L’amministrazione interrogata non risponde? D’ora in poi, «nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta» da parte di «amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici» quel silenzio varrà come un sì. Da ieri, è infatti entrata in vigore una norma dall’impatto notevole prevista dalla riforma della Pubblica amministrazione: il «silenzio-assenso» nel dialogo tra pubbliche amministrazioni. Il nuovo meccanismo non vale nei rapporti tra Pa e privati, ma conterà, per esempio, sull’iter dei permessi di costruzione, che spesso annaspano perché enti terzi come Asl, Vigili del fuoco, Sovrintendenze ritardano.
Muove così i primi passi la riforma Madia, e se per vedere gli effetti delle altre novità bisognerà attendere i decreti delegati, tre disposizioni sono già state pubblicate in Gazzetta . Scatta il termine certo di 18 mesi per il ripensamento dell’amministrazione che scopre che un suo atto è illegittimo (prima si parlava di «termine ragionevole»). E ritornano le consulenze ai pensionati, ma solo se svolte a titolo gratuito. Oltre, appunto, al termine tassativo di 30 giorni (prorogabili a 60 nei casi di particolari esigenze istruttorie), dopo i quali una decisione amministrativa diventa efficace se nessuno degli altri soggetti coinvolti esprime il suo dissenso.
«È un principio di legalità e di certezza del diritto», dice Giorgio Pagliari (Pd), che della riforma è stato relatore al Senato: «Non si consente più ad un’autorità tenere le situazioni in stand-by ». Il problema è stato finora evidente nel caso di procedimenti in cui c’è un’autorità che decide e altre che concorrono alla decisione ma che con i ritardi, spiega Pagliari, «ridisegno di fatto le gerarchie delle competenze».
La norma, invocata da anni, è stata d’altra parte accompagnata dalle critiche di intellettuali e di ambientalisti. Il silenzio-assenso è infatti esteso anche alle autorità preposte alla tutela ambientale, paesaggistica e dei beni culturali. In questo caso i tempi sono più lunghi, 90 giorni, ma comunque si prevede che la mancata risposta di una Sovrintendenza equivalga al via libera. E in questo modo la lentezza, che sia colpevole o per carenza di personale, diventa decisiva anche per iter che richiedono valutazioni tecnico-scientifiche. Un argomento che non ha convinto il governo e la maggioranza, che hanno ritenuto «ragionevole» il termine dei tre mesi.
Melania Di Giacomo – Il Corriere della Sera – 29 agosto 2015