Il Parlamento si appresta a «promuovere» il nuovo slittamento al 30 settembre per l’avvio dei piani di razionalizzazione delle partecipate, ma chiede di limitare il potere dei presidenti di Regione di escludere dai tagli le proprie società e di limitare la possibilità di operare fuori dal territorio di riferimento solo alle aziende che per ottenere l’affidamento hanno vinto una gara.
Suonano così i contenuti chiave della bozza di parere, relativa al decreto correttivo della riforma delle partecipate attuativo della delega Madia, preparata dalla commissione Affari costituzionali del Senato (la relatrice è Linda Lanzillotta, del Pd); su un’impostazione simile sta lavorando anche la commissione Bilancio della Camera (lì il relatore è Mauro Guerra, sempre del Pd). I due pareri dovrebbero andare al voto oggi, dopo di che la palla tornerà al governo per le scelte finali.
A rendere delicato il passaggio saranno le decisioni su quali indicazioni far rientrare nelle «osservazioni», che si possono assimilare a suggerimenti, e quali invece fissare come «condizioni», che hanno un peso maggiore. Se il governo le ignora, infatti, è tenuto a un nuovo passaggio parlamentare per spiegare la sua scelta.
La questione si incrocia con l’intesa con Regioni ed enti locali, imposta dalla sentenza 251/2016 della Consulta per i decreti attuativi della delega Pa che intrecciano le competenze territoriali. L’intesa sul correttivo delle partecipate è di metà marzo: per rivederne i contenuti, il governo dovrebbe riavviare la trattativa con il rischio di sforare i tempi per il varo del correttivo, e dunque per l’avvio effettivo della riforma.
Nell’accordo con Regioni ed enti locali si prevede di far slittare l’avvio dei piani di razionalizzazione al 30 settembre e di salvare per tre anni le società che fatturano più di 500mila euro, facendo salire la soglia a un milione solo fin dal 2020. Fin qui nessun problema ma nella bozza del Senato si pone come «condizione» il ripensamento di altri due punti dell’intesa: la possibilità, chiesta a gran voce dai governatori e contestata anche dal Consiglio di Stato, di scegliere quali società regionali escludere dai tagli e l’apertura alle partecipate delle gare in tutta Italia, voluta soprattutto dai sindaci. Due punti che rischiano di far inciampare ancora la riforma. Alla Camera, infatti, la questione dei presidenti è rinviata alle osservazioni, dove si chiede al governo di valutare se imporrela trasmissione a Corte dei conti, Mef e Camere dei provvedimenti con cui i governatori salvano le loro società.
Gianni Trovati – IL Sole 24 Ore – 27 aprile 2017