Riforma Pa con mobilità obbligatoria, tagli permessi, esuberi, demansionamenti. Le anticipazioni
Domani in Consiglio dei ministri saranno varati il decreto legge e il disegno di legge delega per la riforma della Pubblica amministrazione, da approvare definitivamente entro sei mesi. Lo ha riferito il ministro Marianna Madia ai sindacati. Per ora sono 26 articoli, ma la bozza sulla riforma della Pubblica amministrazione potrebbe essere destinata a qualche sforbiciata nelle prossime ore. Il testo indica i punti cruciali del decreto light che il governo si appresta a varare domani. Lo stesso ministro, nell’incontro, ha provato a tranquillizzare sulla questione della mobilità obbligatoria, per la quale era emersa l’indicazione di un centinaio di chilometri come raggio massimo. “Non abbiamo mai immaginato una mobilità nei 100 km, non l’abbiamo mai presa in considerazione, non immaginiamo di stravolgere la vita delle famiglie. Vogliamo una mobilità che funzioni per evitare esuberi e rispettare i lavoratori”, ha aggiunto.
Secondo i sindacalisti, Madia ha assicurato che si procederà con una staffetta generazionale e con eccedenze che saranno ricollocate nell’ambito della stessa pa. Confermato invece il taglio del 50% sugli distacchi sindacali, mentre sul rinnovo del contratto ha rinviato alla prossima legge di Stabilità.
Altre indicazioni, aggiuntive rispetto a quelle emerse ieri, arrivano intanto da altre bozze in circolazione. In una si parla della “riduzione delle spese complessive di ciascuna amministrazione, per i primi cinque anni” per un importo “non inferiore all’un per cento della spesa sostenuta nell’anno 2013”. Arriva poi il tetto massimo per i bonus dei dirigenti pubblici, fissato al 15% dello stipendio. La “retribuzione di risultato” deve poi essere collegata ad obiettivi fissati per l’intera amministrazione sia al singolo dirigente, oltre che all’andamento del Pil (si è parlato di un +1,3% come obiettivo minimo).
Quanto alla forma dell’intervento, il Cdm di domani dovrebbe esaminare sia un decreto legge, sia un disegno di legge delega – da approvare definitivamente entro sei mesi – sulla riforma della Pubblica amministrazione. Scuola e ricerca dovrebbero invece restar fuori dal Cdm.
Il primo articolo, per ora, è quello sull’impossibilità di restare in servizio dopo l’età di pensionamento. La tagliola scatta dal 31 ottobre. Viene cioè eliminato l’istituto del trattenimento in servizio. Il secondo articolo specifica il nuovo turnover. In sintesi, stabilisce le assunzioni e le uscite nel perimetro della P.a. non più in base al numero delle persone, bensì alla spesa totale per i loro stipendi.
Così, nel 2014 nelle amministrazioni si potrà procedere ad assumere personale nel limite di spesa pari al 20% di quella relativa al personale uscito lo scorso anno. Questa percentuale sale con gradualità negli anni successivi. Fino ad arrivare al 2018, quando le amministrazioni potranno assumere per un limite di spesa pari al 100% di quella relativa al personale cessato di ruolo.
Un articolo della bozza fissa anche i criteri della mobilità obbligatoria, stabilendo che si possano «ricoprire i posti vacanti mediante passaggio diretto di dipendenti con la stessa qualifica, in servizio presso altre amministrazioni». Per agevolare le procedure è previsto un portale per fare incrociare domanda e offerta di mobilità.
