Il Ministero della Salute ha pubblicato la Relazione sulla resistenza agli antimicrobici dei batteri zoonotici e commensali del settore avicolo per il 2014. L’utilizzo improprio di agenti antimicrobici nelle produzioni animali rappresenta un fattore potenziale di rischio per la selezione e la diffusione di microrganismi resistenti e di determinanti dell’antimocrobico-resistenza (AMR) dagli animali all’uomo, attraverso il consumo di alimenti.
Tuttavia, l’impatto che l’impiego di antimicrobici nel settore zootecnico ha sul rischio per l’uomo derivante dalla resistenza agli antimicrobici necessita di maggiori approfondimenti. Infatti, il meccanismo attraverso cui la resistenza può trasferirsi all’uomo e la portata della minaccia che ciò rappresenta per la salute umana sono ancora poco chiari.
Per contrastare la resistenza antimicrobica è necessario un approccio olistico multisettoriale, che coinvolga molti settori diversi (medicina, veterinaria, ricerca, allevamento, agricoltura, ambiente, commercio e comunicazione). Solo intervenendo contemporaneamente in tutti questi settori sarà possibile limitare l’ulteriore diffusione della resistenza e mantenere l’efficacia degli antimicrobici.
L’obiettivo è di permetterne una piena conoscenza (tendenze e fonti) e fornire alle autorità decisionali informazioni necessarie per la sua gestione, controllo e prevenzione e per l’impostazione di efficaci strategie per un uso razionale e “prudente” degli antimicrobici. Ulteriore obiettivo della Relazione è anche di individuare particolari situazioni di criticità al fine di permetterne il superamento e favorire il miglioramento del monitoraggio della resistenza antimicrobica.
I risultati
Complessivamente, il monitoraggio dell’antimicrobicoresistenza nella produzione primaria avicola, ha mostrato elevati tassi di multi-resistenza sia in isolati di E. coli che di Salmonella spp. ma nessuna resistenza ai carbapenemi.
Per l’anno 2014, sono stati prelevati n. 1.271 campioni di intestino cieco. Sono risultati idonei alle analisi n. 1.267 campioni di intestino cieco sottoposti ad isolamento con i seguenti risultati:
• polli da carne (n. 709 campioni) 12,69% di positività a Salmonella spp., 40,34% di positività a Campylobacter jejuni e 34,98% a Campylobacter coli, 95,40% positivi a E.coli5;
• tacchini da ingrasso (n. 558 campioni) – 26,16% di positività a Salmonella spp., 27,96% di positività a Campylobacter jejuni e 72,58% a Campylobacter coli, 93,95% positivi a E.coli;
• alte contaminazioni da E. coli produttori di ESBL/AmpC (81,33% dei campioni provenienti da gruppi di polli da carne esaminati e 74,67% dei tacchini da ingrasso)
Lo scenario
Dall’analisi dei dati presentati risulta necessario rafforzare le azioni già in essere e intraprendere nuove iniziative per ridurre ulteriormente la pressione selettiva esercitata dall’uso dei vari agenti antimicrobici e contenere, quindi, il rischio crescente della resistenza.
Pertanto, sarebbe necessario:
• integrare il sistema di sorveglianza/monitoraggio con i dati provenienti anche dai controlli sui mangimi;
• rafforzare il monitoraggio di batteri provenienti dagli alimenti di origine animale prelevati in differenti fasi della catena alimentare (macello, dettaglio);
• migliorare la cooperazione con le autorità/organismi competenti in materia di sanità animale al fine di condividere le strategie di riduzione dell’uso di agenti antimicrobici, tra le quali è prioritario il miglioramento della salute e del benessere animale (protocolli di profilassi e di igiene, misure di biosicurezza);
• monitorare il consumo degli agenti antimicrobici veterinari lungo l’intera filiera.
L’obiettivo fissato è la riduzione del consumo totale di antimicrobici del 15% nel 2015 e del 40% nel triennio successivo.
Fonte: Ministero della Salute – 18 novembre 2015