Settantacinquemila fogli. Tanti ne sono stati stampati finora in consiglio regionale per dare spazio agli emendamenti al «pdl 23», la riforma che dà vita all’Azienda Zero e riduce le Usl da 21 a 9 (una per provincia più Bassano e il Veneto Orientale). A volerli mettere uno sopra l’altro, raggiungerebbero l’altezza di una palazzina di tre piani. E ancora non è finita. Perché a sentire l’opposizione l’ostruzionismo che già si protrae da due giorni andrà avanti ancora a lungo, almeno fino a quando il governatore Luca Zaia non accetterà di rimettere mano al testo, peraltro già modificato in commissione Sanità (dove è rimasto per 17 sedute, un anno) col ripristino della direzione del Sociale, la salvaguardia del ruolo delle conferenze dei sindaci e il mantenimento della programmazione e del controllo in capo alla giunta e al consiglio, anziché all’Azienda Zero. «In commissione, grazie anche alle audizioni che ci hanno dato ragione in toto, abbiamo vinto il primo tempo – dice il dem Claudio Sinigaglia – ma ora, in aula, si tratta di vincere la partita».
E l’ostruzionismo è l’arma scelta per ricondurre la maggioranza a più miti consigli. «Abbiamo il dovere di lottare per la metà dei veneti che non si sentono rappresentati da Zaia – prosegue Alessandra Moretti – vogliamo difendere un modello, quello sociosanitario, che è un’eccellenza: può essere riformato ma non stravolto a colpi di maggioranza». La piattaforma dell’opposizione conta 8 punti: rispetto dei principi di equità e universalità, senza derive aziendali; no alla gestione in capo all’Azienda Zero dell’intero budget sanitario, 8 miliardi di euro l’anno; tessera sanitaria elettronica per tutti; no a nuovi project financing (a cominciare dal nuovo ospedale di Padova); mantenimento del servizio ispettivo in capo al consiglio, così da garantire la massima trasparenza; potenziamento delle medicine di gruppo, degli ospedali di comunità e degli organici di medici e infermieri; previsione di conferenze dei sindaci e coordinatori del Sociale distrettuali anziché provinciali; abbassamento delle rette delle case di riposo.
«Non voteremo mai questa delega in bianco alla giunta, che si riserva mano libera su eventuali futuri aggiustamenti – rincara la “tosiana” Giovanna Negro -. Che fine ha fatto l’abolizione dei ticket promessa da Zaia in campagna elettorale? Perché la provincia di Verona, che conta un milione di abitanti, deve avere una Usl come Bassano?». «E come si fa a dire che quest’ultima è stata salvata “perché gli hanno portato via il tribunale” come ha detto Zaia? Ma che ragionamento è?» s’infervora Andrea Bassi, “tosiano” pure lui. Negro insiste sulle rette delle case di riposo: «La Regione paga 24.143 quote ma le richieste sono oltre 27.000. Il 15%, insomma, è totalmente a carico delle famiglie, senza alcun aiuto».
Per Jacopo Berti, capogruppo dei Cinque Stelle, «la salute dei veneti è in pericolo» perché «l’equivalente di due Mose all’anno, e cioè 8 miliardi, se passa il pdl 23 saranno nelle mani di una persona soltanto, messa a capo dell’Azienda Zero in un regime di controlli molto opachi. Stiamo parlando dei soldi necessari per costruire gli ospedali, per curare i veneti». A proposito di ospedali: il pentastellato, più degli altri speaker di minoranza, si oppone radicalmente a qualunque nuovo project, «specie se gestito dall’Azienda Zero, come previsto dalla riforma. Zaia ha preso in giro i veneti quando un anno fa ha detto “stop ai project”?».
Non su tutto, però, l’opposizione ha una visione univoca e questo vale in particolare per il numero delle Usl, uno dei due pilastri del pdl 23. Il Pd chiede infatti che il numero sia deciso sulla base di uno studio che approfondisca i flussi. I tosiani, come detto, spingono per una revisione su Verona. Mentre i Cinque Stelle si dicono «tendenzialmente d’accordo» con la previsione della maggioranza ma chiedono lo stralcio dell’Azienda Zero perché, avvertono, «con quella di mezzo è impossibile trovare qualunque tipo di accordo».
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 23 giugno 2016