Novità anche sul fronte dei trasferimenti. Il provvedimento indica che i dipendenti pubblici potranno essere spostati senza assenso in un diverso posto di lavoro, purché nell’arco di 100 chilometri: entro 50 chilometri le diverse sedi sono considerate «stessa unità produttiva», mentre tra 50 e 100 chilometri devono esserci esigenze organizzative e produttive. Un mini rivoluzione che, se confermata nella versione definitiva, prosegue con il taglio, dall’1 agosto, del 50% dei distacchi e dei permessi per ogni sigla sindacale. Nel decreto dovrebbe inoltre finire la misura sul prepensionamento dei dirigenti: in caso di esuberi e in assenza di criteri e modalità condivise con i sindacati, «la P.a. procede alla risoluzione unilaterale, senza possibilità di sostituzione, del rapporto di lavoro di coloro che entro il biennio successivo maturano il diritto alla pensione». Per le amministrazioni scatta il divieto di assegnare incarichi dirigenziali a soggetti in pensione. Alla vigilia del varo del provvedimento il testo predispone l’unificazione delle scuole di formazione della Pubblica amministrazione. Finiranno tutte (Scuola Superiore dell’Economia, Istituto Diplomatico, Scuola superiore dell’Amministrazione dell’Interno, Centro di formazione della Difesa e Scuola superiore di Statistica) sotto il cappello della Scuola nazionale dell’Amministrazione che ne accorpa le funzioni. Per i componenti delle autorità indipendenti (Antitrust, Privacy, Agcom, Energia, Consob) ci sarà una stretta sul rinnovo degli incarichi. Non potranno più essere nuovamente nominati componenti di un’Autorità indipendente «per un periodo pari alla durata dell’incarico precedente». Nelle stesse Authority si potranno effettuare assunzioni solo con «concorsi unici con cadenza annuale». L’articolo 15 della bozza indica l’istituzione dell’archivio unico per la gestione di una documento unico (riassume di dati di libretto di circolazione e certificato di proprietà) dell’auto. In dettaglio, il Pra è destinato a passare dall’Aci sotto la vigilanza del ministero delle Infrastrutture. Lo stesso articolo specifica che gli importi annuali delle tasse automobilistiche potranno aumentare, per il solo 2015, fino ad un massimo del 12%. In vista delle mosse del governo oggi i sindacati incontreranno il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia. (Andrea Ducci – Corriere della Sera)
Statali in esubero, in pensione due anni prima. Chi rifiuta il prepensionamento potrà scegliere il part-time
?Usciti dalla porta, rientrano dalla finestra. Gli «esuberi» della Pubblica amministrazione, quantificati in almeno 85 mila dal Commissario straodinario alla spending review, Carlo Cottarelli, saranno uno dei pezzi forti del decreto legge che il ministro della Funzione pubblica Marianna Madìa si prepara a portare nel consiglio dei ministri di domani. L’articolo 2 della bozza di provvedimento (in tutto per ora sono 26 articoli) prevede che tutte le pubbliche amministrazioni effettuino annualmente «rilevazioni delle eccedenze di personale su base territoriale per categoria o area, qualifica e profilo professionale». Cosa sarà di questo personale in eccesso? Se fino ad oggi era previsto un lungo iter che coinvolgeva anche i sindacati e che si concludeva con la messa «a disposizione» dei lavoratori che avrebbero continuato a percepire l’80 per cento dello stipendio, le soluzioni paiono ora più drastiche.
«Decorsi trenta giorni dall’avvio dell’esame (con i sindacati, ndr), in assenza dell’individuazione di criteri e modalità condivisi», si legge nel testo, «la pubblica amministrazione procede alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro di coloro che entro il biennio successivo maturano il diritto all’accesso al trattamento pensionistico». Insomma, gli statali in esubero a cui mancano due anni alla pensione saranno messi alla porta. In pratica saranno prepensionati (il testo parla di «conseguente corresponsione del relativo trattamento»). Un punto delicato, che fino all’ultimo minuto era stato smentito anche per il timore di provocare differenze di trattamento con gli esodati del privato, lasciati a casa senza stipendio e senza pensione. Ai pubblici dipendenti in eccesso, tuttavia, verrà data anche un’altra chance: accettare contratti di solidarietà o «forme flessibili di gestione del tempo di lavoro». Insomma, accettare il part-time sarebbe il modo per evitare il licenziamento. È qui che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe scattare la staffetta generazionale. I soldi risparmiati in questo modo potrebbero essere utilizzati per assumere giovani grazie alla modifica del meccanismo del turn over.
