Davide Colombo. Dopo un quinquennio di blocco dei contratti e svariate reiterazioni degli stop al turn over, il sistema del lavoro pubblico nel 2016 dovrebbe varcare la soglia di una nuova programmazione. La legge delega di riforma della Pa rilancia infatti il tema delle assunzioni future sulla base dei fabbisogni delle amministrazioni e non più partendo dai “vuoti” che si sono determinati nelle dotazioni organiche. Non si tratta di una questione nominalistica bensì di un criterio di programmazione che dovrebbe correre in parallelo con le nuove regole di coordinamento di bilancio introdotte dalla legge 196/2009 (anch’essa una delega) in piena fase di attuazione. I fabbisogni, calcolati sulla base delle funzioni e soprattutto dei budget, sono già stati introdotti in diverse amministrazioni centrali e ministeri dopo la stagione dei tagli lineari e dovrebbero estendersi progressivamente ad altri comparti.
Mentre nei criteri di delega si parla ancora di «rideterminazione delle dotazioni organiche» laddove il riferimento è alla revisione dei ruoli e delle regole di reclutamento nelle Forze di polizia.
Con i fabbisogni calcolati dai dirigenti responsabili del personale su base triennale, la programmazione delle assunzioni dovrebbe assumere una dinamica più prevedibile e dovrebbe, soprattutto, coniugarsi meglio con la mobilità tra diverse amministrazioni, altro strumento su cui la delega punta molto. Nella legge Madia si prevede anche l’introduzione di un sistema informativo nazionale per l’orientamento delle assunzioni, che dovrebbe “girare” insieme con il “portale della mobilità” attivato da qualche mese dal Dipartimento Funzione pubblica. Fabbisogni e mobilità, naturalmente, non esauriscono gli strumenti di gestione del personale. Il futuro testo unico dovrebbe limitare «a tassative fattispecie» il ricorso a forme di assunzione con contratti flessibili, tra cui i contratti di collaborazione coordinata e continuativa sui quali già dall’anno scorso sono scattati vincoli di spesa , e lo stesso varrà per i contratti a termine.
La regulation futura sulle assunzioni dovrà passare per i cantieri già aperti (Province e città metropolitane) e in fase di avvio (riduzione delle Prefetture e delle Camere di commercio) che inevitabilmente produrranno nuovo personale in soprannumero. Per non parlare, ma qui saremmo fuori dal perimetro della Pa, del previsto taglio da 8mila a mille delle società partecipate. Si tratta di un sistema di società controllate in oltre il 90% dei casi da enti locali e in cui lavorano oltre 26omila addetti (il costo di questo personale ha superato i 10,7 miliardi l’anno scorso, secondo la Corte dei conti). Qui gli esuberi che si determineranno in virtù delle razionalizzazioni andranno gestiti con ammortizzatori sociali in deroga.
Dipendenti pubblici e privati, il confronto sulle regole
Articolo 18
Il JobsAct, per i lavoratori privati, ha introdotto il nuovo contratto a tempo indeterminato “a tutele crescenti”, modificando l’articolo 18. Peri dipendenti pubblici vige l’articolo 18 nella versione originaria dello Statuto, che commina la tutela reintegratoria in ogni ipotesi di invalidità dell’atto di recesso
Scarso rendimento
Nella Pa è ammesso il recesso per scarso rendimento dopo almeno un biennio di valutazione negativa della performance del lavoratore, ma nei fatti è impraticabile, perché confusa e piena di insidie procedurali è la strada per accertarlo. Nel privato il licenziamento è più facile e la tutela in caso di illegittimità è prevalentemente economica
Mansioni
Nel privato, con il Jobs Act è possibile rimansionare il lavoratore, anche unilateralmente. Nel pubblico, lo spostamento a mansioni inferiori non è regolato per legge. È possibile lo spostamento su mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento, con una esigibilità della prestazione determinata dai Ccnl di comparto
Salario accessorio
Nel privato il salario accessorio rappresenta la parte variabile della retribuzione, contrattata in azienda o a livello territoriale, ed è incentivata. Nella Pa, nonostante i buoni propositi della riforma Brunetta,! fondi di produttività sono stati usati solo per aumentare indistintamente il salario al personale (senza quindi valutazione e merito).
Leggi anche Il confronto. Mansioni, articolo 18 e disciplinari: le distanze tra lavoro pubblico e privato.
Il Sole 24 Ore – 11 agosto 2015