Sul rischio della «sanatoria salva-sindaci» prospettato dalla legge delega sulla riforma della Pubblica amministrazione interviene direttamente il Governo. «Lo scopo della riforma è il rafforzamento dell’autonomia dei dirigenti– spiega al Sole 24 Ore il ministro della Funzione pubblica Maria Anna Madia – e se c’è bisogno di cambiamenti e miglioramenti perché l’obiettivo sia più certo li accoglieremo. Martedì scadono i termini per i sub-emendamenti, e vogliamo che la discussione parlamentare sia aperta come lo è stata qualche mese fa sul decreto sulla Pa: “sanatorie” o“colpi di spugna” non sono nelle nostre intenzioni».
Il nodo è quello, sollevato nei giorni scorsi sul Sole 24 Ore, dell’emendamento che chiede alla riforma di rafforzare il «principio di separazione dei compiti e responsabilità fra politici e dirigenti, anche attraverso l’esclusiva imputabilità agli stessi (cioè ai dirigenti, ndr) della responsabilità amministrativo-contabile per l’attività gestionale». In questo quadro, è risuonato l’allarme (subito raccolto anche dalla Corte dei conti) sul rischio che questa riscrittura delle regole possa far saltare una serie di processi per danno erariale in cui oggi politici e amministratori locali sono coinvolti per fatti che potrebbero rientrare nella categoria dell’«attività gestionale». Scorrendo le cronache che riguardano la Corte dei conti, gli esempi possibili non sono pochi: ci sono i casi di nominedirigenzialiconsiderateillegittime(diquestoèchiamatoarispondere davanti ai magistrati contabili della Toscana anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi, per quattro nomine effettuate quando era presidente della Provincia di Firenze), vicende sull’utilizzo o sul mancato impiego di risorse umane (l’ex Governatore della Campania Antonio Bassolino è stato appena condannato in primo grado per non aver utilizzato i lavoratori socialmente utili quando era commissario alle bonifiche), oppure i finanziamenti alle società partecipate, come quello contestato all’ex presidente della Sardegna Renato Soru che si è visto chiedere dalla Corte dei conti un risarcimento per danno erariale per il tentativo di salvataggio di Hydrocontol, un’azienda acquisitadallaRegione, ricapitalizzatama poi liquidata.
In tutti questi casi, non è facile stabilire e dove finisce la scelta politica e dove inizia l’attività gestionale, e per questa ragione una ridefinizione della linea di confine fra le due potrebbe chiudere la porta all’azione dei magistrati contabili. «La maggioranza dei giuristi che abbiamointerpellato– spiegailministro Maria Anna Madia – ritiene che in questo ambito la riforma non avrebbe un effetto retroattivo, perché le regole del procedimento contabile non sono analoghe a quelle penali, ma non è questo il punto: dal momento che non vogliamo fare colpi di spugna, siamo pronti a specificare meglio questo aspetto se ce n’è bisogno».
Nell’ottica di Governo e maggioranza, insomma, la riforma dovrebbe precisare le responsabilità deidirigentiperrafforzarnel’autonomia. «Tra il modello dello spoils system e quello della dirigenza di ruolo, entrambi legittimi, noi scegliamo il primo – spiega il ministro –perchésiamoconvinticheunadirigenza forte possa fare da argine a tanti fenomeni, a partire dalla corruzione. Per riuscirci bisogna dare ai dirigenti gli strumenti per dire di no alla politica quando serve».
In quest’ottica, secondo il relatore della legge delega al Senato, Giorgio Pagliari del Pd, la riforma deve «consentire la chiara e non più equivocabile limitazione della responsabilità dei dirigenti agli atti di gestione, cioè agli atti rientranti tipicamente nella competenza dirigenziale». Insomma: «l’esclusivaimputabilitàaidirigentidellaresponsabilità per l’attività gestionale», prevista dall’emendamento, indicherebbe che «sui dirigenti pesa solo la responsabilità per l’attività gestionale», senza interessare i politici, e non che «la responsabilità per l’attività gestionale pesa solo sui dirigenti». Le due traduzioni sembrano simili ma gli effetti sono diversi, perché la seconda escluderebbe ogni rischio per la politica in attività nelle quali è spesso impegnata.