I NUOVI CRITERI
Oggi il sistema è quello delle teste. Ogni dieci statali che escono ne possono essere assunti due. Il criterio introdotto dal decreto è quello finanziario. Per quest’anno le assunzioni non potranno superare il 20 per cento della spesa del personale cessato. Questo limite salirà al 40 per cento il prossimo anno, al 60 per cento nel 2016, all’80 per cento nel 2017 per arrivare al 100 per cento nel 2018. Un criterio più favorevole ci sarà per gli enti di ricerca che già da quest’anno avranno un limite del 50 per cento della spesa. Confermata anche l’abolizione del trattenimento in servizio, ossia la possibilità di rimanere al lavoro per i due anni successivi alla maturazione dei requisiti per andare in pensione. I trattenimenti in servizio in essere saranno validi solo fino al 31 ottobre di quest’anno. Intanto ieri, in attesa dell’incontro di oggi con la Madìa. i sindacati di categoria hanno presentato una loro proposta di riforma. «Noi pretendiamo», ha detto il segretario confederale della Fp-Cgil Rosanna Dettori, «che, a fronte dei 400mila posti persi in 10 anni, 100mila possano entrare», chiedendo un «confronto vero» sulla riforma e non «un ennesimo spot». Non solo. «Fare la staffetta con 5mila giovani è una risposta ridicola», ha aggiunto il segretario della Cisl-Fp Faverin. Le sigle del pubblico impiego, Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa, hanno presentato la propria proposta unitaria «organica, di riorganizzazione del lavoro pubblico», per il suo rilancio e semplificazione, i cui punti centrali sono lo sblocco del turnover e del contratto, fermo al 2009. (Il Messaggero)
Trasferimenti obbligati entro 100 chilometri. Prepensionamenti in caso di esuberi. Dimezzati i distacchi sindacali, stretta sulle Authority
Luisa Grion. Se staffetta generazionale deve essere, lo sia fino in fondo: nella pubblica amministrazione non devono entrare subito diecimila giovani, ma centomila. I soldi per finanziare il ricambio si trovano: basta sfoltire di un terzo il numero dei dirigenti pubblici, che sono troppi. Convocati stamattina, per la prima volta, a sole 24 ore dal varo della riforma della pubblica amministrazione i sindacati del settore rilanciano: la riforma in due step (decreto più legge delega) indicata da Renzi «è poca cosa» dicono. Dopo «l’estenuante fase preparatoria », commenta Rossana Dettori segretario generale Fp-Cgil, «restano sul tappeto interventi spot e nessun progetto organico per migliorare i servizi».
La bozza in 24 pagine che dovrebbe entrare domani al Consiglio dei ministri, in realtà, contiene diverse novità. Nel decreto dovrebbe trovar posto la mobilità obbligatoria dei dipendenti entro 100 km; lo stop al trattenimento in servizio; il prepensionamento di due anni per i lavoratori pubblici considerati in esubero (secondo le stime elaborate per la spending review sarebbero 85 mila); la possibilità per i lavoratori in mobilità di essere ricollocati con qualifica più bassa; l’allentamento del blocco del turn over (i limiti previsti si riferiranno alla spesa complessiva non al numero delle persone in uscita), il dimezzamento dei permessi sindacali. La bozza introduce anche vari provvedimenti di semplificazione, fra i quali l’istituzione di un archivio unico sui veicoli in circolazione, con la possibilità di aumentare il bollo auto fino ad un massimo del 12 per cento entro il 2015.
Provvedimenti che «non incidono sul funzionamento della macchina dello Stato», lamentano i sindacati, critici anche sul fatto che si rinuncerebbe a premiare il merito, legando lo stipendio dei dirigenti all’andamento del Pil. Al tavolo del ministro Marianna Madia Cgil, Cisl e Uil porteranno dunque le loro proposte, pur consapevoli che gli spazi per trattare, almeno per quanto riguarda il decreto, sono scarsi (tanto più che sul testo, in scadenza a ferragosto, si prospetta un voto di fiducia). Le critiche sono severe, nonostante due delle loro richieste siano già state incassate: una riguarda il ruolo dei segretari comunali (dovevano saltare, ora non più) l’altra il contratto (è fermo dal 2009, il ministro Madia ne ha promesso la riapertura). Il punto di maggiore scontro riguarda la staffetta generazionale. Ce n’è estremo bisogno — convengono i sindacati — visto che l’età media del settore è avanzata (fra i 52 e i 55 anni), ma il ricambio modello Madia, dicono, «è un bluff». La riforma prevede che dall’abolizione del trattenimento in servizio (la possibilità di restare al lavoro dopo il raggiungimento dell’età pensionabile) si possano liberare 10 mila posti. «In realtà non sono più di 5 mila, una proposta ridicola» commenta Giovanni Faverin, responsabile Cisl-Fp: si può arrivare appunto a 100 mila sfoltendo i dirigenti. Ma il tema del trattenimento in servizio è scottante in sé, soprattutto per quanto riguarda la categoria dei magistrati, che ora può restare al lavoro per altri 5 anni dopo il compimento dei 70. La Corte dei Conti ha protesto facendo notare che l’uscita anticipata di organici già carenti provocherebbe «gravissimi vuoti, difficilmente gestibili ». Nella bozza di 24 pagine che circola in queste ore, l’abrogazione del trattenimento c’è: articolo 1, a partire dal prossimo 31 ottobre di quest’anno. Ma il governo sarebbe disposto a prevedere, almeno per questa categoria, una norma transitoria. (Repubblica)
Rincaro del bollo auto fino al 12%. Nel decreto Pa anche vincoli light sul turn over e mobilità obbligatoria entro 100 km
Niente più stangate sui passaggi di proprietà dell’usato e addio al superbollo sulle auto potenti. In compenso, aumenta il carico fiscale su chi acquista un veicolo nuovo. La bozza di decreto sulla riforma della Pa, di cui Il Sole 24 Ore è entrato in possesso, porta in dote un parziale ridisegno della tassazione sui veicoli.
