di Laura Della Pasqua da Il Tempo. I tagli alle retribuzioni dei dirigenti saranno il pilastro della riforma della pubblica amministrazione che il ministro Marianna Madia si appresta a presentare in Consiglio dei ministri. A cadere sotto la scure non sarà la retribuzione fissa ma le indennità di posizione di risultato. Ecco, conti alla mano, quanto rischiano i dirigenti. La retribuzione accessoria rappresenta circa il doppio di quella fissa. Questa è composta da tre voci: l’indennità di posizione fissa e variabile (ovvero il compenso legato ad un determinato ruolo che può essere di capo dipartimento, vice capodipartimento) e l’indennità di risultato. Quest’ultimo è il «premio» che il dirigente riceve a fronte del raggiungimento di un determinato obiettivo. Una misurazione quindi della sua produttività.
Vediamo nel dettaglio. Un dirigente di prima fascia, secondo quanto riportato dalla Relazione 2013 della Corte dei conti, ha una retribuzione di 66.758 euro e per le voci accessorie percepisce 120.473 euro. Tra le voci accessorie, l’indennità di posizione (quota variabile) è pari a 56.519 euro mentre quella legata al risultato è di 26.197 euro. Sono queste due le voci a rischio che potrebbero essere limate. In particolare potrebbe essere proprio il risultato a subire un taglio. Come? Due le ipotesi allo studio: o alzando l’asticella degli obiettivi e quindi richiedendo prestazioni di produttività più elevate o cambiando i sistemi di valutazione.
I dirigenti di seconda fascia hanno una retribuzione fissa pari a 47.534 euro e percepiscono una somma accessoria pari a 40.000 euro. Per i manager di questo inquadramento l’indennità di risultato è pari a 11.873 euro mentre la quota variabile dell’indennità di posizione ammonta a 15.535 euro. Alla presidenza del Consiglio un dirigente di prima fascia percepisce 65.724 euro e 116.694 euro di voci accessorie. L’indennità di risultato per questi manager è di 22.752 euro mentre quella di posizione variabile è di 57.738 euro.
Per i dirigenti di seconda fascia a Palazzo Chigi a fronte di una retribuzione di 47.872 euro la parte accessoria è di 48.926 euro. L’indennità di risultato è di 8.491 euro e quella di posizione variabile di 25.127.
I premi di risultato dovrebbero arrivare nelle tasche dei dirigenti a dicembre ma per quella data ci potrebbero quindi essere delle sorprese. Complessivamente ammontano a 2,8 miliardi di euro l’anno per tutta la pubblica amministrazione.
L’indennità di posizione verrebbe ridimensionata come conseguenza di un piano di spostamenti da amministrazioni in esubero a quelle con carenze di organico. La mobilità verrebbe gestita a livello centrale per superare i blocchi posti dalle varie strutture pubbliche che finora hanno ostacolato con una serie di vincoli burocratici gli spostamenti.
Stipendio più basso ma anche pensione ridimensionata. Ad abbassare l’ammontare dell’assegno previdenziale concorre non solo il taglio della retribuzione ma anche la possibile uscita anticipata. Il pensionamento anche con la formula del «prestito» erogato dallo Stato che va restituito, abbassa l’ammontare sul quale va calcolata la pensione.
Il Tempo – 29 aprile 2014