Il Corriere del Veneto. Tradizione vuole che Report si porti appresso la polemica, ma l’inchiesta «Giallo veneto» andata in onda lunedì sera e dedicata alla gestione della seconda ondata in regione ha provocato una scossa tellurica violenta. Fa scalpore soprattutto il fuori onda di Luciano Flor, dg della sanità veneta, sullo «studio negato» di Andrea Crisanti che smonterebbe la validità dei test rapidi usati anche nelle Rsa. Ecco, allora, un j’accuse corale e senza precedenti che ha investito la gestione Zaia.
Facciamo un passo indietro, Report parte dai numeri dei morti e parla del Veneto «colpito dal tasso di mortalità più alto di tutto il Paese fra novembre e gennaio» specificando anche un numero preciso: 2.000 morti in più, vale a dire, evitabili. Sotto accusa finiscono una serie di snodi che avrebbero consentito al Veneto di rimanere «giallo» nonostante gli appelli dei medici in prima linea negli ospedali. Dal tracciamento saltato con tanto di «schede pre-tarate alla voce asintomatici» secondo una anonima testimonianza andata in onda all’annosa questione dei «posti letto presunti in terapia intensiva» e passando per quello studio sulla scarsa sensibilità dei tamponi antigenici firmato dal responsabile della Microbiologia di Padova, Andrea Crisanti, «eroe della prima ondata» e poi «accantonato» dal governatore Zaia. Un giallo nel giallo su cui pesa il fuori onda di Flor: «Detto inter nos, noi rischiavamo la denuncia da parte della ditta che produce i tamponi. Meglio dire che questo studio non esiste» e poi, ancora, le pressioni e il clima militarizzato sui medici secondo alcune testimonianze: «Siamo soldatini, dobbiamo dire sì». Rammentiamo solo i punti salienti dell’inchiesta che ha scatenato uno tsunami. I consiglieri regionali del Pd, Giacomo Possamai, Anna Maria Bigon, Vanessa Camani, Jonatan Montanariello, Andrea Zanoni e Francesca Zottis, del Veneto che vogliamo, Elena Ostanel, Europa Verde con Cristina Guarda, M5s con Erika Baldin e lo speaker della minoranza Arturo Lorenzoni hanno chiesto che Zaia riferisse urgentemente all’emiciclo di Ferro Fini. Nonostante le assicurazioni del presidente facente funzioni, Nicola Finco, sulla presenza di Zaia la prossima settimana, i consiglieri d’opposizione hanno abbandonato l’aula. Il drappello Pd ha rimarcato le proprie posizioni con una diretta Facebook dai toni durissimi: «Il luogo adatto per riferire delle politiche sanitarie regionali è il consiglio, non le telecamere della diretta quotidiana da Marghera. Questione di democrazia, questo è il soggetto istituzionale eletto dai cittadini veneti». Il capogruppo Possamai ricorda: «Zaia in consiglio l’abbiamo visto solo a inizio legislatura, se non dovesse presentarsi, siamo pronti ad azioni eclatanti». I dem tornano sul fuori onda di Flor «che fa rabbrividire. Il problema dei falsi negativi è stato una delle cause del boom di contagi e vittime nella seconda ondata, con l’aggravante che l’appello del personale sanitario e sociosanitario di essere sottoposti a tamponi molecolari è stato a lungo sottovalutato». Lorenzoni parla di «ammissioni gravissime da parte di Zaia e Flor, il quadro che ne esce è inquietante: il numero spaventoso di decessi, sommato all’emergere di vecchi e nuovi punti interrogativi, esige che vengano appurate e attribuite precise responsabilità». Gabriele Scaramuzza, segretario di Articolo Uno, affonda: «L’atteggiamento di Zaia è stato imbarazzante, un bimbo colto con le mani nella marmellata: certe cose, ha detto, a lui non competono». Attacca anche Christian Ferrari, Cgil, che ricorda la gravità delle pressioni e del clima di paura che graverebbe sui medici: «È evidente che più di qualcosa non ha funzionato. Molte di queste criticità, come Cgil, le avevamo sollevate ma siamo rimasti inascoltati». Paolo Benvegnù, Rc, si scaglia anche contro le opposizioni: «Hanno fatto qualche interrogazione? E dove stavano quando noi, sotto la Regione chiedevamo le dimissioni di Zaia? Le “azioni eclatanti” andavano fatte a fine novembre».