Mentre ricomincia da capo l’iter per il nuovo ospedale di Padova, i preliminari per la riforma di Sanità e Sociale tracciata dal progetto di legge 23 presentato dal governatore Luca Zaia procedono spediti. Dopo settimane di audizioni dei direttori generali delle Usl e delle parti sociali, oggi la V commissione del Consiglio regionale esaminerà il maxiemendamento lanciato dalla maggioranza, che ripristina il direttore del Sociale cancellato dalla bozza di riforma, pone l’Azienda Zero sotto il controllo di giunta e assemblea di Palazzo Ferro Fini e restituisce dignità e ruolo alla Conferenza dei sindaci.
Per il momento non sarà invece discusso il piano di riorganizzazione della sanità cittadina preparato dalla Scuola di Medicina e sottoposto all’attenzione di Zaia, del rettore Rosario Rizzuto, dei medici e delle altre professioni sanitarie ma non formalizzato in un atto scritto ufficialmente indirizzato alla commissione.
«Lo inseriremo nei protocolli d’intesa Azienda ospedaliera-Università entro sei mesi dall’approvazione del pdl 23 — chiarisce il professor Santo Davide Ferrara, presidente della Scuola di Medicina —. L’Ateneo la sua proposta razionale l’ha fatta, ora spetta alla politica recepirla». Scendiamo allora nel dettaglio del progetto. L’Azienda ospedaliera diventerebbe il riferimento cittadino e ingloberebbe le strutture dell’Usl 16 che insistono sul territorio comunale, cioè Sant’Antonio, presidio sociosanitario ai Colli e Distretti. L’Usl dovrebbe invece coordinare la sanità del resto della provincia, quindi ospedali e servizi territoriali di Piove di Sacco, Este, Monselice, Cittadella, Conselve e Camposampiero. «Nascerebbe così la nuova Azienda ospedaliero-universitaria — conferma il professor Ferrara — che però non avrebbe nulla a che fare con il modello di Azienda ospedaliera universitaria integrata esistente a Verona. Quella da noi delineata è una struttura di ricovero e cura, prevenzione, diagnosi e riabilitazione capace di garantire al paziente la migliore efficienza assistenziale e di porre le condizioni più idonee alla didattica, grazie all’integrazione ospedale-Ateneo-territorio. Una formula che assicura la formazione al top dello studente e anche del medico strutturato, incarna il modello di Medicina moderna e conta sulla collaborazione dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta».
Il terzo passaggio del protocollo coinvolge l’Istituto oncologico veneto, che ovviamente non può essere ricompreso dall’Azienda ospedaliera, perché Irccs, cioè Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico nazionale, dunque finanziato dallo Stato con fondi a parte. «E’ un istituto di rete che serve tutta la regione — precisa Ferrara — e quindi occorrerà un coordinamento con gli altri presidi di Padova e i poli di Treviso, Venezia, Vicenza e Rovigo in cui è presente la Scuola di Medicina. Noi abbiamo pensato a un comitato coordinatore che raggruppi i direttori generali delle Usl con cui la Scuola abbia rapporti, il dg dello Iov, quello dell’Azienda Zero e il sindaco di Padova. Questa rete si rivelerà fondamentale anche per la ricerca — aggiunge il presidente della Scuola di Medicina — che necessita di grandi numeri, riferiti alla popolazione sana e a quella malata. Un policlinico universitario e una Scuola di Medicina di alto livello come la nostra devono poter contare su una massa critica importante».
Va detto che il piano dell’Università è riferito all’Azienda ospedaliero-universitaria del futuro, quindi proiettata sul nuovo ospedale di Padova. Legato però a tempi sempre più lunghi quindi, se approvato dalla Regione, il protocollo dovrà nascere tra le mura di quello attuale.
Il Corriere del Veneto – 10 novembre 2015