L’accordo sindacale di riduzione del personale si estende anche al personale non in esubero. Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza 5143 del 1° marzo.
Nei fatti, un dipendente di un’azienda postale aveva ottenuto in appello la reintegra nel posto di lavoro per illegittimità del licenziamento a seguito di riduzione del personale in base alla legge 223/91. Per la Corte, infatti, l’accordo delle parti sociali, che consentiva il licenziamento dei lavoratori con i requisiti per la pensione di anzianità o di vecchiaia, presupponeva l’individuazione di lavoratori in esubero in relazione alle esigenze tecniche organizzative aziendali. Mentre non si potevano ritenere legittimi i licenziamenti di quei dipendenti che, anche se in possesso del requisito, erano estranei alle posizioni lavorative eccedenti.
La Cassazione ha invece accolto il ricorso dell’azienda. Per i giudici, infatti, è legittimo il progetto imprenditoriale diretto a ridimensionare l’organico per ridurre il costo del lavoro che si limita a indicare il numero totale dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali, senza individuare gli uffici o i reparti con eccedenza. Tanto più, se vi è un accordo con i sindacati che all’esito della procedura, nell’ambito di misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, adotti il criterio della scelta dei requisiti per l’accesso alla pensione. Del resto, conclude la pronuncia, il controllo del giudice si deve indirizzare sulla correttezza della procedura, verificando, al contempo, che non vi siano intenti discriminatori e che il criterio di scelta dei lavoratori sia equo e obiettivo. Dunque, la scelta di personale prossimo alla pensione è legittimo perché ha una maggiore capacità di addossarsi la ricaduta degli effetti negativi del licenziamento.
La sentenza si pone nel solco dell’orientamento, ribadito dalla sentenza 12257/2012 della Cassazione, per cui il criterio dell’accordo sindacale per individuare i destinatari del licenziamento può essere unico e consistere nella prossimità al pensionamento, purché permetta di formare una graduatoria rigida e possa essere applicato e controllato senza margini di discrezionalità dal datore.
Il Sole 24 Ore – 18 marzo 2013