La normativa esistente in materia di lavoro e previdenza si mostra incapace, fino ad oggi, di tenere in conto la specificità della condizione femminile. Lo ricorda l’Onorevole Maria Luisa Gnecchi (Pd) nel corso dell’indagine conoscitiva sull’impatto in termini di genere della normativa previdenziale e sulle disparità esistenti in materia di trattamenti pensionistici tra uomini e donne avviata dalla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.
L’Onorevole punta il dito soprattutto sulla mancanza di attenzione da parte del legislatore alle esigenze delle lavoratrici. La circostanza che la legge Monti-Fornero “preveda che, con riferimento a coloro che sono stati iscritti ad una gestione previdenziale dopo il 1° gennaio 1996, se non si arriva con la pensione contributiva a maturare un trattamento pari a una volta e mezza l’assegno sociale (circa 672 euro ndr), si vada in pensione a settant’anni, ovviamente comporta che la stragrande maggioranza delle donne andrà in pensione a settant’anni”.
Oltre ai problemi sull’età pensionabile la Gnecchi ha ricordato anche come le prestazioni delle lavoratrici risultino mediamente inferiori del 30% rispetto a quelle dei colleghi uomini. “La mancanza di adeguate misure di conciliazione, non previste per esempio dalla riforma del Governo Monti, l’assenza di sostegno al lavoro di cura svolto dalle donne nella famiglia, la maggiore aspettativa di vita, che implica una vita più lunga, ma in stato di salute relativamente peggiore, sono tutti aspetti di un contesto che non è favorevole alla condizione femminile e sui quali risulta necessario intervenire” conclude l’Onorevole.
Non a caso il ddl 1881 proposto dalla Gnecchi ed attualmente in discussione in Commissione Lavoro propone, tra i vari interventi da apportare al capitolo previdenziale, la possibilità per le lavoratrici di ottenere un accredito figurativo di 12 mesi e sino ad un massimo di 60 mesi per ogni 8 anni di contributi versati, benefici che salgono a 15 mesi (sino ad un massimo di 72 mesi) per le donne che lavorano e risiedono nelle regioni del sud. Vantaggi che si accoppiano con uno sconto di due anni sulla pensione di vecchiaia per ogni figlio naturale o adottivo e di tre anni per ogni figlio naturale o adottivo con disabilità grave. Nel ddl anche un anticipo di tre anni per la pensione di vecchiaia e ferma restando l’età minima di 60 anni per i caregiver, cioè coloro che assistono i parenti disabili. Due temi che la Gnecchi punta ora ad includere in un prossimo intervento sulle pensioni che entro fine anno dovrebbe essere sostenuto dal Governo.
Pensioni oggi – 11 agosto 2015