L’invito dei magistrati contabili a “ripensare i confini della Pubblica amministrazione”, dalla salute all’istruzione, perché sono stati “concepiti in un contesto economico, sociale e demografico più favorevole”. Sui conti: sostenere la crescita, ma è urgente ridurre il debito. Alla riduzione della pressione fiscale nel 2013 di due decimi di punto non si è accompagnata una redistribuzione del carico tributario, «operazione decisiva nell’ottica della ripresa economica». È il monito lanciato da Enrica Laterza (nella foto), presidente di coordinamento delle sezioni riunite della Corte dei Conti nella relazione sul rendiconto generale dello Stato. Ridisegnare e ripensare i confini della Pubblica amministrazione, comprese le modalità di prestazione dei servizi alla collettività, dalla salute all’istruzione. Questa la sollecitazione
Secondo i magistrati contabilii in materia di spending review “non si tratta solo di eliminare gli sprechi ma di affrontare il tema del ‘perimetro’ pubblico”. In pratica, procedendo per semplificazione, nelle parole del Presidente di coordinamento Laterza, si legge un invito a riflettere sull’opportunità di avere una mano pubblica così ‘dispiegata’ nei settori della vita economica e sociale del Paese.
Anche perché arrivano parole d’allarme nei confronti della macchina pubblica, nell’intervento successivo del procuratore generale Salvatore Nottola: “La corruzione può attecchire dovunque: nessun organismo e nessuna istituzione possono ritenersene indenni” e “nessuna istituzione che abbia competenze pubbliche può ritenersi scevra di responsabilità di fronte al suo dilagare”. Expo 2015 con i suoi recenti scandali è “un caso emblematico” di deroghe a norme e controlli, “smantellati in virtù dell’urgenza, che hanno di fatto favorito la corruzione.
Tornando alla Pubblica amministrazione, quello richiesto dalla Corte “è un impegno che può essere affrontato solo alla luce di una chiara strategia di governo della spesa e di selezione dei terreni su cui è chiamato ad incidere l’intervento pubblico”, si legge infatti nella sua relazione sul giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato. “Un ridisegno, quindi, frutto di una forte volontà politica e di un profilo ben definito di quello che deve essere il sistema pubblico dei prossimi decenni. Non si tratta solo di eliminare gli sprechi e di riorganizzare le modalità di produzione e di accesso ai servizi. Occorre affrontare direttamente il tema della sostenibilità futura di un sistema di prestazioni di servizi alla collettività (dalla salute e l’istruzione alle imprese e all’ambiente) originariamente concepito in un contesto economico, sociale e demografico più favorevole”, prosegue Laterza.
Nella Pa in particolare, per Laterza bisogna avere “la capacità di ripensare l’organizzazione stessa delle funzioni pubbliche, attraverso l’effettiva attivazione di estesi meccanismi di mobilità e il concreto approntamento di moderni sistemi di incentivazione della produttività”.
Quanto al quadro economico e ai conti pubblici, i magistrati contabili spiegano che è necessaria “una redistribuzione del carico tributario intesa a favorire i fattori produttivi, redditi da lavoro e impresa”. Nel rendiconto dello Stato si parla di una “operazione decisiva anche nell’ottica della ripresa dell’economia, che è improprio subordinare a recuperi di gettito (da evasione, erosione, da mancata riscossione) sempre richiamati ma che si rivelano largamente incerti nei tempi e nelle dimensioni”. Ancora Laterza ha sottolineato come sia necessario “il sostegno alla crescita, orientando le leve di bilancio verso obiettivi che superino il solo rigore, ma restando entro profili compatibili con i vincoli posti dall’appartenenza all’Europa e soprattutto, con l’urgenza di riassorbire l’eccesso di debito altrimenti a carico delle generazioni future”.
«Sanità malata e sostenibilità a rischio», la Corte dei conti lancia l’allarme
Latitano «interventi significativi per le varie criticità sostanziali che affliggono da tempo il nostro sistema sanitario, dimostrando nuovamente l’evidente difficoltà di giungere a convincenti soluzioni». Tanto che «bisognerà interrogarsi «sulla ulteriore sostenibilità di una eccessiva contrazione delle risorse da destinare al settore, senza prima affrontare il vero nodo del problema, rappresentato da una coerente riqualificazione della spesa da sostenersi, da depurare innanzitutto da fenomeni di mala gestio e da sprechi, spesso dovuti a deficienze organizzative che andrebbero risolte con sollecitudine».
