Ci sono passaggi che vengono definiti meglio, come quello sulle camere di commercio: potrebbero essere accorpate in modo da arrivare ad un organismo per regione, con l’obbligo di destinare la metà dei risparmi a «interventi straordinari a favore delle imprese», come si legge nelle bozze del provvedimento. Altri sui quali il governo fa marcia indietro, come l’«esonero dal servizio», cioè il pensionamento anticipato di chi è vicino alla fine della carriera per aprire nuovi spazi ai giovani. Doveva essere la chiave per la famosa «staffetta generazionale» ma adesso il governo la ritiene «non opportuna» con la necessità di trovare in fretta un «piano B». E poi ancora una mossa tattica, per aprire una breccia nel muro che i sindacati stanno per alzare: la promessa che «dal prossimo anno», quando la riforma dovrebbe essere già approvata, si torni a parlare anche di rinnovo del contratto, dopo un blocco che va ormai avanti dal 2009.
Il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, convoca i sindacati per giovedì prossimo, vigilia del Consiglio dei ministri che dovrebbe portare all’approvazione della riforma della Pubblica amministrazione. Dovrebbe, perché ieri sono circolate voci di un possibile rinvio, anche se appare difficile che il governo faccia slittare un appuntamento annunciato con grande risalto più di un mese fa.
Tra le prima bozze che cominciano a circolare e il documento che il ministro Madia ha inviato ai sindacati, vengono fuori diverse novità rispetto al testo sottoposto per un mese alla consultazione pubblica. La marcia indietro sul pensionamento anticipato dei dirigenti pubblici è probabilmente legata alla contrarietà dei lavoratori del settore privato, per i quali non è stato ancora del tutto risolto il problema «esodati». Nel documento inviato ieri Madia scrive che a fronte di un «ritorno marginale» ci sarebbe stato il rischio di «nuove distorsioni». Niente «scivolo» fino alla pensione, dunque. Mentre dovrebbe restare in piedi la cosiddetta «opzione-donna», la possibilità di andare in pensione con i requisiti pre Fornero per le lavoratrici che scelgono il regime contributivo. Ma come costruire, allora, quella «staffetta generazionale» di cui si parla da tempo? La prima ipotesi è accelerare sulla cancellazione del cosiddetto trattenimento in servizio, cioè la possibilità di continuare a lavorare per due anni dopo l’età della pensione. Il governo pensava di liberare così 10 mila posti, ma coinvolgendo anche altri settori — come giustizia, sanità e università — si potrebbe arrivare almeno a 15 mila. Ma c’è anche un’altra ipotesi, che si incrocia con l’ammorbidimento del blocco del turnover , oggi limitato al 20% con un nuovo ingresso ogni cinque uscite. L’idea è di calcolare il rapporto fra entrate e uscite non in base al numero delle persone ma all’ammontare dei loro stipendi. Un cambiamento che, di fatto, farebbe venire meno la sacralità della pianta organica, aprendo la strada anche a nuovi esuberi. Definite le regole anche della nuova mobilità. Non solo perché viene eliminata, per gli spostamenti volontari, la necessità del nullaosta da parte dell’amministrazione di provenienza. Ma soprattutto perché il passaggio da un ufficio all’altro sarà possibile anche senza l’assenso del lavoratore interessato. A patto che sia conservato lo stesso stipendio e il «trasloco» avvenga entro certi limiti geografici.
