di turno, nessuno viene scoperto perché il Collegio di garanzia elettorale, che dovrebbe verificare i conti entro 6 mesi dall’elezione (non 4 anni) con il conseguente corollario di multe e decadenze, di fatto si limita al mero riscontro formale tra il dichiarato e gli allegati. Se a questo aggiungiamo che un consigliere può anche giurare di aver speso zero-virgola-zero perché tutto gli è stato pagato dal partito (che non rendiconta un bel nulla), come per esempio ha fatto il governatore Luca Zaia, e che molti consiglieri concentrano la loro potenza di fuoco prima dell’inizio del periodo preso a riferimento dalla legge per il calcolo (la campagna inizia ufficialmente trenta giorni prima del voto) è facile capire in che nebbie ci si muova.
Intanto ieri Coppola è tornata sull’argomento, rispondendo laconica a chi le chiedeva se in primavera ci sarà un nuovo duello con Marangon: «Lo escludo. Non so ancora se mi ripresenterò». E sul caso è intervenuto anche il sindaco di Verona Flavio Tosi: «La giustizia ingolfata, è quello il vero problema. E’ inaccettabile che si arrivi a sentenza a 6 mesi dalla fine del mandato. Il più danneggiato, in ogni caso, mi pare Marangon»
Ma.Bo. (ha collaborato Nicola Chiarini) – Il Corriere del Veneto – 22 novembre 2014