di Roberto Giovannini. Marianna Madia rilancia il suo progetto per ringiovanire la pubblica amministrazione: staffetta generazionale, no al blocco del turn over, più mobilità, garanzie per i vincitori di concorso e punteggi aggiuntivi per i precari. Nel corso di un’audizione alla Camera il ministro della Pubblica amministrazione si è detta pronta a «un confronto innovativo di idee con le parti sociali». E soprattutto ha spiegato di aver chiarito tutto con la sua collega dell’Istruzione Stefania Giannini: «Ho parlato con il ministro – ha detto – non c’è nessuna intenzione di mettere in contrapposizione giovani e anziani, tutt’altro. C’è la volontà di avere delle uscite non traumatiche di persone molto vicine alla pensione affinché, in modo selettivo, entrino giovani». L’amministrazione, ha affermato Madia, «ha bisogno di cambiamento, di rinnovamento e di nuove competenze fresche».
Per questo «la prima azione» sarà quella della staffetta, che – ha assicurato – non provocherà disastri: «Va avviato un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e, più in generale, dei dipendenti vicini alla pensione, per favorire l’ingresso di giovani. Se non si fa, non ci può essere il rinnovamento» del comparto, «ma la sua agonia». Ovviamente c’è un problema di costi previdenziali, ha ricordato in un’altra audizione Francesco Massicci, della Ragioneria generale dello Stato.
L’idea del ministro dunque è quella di programmare più uscite per ogni nuovo ingresso, citando come esempio un rapporto tra 3 uscite e 1 assunzione, anche «se non so se sarà questa la proporzione». La «staffetta» oltre al rinnovamento «garantirebbe un risparmio complessivo per le casse dello Stato, dato dalla differenza tra gli stipendi attualmente pagati e quelli dei neo assunti, al netto della spesa per le pensioni erogate in anticipo», mentre altre risorse per finanziare questo piano verranno da risparmi aggiuntivi sulla spesa per il settore, dagli stipendi dei dirigenti alla struttura delle partecipate. Tra le priorità del ministro c’è anche «il drammatico problema dei precari», una platea di centinaia di migliaia di persone, per i quali Madia pensa che «la soluzione più idonea da percorrere sia il riconoscimento a questi soggetti di un certo punteggio nei futuri concorsi, aperti a tutti, che verranno banditi in applicazione del progetto “staffetta generazionale”».
Per il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, è «giusto favorire il turnover dei giovani. Ma prima serve un vero e proprio piano industriale». Mentre il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, pur considerando la staffetta una «buona idea», intravede il rischio che si operi «un taglio lineare». Il ministro aveva ricordato che gli 80 euro in più in busta paga grazie alla manovra Renzi «di fatto significano, per il pubblico impiego, l’equivalente di un rinnovo contrattuale che altrimenti non sarebbe stato possibile». In pratica, niente contratto: una tesi, quella dello scambio tra riduzione dell’Irpef e rinuncia al rinnovo contrattuale per i dipendenti pubblici, fermo dal 2009, che per la Funzione Pubblica Cgil è «una beffa». (La Stampa – 3 aprile 2014)
La Ragioneria frena Madia: i prepensionamenti costano
Il prepensionamento di dipendenti pubblici, da sostituire con nuovi assunti, avrebbe un costo perché lo Stato dovrebbe pagare una pensione, uno stipendio, gli effetti del prepensionamento e la buonuscita. Nello stesso giorno in cui il ministro Maria Anna Madia illustrava alla Camera la sua ipotesi di “staffetta generazionale” nella Pa, inserita nelle linee programmatiche del Governo in materia di pubblico impiego, l’ispettore generale per la spesa sociale della Ragioneria, Francesco Massicci, in un’audizione davanti alla Commissione di vigilanza sugli enti previdenziali ha chiarito, sia pure indirettamente, che l’operazione avrebbe un costo. Se si manda via una figura «diventata obsoleta, che non si deve rimpiazzare», il costo «è neutrale», è stato il ragionamento di Massicci, perché lo stipendio si trasforma in pensione. «Ma la condizione viene meno se viene mandata via una figura che dev’essere sostituita». Una riflessione da non interpretare come risposta diretta al progetto Madia, anche perché c’è un gruppo di lavoro aperto sul dossier cui partecipano, oltre al ministero della Pa, quello del Lavoro, l’Inps e la stessa Ragioneria generale dello Stato. «Non faremo nulla senza di loro o contro di loro» ha detto il ministro precisando che l’ipotesi di un turn over «tre a uno è solo un esempio che ho fatto per far capire le persone».
Il problema che si vuole affrontare è quello dell svecchiamento del pubblico impiego perché, ha aggiunto Madia, «abbiamo troppe alte qualifiche anziane e dobbiamo riaprire il turn over, facendo entrare meno persone con qualifiche diverse». Si vedrà.
Ieri intanto l’Istat ha diffuso il consueto report sulle pensioni . Anche nel 2012 la spesa previdenziale misurata dall’Istituto di statistica, che comprende tutte le prestazioni Inps, le rendite Inail e le pensioni pagate dalla casse privatizzate, è risultata in aumento. Il gradino è dell’1,8% rispetto all’anno precedente, e la sua incidenza sul Pil è cresciuta di 0,45 punti percentuali (dal 16,83% del 2011 al 17,28% del 2012). In termini finanziari l’aggregato, leggermente sovrastimato rispetto ai numeri del bilancio Inps, è di 270,7 miliardi e non incorpora, se non in minima parte, i primi effetti della riforma Fornero del novembre-dicembre 2011. Effetti che invece dovrebbero iniziare ad emergere dalla Relazione Inps sull’anno 2013, che verrà presentata dal commissario straordinario, Vittorio Conti, il 10 luglio. Nel 2012 l’importo medio annuo degli assegni è stato pari a 11.482 euro, 253 euro in più rispetto al 2011 (+2,3%), da qui l’aumento della spesa complessiva nonostante la diminuzione dei trattamenti in pagamento (-0,5%).
Guardando alla distribuzione dei redditi tra pensionati si ritrova la consueta piramide con la larga base di quattro pensionati su dieci che incassa meno di mille euro al mese (sette milioni di titolari). Il 33,9% delle pensioni è di importo mensile inferiore a 500 euro (l’11,2% sulla spesa ) e una quota analoga (33,3%) raggruppa le prestazioni con importo tra i 500 e i mille euro. Al crescere degli importi crolla il numero degli assegni: si passa dal 22,4% dei trattamenti di importo compreso tra 1.000 e 2.000 euro, al 2,9% di quelli che superano i 3mila euro mensili (il 13,4% della spesa complessiva). (Il Sole 24 Ore – 3 aprile 2014)