Resta da sciogliere il nodo del numero delle Prefetture: l’ipotesi iniziale era di scendere a 40, una per regione con qualche deroga al Sud nelle zone a più alto rischio criminalità. Ma si ragiona anche su un numero più alto: 56. Non ci sono dubbi, invece, sul dimezzamento dei permessi sindacali. La spiegazione del ministero, nel documento inviato agli stessi sindacati, è l’unica che non arriva nemmeno ad una riga: «Il governo ritiene la misura necessaria». (Lorenzo Salvia – Corriere della Sera)
Pa, diventa più facile la mobilità. Spinta sul part-time per favorire i giovani, niente incarichi ai dirigenti in pensione
La riforma della pubblica amministrazione sarà al centro del super-venerdì del governo: nel Consiglio dei ministri in calendario al rientro di Renzi dall’Oriente saranno esaminati come promesso un decreto ed un disegno di legge per il riassetto dell’apparato statale, con al centro le 44 proposte sottoposte alla consultazione on line. Ma la distribuzione dei temi tra i due provvedimenti, ed anche molti dettagli, sono ancora in via di definizione. Il giorno prima, giovedì 12, il ministro Marianna Madia vedrà i sindacati. In un documento inviato loro in preparazione dell’incontro c’è una cauta apertura sulla possibilità di tornare a discutere sui contratti: come tema numero 45 viene infatti indicato proprio il rinnovo contrattuale, che del resto era stato oggetto di una parte consistente delle risposte inviate al ministero dagli stessi dipendenti.
IL DANNO AI LAVORATORI
Si riconosce che il blocco dei contratti ha prodotto «un danno ingiusto» ai lavoratori e in particolare a quelli con retribuzione più bassa; per questo il governo ritiene che il bonus da 80 euro al mese sia stato «di notevole utilità anche nel pubblico impiego». La conclusione è che «il tema della parte economica del contratto merita di essere affrontato a partire dal prossimo anno». In effetti il blocco dei rinnovi stabilito per legge termina nel 2014, ma finora (nel Documento di economia e finanza) il governo non ha previsto le necessarie risorse finanziarie, che quindi nel caso dovranno essere trovate.
Nel decreto legge saranno probabilmente inserite misure in tema di semplificazione (alcune verranno ripescate da provvedimenti dei precedenti esecutivi non giunti al traguardo) e di amministrazione digitale.
LE NORME URGENTI
Potrebbero avere carattere di urgenza una parte delle norme sulla mobilità del personale, e più specificamente quelle relative alla mobilità volontaria: sarà cancellato il nulla osta dell’amministrazione di provenienza, attualmente necessario nel caso in cui un dipendente chieda di trasferirsi. Resta l’intenzione di ricorrere alla mobilità anche quando non ci sia l’assenso dell’interessato, con la garanzia del mantenimento del trattamento economico e di un vincolo sulla distanza geografica.
LE IPOTESI PER LA STAFFETTA
Tra gli obiettivi annunciati da Madia c’è quello della staffetta generazionale, cioè l’immissione di forze fresche nella pubblica amministrazione. Sulle modalità sono ancora in corso approfondimenti. Rispetto alle scorse settimane è tramontata l’ipotesi di reintrodurre l’istituto – poco usato in passato – dell’esonero dal servizio, ovvero il collocamento a riposo prima della pensione con una quota di stipendio (ad esempio il 50 per cento). È confermata invece la volontà di abrogare un altro istituto, quello del trattenimento in servizio (cioè la possibilità di restare al lavoro anche dopo aver raggiunto il limite di età per la pensione); il governo conta di ricavarne 10.000 posti in più per i giovani. In questo stesso ambito è stato deciso di non permettere più a dipendenti in pensione di essere nominati ad incarichi dirigenziali, pratica a cui in passato si è fatto ricorso anche ad altissimo livello.
Per liberare posti per i giovani le amministrazioni potrebbero invece spingere sul ricorso al part time, finora non sempre facilissimo da ottenere (riguarda circa il 5 per cento del totale dei dipendenti). Questa linea si intervento si concilia con l’intenzione di rivedere i criteri del turn-over, mantenendo per le amministrazioni il vincolo finanziario ma rimuovendo quello legato al «computo delle teste». In altre parole con più lavoro a tempo parziale si libererebbero spazi per le assunzioni: il numero dei dipendenti potrebbe aumentare a spesa invariata. (Luca Cifoni – Il Messaggero)
10 giugno 2014