Nessuna manovra correttiva. Anzi, le stime del Def – che è sottoposto all’ultimo lavoro di limatura e che sarà disponibile oggi – sono state «fin troppo rigorose e prudenti» e nel corso dell’anno con ogni probabilità ci saranno «sorprese positive» per l’economia italiana con impatto dunque anche sulla finanza pubblica.
Matteo Renzi difende senza remore il lavoro fatto con il Documento di economia e finanza e ribadisce anche il suo impegno primario: fare le riforme, economiche e politiche, snellire la burocrazia, ritrovare un equilibrio sociale. Dalla sua parte il premier può contare sulla promozione dell’Ue e dell’Fmi e sul sostanziale placet delle parti sociali («ci verrebbe quasi da dire che se non c’è la concertazione ma c’è così tanta attenzione alle nostre rivendicazioni, possiamo essere tranquilli», si è spinta a dire la leader della Cgil Susanna Camusso). E da Verona, dove ha partecipato in mattinata alla 48esima edizione di Vinitaly, Renzi ribadisce che ora «inizia a pagare chi non ha mai pagato». Un mantra ripetuto in ogni occasione pubblica e scritto anche di buon mattino anche su twitter: «Il Def mantiene tutti gli impegni che ci eravamo presi, alla faccia dei gufi. Inizia a pagare chi non ha mai pagato». Trovando anche il tempo di rispondere alle domande dei cittadini, il premier sembra annunciare prossime misure sull’evasione fiscale: «Vedrai, vedrai…». Nessuna misura terrorizzante, precisa poi Renzi in serata parlando con i suoi: la lotta all’evasione non si fa con i blitz a Cortina o a Ponte Vecchio, ma con un massiccio investimento in ICT, in innovazione. «Il che – ragiona Renzi con i suoi – non vuol dire ridurre il contante».
Chi non ha mai pagato comincia a pagare, dunque. Ossia i manager pubblici, i dirigenti, i «mandarini intoccabili». Per assicurare al ceto medio, scivolato verso il gradino più basso della scala sociale, gli ormai famosi 80 euro in busta paga il governo busserà anche alle porte delle banche. Nonostante le proteste dell’Abi. Ma questo non riesce a tenere lontane le critiche della sinistra del partito. Vero che le previsioni sono state tenute basse per serietà, come sottolinea lo stesso Renzi, e che il governo punta sull’effetto traino del pacchetto di misure per avere «buone sorprese» nei prossimi mesi. Ma proprio per questo il Def è accusato da sinistra di eccessiva timidezza per perché prevede una crescita troppo lenta.
«La direzione di Renzi è una direzione sbagliata – va giù duro Stefano Fassina, della sinistra del Pd –. È in continuità con le manovre di Berlusconi dell’estate del 2011 dopo la lettera della Bce, con le manovre di Monti, in parte con le manovre di Letta, e avrà gli stessi risultati che abbiamo raggiunto in questi anni. Cioè, meno Pil, meno occupati, più debito pubblico». La risposta di Renzi è tra l’ironico e il perfido: «Non dirò più “Fassina chi”, ha già funzionato una volta», dice alludendo alla frase pronunciata in direzione che provocò le dimissioni di Fassina da viceministro all’Economia del governo Letta».
Da destra ci pensa il capogruppo alla Camera Renato Brunetta a lanciare strali: «Abbiamo sforato i parametri Ue ma Renzi è bravo a non farlo notare e ad escludere manovre correttive. Sulle coperture del taglio Irpef non c’è ancora alcuna risposta». Molto critico anche l’ex ministro Giulio Tremonti nonostante la “pubblicità” al suo libro (Renzi lo ha comprato lunedì): «I soldi promessi sono strutturali, le entrate non lo sono». E poi, rivolto al premier: «Il mio libro? lo legga tutto».
Il Sole 24 Ore – 10 aprile 2014