E’ tranchant il giudizio sull’effettivo stato di salute del sistema sanitario nostrano, descritto nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2013 presentata oggi dalla Corte dei conti. Che, al di là dei dati contabili – in complessivo miglioramento dopo le “cure da cavallo” degli ultimi cinque anni – prova a gettare il cuore oltre l’ostacolo e a tracciare uno scenario di ampio respiro: «Non si tratta – afferma la presidente di coordinamento delle sezioni riunite della Corte Enrica Laterza – solo di eliminare sprechi e di riorganizzare le modalità di produzione e di accesso ai servizi. Occorre affrontare direttamente il tema della sostenibilità futura di un sistema di prestazioni di servizi alla collettività (dalla salute e l’istruzione alle imprese e all’ambiente) orginariamente concepito in un contesto economico, sociale e demografico più favorevole».
In altri termini, è la tesi, in un settore molto particolare come quello sanitario la validità di una gestione non può essere valutata esclusivamente con i dati numerici, ma va vista anche in funzione degli obiettivi da raggiungere ovvero, se raggiunti, da mantenere.
I nodi al pettine, si legge invece nella Memoria del procuratore generale Salvatore Nottola, si presentano invariati: liste d’attesa che non accennano a mostrare un’inversione di tendenza neanche nel 2013, Sanità pubblica senza coperture assicurative, crisi ormai conclamata della sanità privata, livelli di compartecipazione alla spesa che «in alcuni casi – si legge nella relazione – sta progressivamente avvicinandosi ai costi di mercato di alcune prestazioni efettuate in privato, incentivandone paradossalmente il ricorso in quella direzione». Ed è sui ticket – emblema della coperta sempre più corta che lascia pazialmente scoperto un cittadino ormai «mediamente assistito», che si soffermano i magistrati contabili: «Seppure alquanto difficile pensare a una loro diminuzione va ribadita la necessità che un tale strumento vada adottato in maniera più equa, razionalizzando prescrizioni, dimensioni delle confezioni farmaceutiche alle effettive esigenze terapeutiche, migliorando anche altri aspetti del sistema, all’apparenza secondari, per venire incontro soprattutto a quella parte più debole della popolazione per la quale curarsi si è trasformato in un lusso».
Aspetti non secondari come la promozione degli stili di vita, ma anche e soprattutto come il rinforzo degli argini della legalità, oggi decisamente fragili, messi a repentaglio dalle «numerose fattispecie di danni erariali» che la Corte aveva già elencato in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014. E che «incidono, prima ancora che finanziariamente, anche sotto un profilo etico, quando non sono addirittura forieri di mettere in discussione gli stessi equilibri politici delle realtà territoriali».
Infine, ma non certo in ordine di importanza per le conseguenze sull’efficicacia ed efficienza del sistema e per la qualità dell’offerta sanitaria che oggi è ancora possibile garantire ai cittadini, c’è la questione “operatori sanitari”: «Se i dati provvisori finora disponibili saranno in seguito definitivamente confermati, per la prima volta negli ultimi anni la spesa per l’aggregato delle risorse umane non rappresenta più quella maggiormenteIl blocco dei contratti incidente sul totale delle risorse a disposizione del sistema sanitario, sopravanzata dalla spesa per l’acquisizione di beni e servizi. Il blocco dei contratti pubblici e la contrazione del turn over rendono coerente il dato rilevato, ma suggeriscono anche l’opportunità di un’attenta valutazione in prospettiva futura, per evitare il rischio di un depauperamento progressivo del personale addetto. Anche in questo caso, dunque, una visione esclusivamente contabilistica del profilo rischia di entrare in rotta di collisione con le finalità proprie del sistema».
I dati economici. Torna a diminuire – seppure di poco – l’incidenza della voce sanità sul prodotto interno lordo, attestandosi al 7,2% (nel 2012 era il 7,3%). Parte del merito, di legge nella Relazione, è dovuto alle manovre di contenimento dei disavanzi. «Sarà però necessario capire meglio se per consolidare tale trend positivo sia sufficiente proseguire nel rallentamento dei saggi di incremento della spesa, oppure si renderanno indispensabili interventi più radicali che comportino l’effettivamente riduzione degli stessi livelli di spesa».
Nel complesso, si registra un avanzo complessivo nazionale di settore pari a 0.381 miliardi, saldo tra un complesso di risorse che nello scorso anno è ammontato a 113,09 miliardi (a fronte di 114,535 miliardi nel 2012) e una spesa 112,658 miliardi. Un saldo che andrà – rilevano ancora dalla Corte – interamente a favore di regioni e province autonome.
Quanto all’articolazione della spesa a livello regionale, si conferma il quadro stabile ormai consolidato. Il dato di rilievo, anch’esso invariato rispetto agli anni scorsi, è l’estrema variabilità della distribuzione territoriale. L’unica regione che fa registrare un (modesto) aumento percentuale è la Lombardia (+0,4%)
(26 giugno 2014) – Repubblica e il Sole 24 Ore sanità