L’operazione sul fronte tributario è chiara: cogliere l’occasione dello svuotamento delle Province per eliminare l’Ipt, imposta provinciale di trascrizione, che grava sia sul nuovo che sull’usato. A vantaggio di un nuovo tributo, che andrà alle Regioni e alle Province autonome: l’imposta regionale di immatricolazione (Iri) che graverà solo sugli acquisti del nuovo, in una misura che verrà stabilita con decreto ministeriale e sarà suscettibile (come l’Ipt) a variazioni locali fino al 30% sulle tariffe nazionali. Il passaggio all’Iri dovrebbe avvenire nel corso del 2015. Quindi le Regioni perderebbero la parte di gettito relativa ai primi mesi dell’anno. È prevista la possibilità di recuperare sul bollo auto, aumentando dal 10% al 12% (per il solo 2015) la quota di rincaro che ogni Regione può deliberare ogni anno rispetto alle tariffe nazionali. Viene anche abolito il superbollo, la sovrattassa di proprietà sulle auto potenti.
Per il resto, quando questa mattina il ministro Marianna Madia illustrerà l’impianto dei provvedimenti sul pubblico impiego ai sindacati, è assai probabile che incasserà un certo consenso sulla prevista semplificazione del turn over. Se le norme che stanno circolando venissero confermate, già quest’anno diverse amministrazioni potrebbero trovarsi nelle condizioni di assumere nuovi dipendenti. Salta il doppio criterio del computo delle persone e della spesa nei vincoli al turn over previsto da qui al 2018, anno in cui si tornerebbe al ricambio fisiologico. Con la conseguenza che il decalage del 20%, 40%, 60% e 100% sui limiti di spesa annuale potrà ora consentire, ad esempio, l’assunzione di più di un funzionario se si pensionano dei dirigenti. Ipotesi del resto fissata nelle stesse norme del decreto laddove si bloccano i concorsi per dirigenti nel biennio 2014-2015 per assorbire le graduatorie aperte e utilizzare i risparmi conseguenti, appunto, per il reclutamento di giovani funzionari.
Sulle altre leve messe in campo per innescare l’annunciata «staffetta generazionale» nella Pa, i giudizi saranno probabilmente più critici. A partire dalla regulation ipotizzata per la mobilità volontaria e obbligatoria. Sulla prima nulla quaestio, visto che viene cancellato il nulla osta dell’amministrazione di appartenenza ma sulla obbligatoria potrebbe non piacere l’ipotesi di trasferimenti senza assenso in un posto di lavoro diverso nell’arco di 100 chilometri «per esigenze tecnico-organizzative», mentre per i trasferimenti entro 50 chilometri le diverse sedi sarebbero considerate come «stessa unità produttiva». Ammesso che la norma resti, c’è da segnalare inoltre l’attivazione di un portale finalizzato all’incontro domanda-offerta a cura del Dipartimento funzione pubblica. I sindacalisti dovranno anche incassare il taglio del 50% distacchi, aspettative e permessi a partire dal prossimo agosto.
Le altre misure non cambiano: part-time agevolati e abolizione del trattenimento in servizio, con la clausola della proroga dei contratti in corso fino al 31 ottobre. Su quest’ultima ipotesi, che ha un impatto particolare sui professori universitari e le toghe, ieri s’è espressa la Corte dei conti, paventando in una nota il rischio di vuoti di organico «ingestibili» nella magistratura contabile. Il testo prevede anche il divieto incarichi dirigenziali o cariche in organi delle amministrazioni del personale andato in pensione.
In caso di esuberi legati a riorganizzazioni delle amministrazioni, invece, si prevede che in assenza di modalità condivise con i sindacati, la Pa proceda alla risoluzione unilaterale, senza possibilità di sostituzione, del rapporto di lavoro «di coloro che entro il biennio successivo maturano il diritto all’accesso alla pensione, con conseguente corresponsione del trattamento». Sempre per gli addetti in esubero sono anche previsti possibili demansionamenti «per ampliare le occasioni di ricollocazione».
