Sulle parti sociali: sentiamo tutti, ma sappiamo cosa fare. «Noi ascolteremo tutti ma quello che c’è da fare lo sappiamo e lo faremo pensando ai cittadini». Matteo Renzi è ospite da Fabio Fazio a Che tempo che fa su Rai3. E ne approfitta per avvisare il coro. Spiega che l’abbassamento delle tasse che sarà portato mercoledì in Consiglio dei ministri deve servire soprattutto «per lasciare qualche decina di euro in più nelle tasche delle famiglie» a chi per esempio guadagna 1500 euro al mese.
Confidando nel fatto che saranno «soldi che verranno rimessi in circuito. Chi prende 1200 euro, se arriva a 1300 non credo che quelli in più li metterà nel risparmio». Peraltro, anche la scelta di puntare dieci miliardi sulla manutenzione delle scuole è ispirata dallo stesso principio: i lavori inietteranno nel sistema risorse pronte a tornare nell’economia reale.
Però, appunto, il premier teme «il derby» tra Confindustria e Cgil per spiegare al governo che cosa debba fare: «A quel punto, chiederò loro che cosa hanno fatto per questo Paese negli ultimi vent’anni. Noi ascolteremo tutti, ma cosa c’è da fare lo sappiamo perfettamente da soli». Non è l’unica staffilata alla Cgil. Anzi, forse il sindacato più grande è il destinatario del maggior numero di frecciate. La Camusso l’ha accusato di culto della personalità? Prima fa finta di nulla: «La Camusso? Non mi pare… ». Poi, decide che il dado è tratto: «Comunque, è la cosa più carina che ha detto da parecchio tempo a questa parte». E ancora, parlando del sussidio universale di disoccupazione, Renzi osserva che ha «ragione il ministro Poletti. Il sostegno per i disoccupati ci sarà, ma chi lo prende non dovrà stare a casa o al bar. Dovrà dare una mano in Comune o in biblioteca. Avremo i sindacati contro? Ce ne faremo una ragione». Del resto, «i sindacati negli ultimi anni hanno accettato tutto». E per finire, l’auspicio che gli stessi
sindacati «mettano online tutte le loro spese». La risposta, via Twitter, è arrivata dal segretario Cisl Raffaele Bonanni: «Renzi non faccia l’errore di fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono sindacati e sindacati, come ci sono politici e politici. Tolga i paraocchi»
Fabio Fazio chiede delle nomine dei sottosegretari. In particolare, di quelli inquisiti o comunque coinvolti in inchieste giudiziarie. Prima, Renzi resta sul generico: «Nomine migliori se ne possono fare sempre… ». Poi, si ricorda che quella non è la sua parte: «In ogni caso, io contesto fortemente che l’avviso di garanzia in quanto tale sia immediatamente segno di colpevolezza. Con questo atteggiamento perdiamo il rispetto del principio costituzionale».
Poi, ci sono le scelte politiche. Fazio chiede al premier ragione del fatto che la nuova legge elettorale riguarderà soltanto la Camera e non il Senato. Ma Renzi vuole vedere il bicchiere mezzo pieno. E dice che comunque «è la volta buona. Al massimo martedì mattina si chiude». Nel merito, osserva che la nuova legge «per prima cosa porta al ballottaggio e impedisce da una parte che si vada alle larghe intese, dall’altra riduce il potere dei partitini. Noi come centro sinistra abbiamo subito tantissimo il problema dei partitini, come avvenne con il governo Prodi». Più in generale, appunto, il premier osserva che «se avessimo avuto questa legge l’anno scorso, non avremmo avuto le larghe intese ma il ballottaggio».
Assai meno convinto Renzi appare sulla questione della parità di genere nella composizione delle liste: «Io non ho problemi, e l’ho dimostrato da presidente della Provincia, da sindaco e anche da presidente del Consiglio». Detto questo, prosegue, «se si trova un accordo comune sono contento». Però, «io non credo che la parità si affermi con un provvedimento legislativo. Alle donne che dicono “o parità di genere o niente” rispondo che la parità vera è quando una donna non prende meno di un uomo facendo lo stesso mestiere o non deve firmare la lettera di dimissioni in bianco nel caso rimanga incinta».
C’è tempo anche per rivolgersi a Grillo: «Dal primo giorno gli ho detto: non vi chiediamo voti sul governo, ma voti per aiutare a cambiare l’Italia. Perché non ci aiuta nell’abolizione del Senato? Perché i 5 Stelle dicono no?».
Marco Cremonesi – Corriere della Sera – 10 marzo 2014