L’applicazione, ovviamente, spetterà soprattutto ai decreti attuativi, ma su un punto delicato come quello delle responsabilità la definizione del principio di delega è fondamentale per orientare i provvedimenti e soprattutto i loro effetti concreti. Proprio su questo piano è suonato l’allarme nei giorni scorsi, a partire dai magistrati contabili e poi da esponenti dell’opposizione, Movimento 5 Stelle in prima fila. La distinzione fra compiti della politica e gestione amministrativa, infatti, esiste già nell’ordinamento ma sfuma spesso fino a scomparire nella pratica, soprattutto nelle amministrazioni territoriali dove sindaco e giunte si occupano di nomine, di contratti integrativi per i dipendenti, di rapporti con le partecipate e di tanti altri aspetti che rischiano di entrare a piedi pari nell’«attività gestionale».
Il giallo del salva-sindaci. Il relatore: non ci sono favori. Un emendamento della legge Madia addossa ai dirigenti la responsabilità di danni erariali
Tommaso Ciriaco. «Una sanatoria per salvare gli amministratori locali dal controllo della Corte dei Conti». È questa la denuncia del Movimento 5Stelle, secondo il quale nella riforma della pubblica amministrazione attualmente in Senato «c’è un emendamento della maggioranza che a una prima lettura sembra costruito ad arte per mettere nuovamente fine ai guai giudiziari di Renzi». Per i grillini, siamo di fronte a una «legge ad personam» che favorisce il premier, chiamato in causa dai giudici contabili per danno erariale. L’autore dell’emendamento, però, smentisce in modo deciso: «Non incide assolutamente sul caso del presidente del Consiglio», assicura il senatore del Pd Guido Pagliari, che è anche relatore della legge Madia. «Intanto è un criterio di delega — mette in chiaro —. E poi è una materia che non ha efficacia retroattiva».
La vicenda Renzi-Corte dei conti è nota. I giudici contabili contestano al premier delle irregolarità nella nomina di quattro dirigenti. All’epoca dei fatti Renzi era presidente della Provincia di Firenze. «Il 15 luglio dovrà affrontare una nuova udienza davanti alla Corte — ricorda il deputato M5S Riccardo Fraccaro — e con questo vergognoso salvacondotto potrà farla franca». In realtà, l’iter della legge è ancora lungo e molto probabilmente si completerà solo dopo l’arrivo della sentenza sull’inquilino di Palazzo Chigi.
Ma cosa prevede l’emendamento finito sotto i riflettori? Sancisce, così si legge nel testo, «il principio di separazione tra indirizzo politico-amministrativo e gestione anche attraverso l’esclusiva imputabilità agli stessi della responsabilità amministrativocontabile per l’attività gestionale». Per il Movimento, si tratta in estrema sintesi di uno scudo per gli amministratori locali. D’ora in poi, sostengono infatti i grillini, «per ogni danno erariale provocato da un ufficio o ente pubblico, la responsabilità esclusiva da un punto di vista della gestione amministrativo- contabile ricade solo e soltanto sul dirigente stesso e non su chi è a capo dell’ufficio preposto». Raggiunto telefonicamente, Pagliari nega questa interpretazione. «La disposizione — giura — vuole solo chiarire il quadro normativo esistente». E non rappresenta un potenziale salvacondotto per gli amministratori locali? «Assolutamente no. Anzi, con questo atto limitiamo la responsabilità del dirigente agli atti di gestione e non a quelli di indirizzo. Vogliamo solo circoscrivere l’ambito e cancellare una preoccupazione dei dirigenti. Resta la responsabilità degli amministratori per gli atti che creano danni erariali». Una delle ragioni che rendono necessario questo intervento nonostante una normativa già esistente, fa infine presente il senatore del Partito democratico, è da rintracciarsi anche in una certa «oscillazione » nell’interpretazione di alcuni casi da parte dei giudici contabili. D’ora in poi, assicura, sarà «eliminato ogni dubbio».
Il Sole 24 Ore e Repubblica – 24 e 25 gennaio 2015