«Ci stiamo provando ma non è facile. Sulle partecipate il governo annuncia, più spesso minaccia, ne fa solo una questione di careghe. Ma non è così: c’è il codice civile da rispettare, ci sono posti di lavoro da salvaguardare, soci da liquidare…». Gianpaolo Bottacin tiene scritto sul biglietto da visita: «assessore alle rogne».
Regge l’Ambiente mentre infuria l’emergenza clima, la Protezione civile che ha nei guai il suo core business , la Difesa del suolo in una regione fragilissima e, come se non bastasse, pure il coordinamento del Piano straordinario di alienazione delle partecipazioni in tempi in cui il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia intima a Regioni e Comuni: «Chiudete le società inutili, in fretta». C’è un anno di tempo, dopo di che, avverte sempre Madia, «interverrà il ministero dell’Economia».
Ebbene, a che punto siamo in Veneto su questo fronte? Va detto che questa della razionalizzazione non è proprio una novità. Sul tema era già intervenuta una deliberazione di consiglio nel 2011, poi una legge regionale nel 2012, una delibera di giunta nel 2013 ma soprattutto la legge di Stabilità 2015 che obbligava presidenti di Regione, di Provincia e sindaci a predisporre entro il 31 marzo 2015 un piano operativo da trasmettere alla Corte dei conti, e fissava un primo check su quanto fatto e sul da farsi ad un anno di distanza, dunque il 31 marzo prossimo. Le linee guida di questo piano sono l’eliminazione delle società non indispensabili, di quelle doppie, di quelle in cui il numero degli amministratori superi quello dei dipendenti (sic ) e, più in generale, il contenimento ai costi di funzionamento, specie per quel che riguarda indennità, gettoni e consulenze. Quanto alle sue 19 partecipazioni dirette, la Regione ha quindi deciso: di dismettere quelle in College Valmarana, in Insula (già incassati 42 mila euro), in Rovigo Expò e in Sis (incasso di ben 404 euro); di liquidare e poi cancellare Ferrovie Venete e la società per l’autostrada Alemagna, due scatole vuote senza manco un dipendente; di fondere le immobiliari Marco Polo, Edilizia Canalgrande (in cui era già stata conferita a copertura di un aumento di capitale Terme di Recoaro) e Rocca di Monselice. La novità principale, però, potrebbe arrivare dalle due società che si occupano delle infrastrutture e cioè Veneto Strade e Cav: sono infatti in corso contatti tra l’assessore di reparto Elisa De Berti e i soci delle due spa (Anas per Cav, le sette Province, Serenissima, Autostrade per l’Italia, Autovie e A4 Holding per Veneto Strade) per verificare se sia possibile procedere con una fusione, dando vita ad un’unica grande società che si occupi dell’asfalto del Veneto, dal Passante alle strade di montagna.
Ci sono poi le partecipazioni indirette, e cioè quelle detenute dalla Regione per il tramite di altre società. E qui, in una giungla di ben 69 pacchetti, c’è davvero di tutto. Dall’1% in Banca Etica allo 0,0001% nel credito cooperativo Monsile, dal 35% nello Ski College «convitto per atleti» al 20% in Certottica, «laboratorio per la certificazione della corrispondenza dei prodotti ottici alle norme nazionali ed europee», dal 25% in Krystalia, «lavorazione di pietre preziose per gioiellerie» allo 0,98% di Alpi Eagles, che nel frattempo è fallita. Molte di queste, ovviamente, sono state acquistate negli anni dalla finanziaria della Regione, Veneto Sviluppo, tra le cui attività rientra anche il venture capital . L’obiettivo è quello di ridurle da 69 a 29, dismettendone 27, liquidandone 6 e chiudendo i fallimenti per altre 7.
Fatti due conti, tra partecipazioni dirette e indirette Palazzo Balbi ha infilato nel mirino 50 società. Va da sé che l’orizzonte di marzo dato dalla legge di Stabilità 2015 come termine ultimo delle operazioni, ora come ora appare utopico. «Stiamo cercando di capire dove voglia andare a parare la Madia, visto che al momento circolano soltanto delle bozze – chiude Bottacin -. Sia chiaro, qui nessuno mette in dubbio l’urgenza di chiudere le società inutili e lontane dal nostro core business, che ci sono pure in Veneto sebbene in misura minore che altrove. Ma nessuno pensi di farlo in due giorni: tra sindacati, cavilli e soci che chiedono rispetto, ci vorrebbe la bacchetta magica».
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 26 gennaio 2016