Sul fronte delle razionalizzazioni si definisce l’incandidabilità dei componenti di tutte le Authority ad altro incarico in una seconda Authority una volta scaduta il mandato. Prevista poi la gestione unitaria di una serie di servizi comuni alle medesime Authority, una gestione condivisa che porterà nel 2015 a risparmi del 10% sulla spesa sostenuta l’anno scorso; mentre l’Anticorruzione perde le competenze sulla valutazione della performance, trasferite a Funzione pubblica, e mantiene quelle sulla trasparenza. Confermata l’unificazione delle scuole di formazione ad una sola, la Scuola nazionale dell’amministrazione, con un risparmio del 20% delle risorse stanziate per le diverse attività di formazione. (Il Sole 24 Ore)
Per gli statali in esubero il posto fisso diventa mobile. Trasferimenti senza assenso fino a 100 chilometri.
Roberto Giovannini. Se ci sarà un accordo sindacale sugli esuberi, un dipendente pubblico che vuole conservare il posto di lavoro dovrà cambiare ufficio e anche città, purché entro un arco di ben 100 chilometri. E se il posto “in disponibilità” è considerato eccedente sarà costretto ad accettare anche un demansionamento, ovvero un impiego con qualifica e retribuzione inferiore a quella precedente. Le norme sulla mobilità obbligatoria fanno ancora parte del testo dello schema di decreto legge sulla riforma della pubblica amministrazione che stamani il ministro Marianna Madia presenterà ai sindacati, e domani dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri. Ma a quanto pare, non è andata così per molte delle altre novità annunciate a suo tempo dal governo.
La bozza del provvedimento datata 5 giugno prevedeva 56 articoli (anche uno sui farmaci omeopatici); quella del 7 giugno ne contempla soltanto 26. Ma quel che più conta è che una lettura del nuovo testo fa emergere che dei 44 punti per la riforma contenuti nella lettera spedita dal premier Renzi e dal ministro Madia, alla fine, ben 26 sembrerebbero «saltati». Niente riforma del ruolo unico della dirigenza, e i contratti a termine saranno solo per i dirigenti degli Enti locali. Niente regionalizzazione delle Camere di Commercio. Niente abolizione della Covip e dei segretari comunali. Niente leggi autoapplicative, riforma degli enti di ricerca, centrale unica degli acquisti per le forze di polizia, niente limitazione ai controlli della Ragioneria. Non c’è la riforma dell’Avvocatura dello Stato, e neanche l’accelerazione del processo amministrativo per gli appalti. E altro ancora.
Va detto che sin dall’inizio era stato annunciato dal governo che la riforma della P.a. avrebbe marciato su un decreto e un disegno di legge. Non è escluso che possa così essere varato anche un ddl che contenga le misure per ora accantonata. Ieri è circolata anche la voce che l’asciugatura del decreto sia stata «suggerita» dal presidente della Repubblica, in coerenza con la tradizionale linea del Quirinale sui decreti d’urgenza. Versione smentita dal ministero della P.a., che la definisce pura fantasia, e afferma che non è stato cassato alcun punto dello schema di riforma. I sindacati hanno accolto con favore l’apertura del ministro Madia sulla possibilità di riaprire dal 2015 la contrattazione nel pubblico impiego, dopo anni di blocco. Difficilmente quest’apertura placherà i sindacati, che chiedono l’ingresso di 100mila giovani e devono subire il dimezzamento dei distacchi sindacali dal 1 agosto.
Tornando alle norme sulla mobilità, i dipendenti pubblici potranno essere spostati senza assenso in un posto diverso purché entro 100 chilometri. Entro 50 chilometri le diverse sedi di lavoro sono considerate stessa “unità produttiva”, e quindi lo spostamento può essere deciso automaticamente, mentre tra 50 e 100 km dovrà essere motivato. Per la mobilità volontaria scompare l’obbligo del nulla osta dall’amministrazione di provenienza. Non sarà possibile restare a lavorare nella P.a. dopo l’età di pensionamento oltre il 31 ottobre, e in caso di esuberi e in assenza di criteri condivisi coi sindacati, le amministrazioni possono pensionare “a forza” i dipendenti che maturano il diritto alla pensione entro due anni. Il personale «in disponibilità» (collocato in mobilità a seguito di rilevazioni di eccedenze) possono presentare richiesta di ricollocazione «in via subordinata, in una qualifica o in posizione economica inferiore», per ampliare le occasioni di ricollocazione. Novità anche per il bollo auto. Il governo stabilirà le misure dell’imposta regionale di immatricolazione per tipo, categoria, emissioni e potenza dei veicoli. Gli importi delle tasse auto possono aumentare per il solo 2015 fino a un massimo del 12%. (La Stampa)
12 giugno 2014