I «piani alti» della sanità le difendono a spada tratta, le associazioni e i sindacati dei medici si mostrano apertamente critici. Martedì la giunta regionale ha approvato in via definitiva, dopo le modifiche operate in quinta commissione, le schede di dotazione ospedaliera, mettendo così la parola fine, almeno per quanto riguarda la «teoria» al nuovo piano socio sanitario.
Un giorno dopo e arriva già il primo miracolo: tutte le sigle di quanti lavorano in ambito medico si trovano e firmano, sotto l’egida dell’ordine dei medici un documento comune. Che lancia un allarme: «La riorganizzazione ospedaliera regionale – si legge – non può realizzarsi senza una pari riorganizzazione dell’assistenza medica sul territorio, pena il lasciare ampie fasce di popolazione senza possibilità di cura, scaricando sulle famiglie il peso di un’assistenza che il sistema pubblico non è più in grado di garantire». E ancora, le sigle denunciano «all’opinione pubblica lo stato di progressiva e costante riduzione delle risorse disponibili che costringe i medici a esercitare la professione ogni giorno in condizioni di aumentato rischio». Parole che suonano quasi come una bocciatura. Per il presidente dell’ordine dei medici scaligero, Roberto Mora «il fatto che tutte le sigle siano riuscite a superare le divisioni, cosa che non è mai avvenuta, è epocale e lascia immaginare quanto sia seria la nostra preoccupazione al riguardo. Il fatto è che sulla riorganizzazione territoriale la politica non ce la sta dicendo giusta: sono stati fatti i tagli, ma mancano gli investimenti nel territorio. Si rischia di avere malati dimessi che non sanno dove andare per proseguire le cure. Una situazione analoga a quanto accaduto all’indomani della legge Basaglia, che chiuse gli ospedali psichiatrici: non c’era un posto dove far andare quei pazienti. Adesso, però, tocca a tutti quanti». Lamenta la mancata proporzione «tra assistenza ospedaliera e territoriale» anche Anna Tomezzoli, dell’Anaao, uno dei sindacati più rappresentativi dei medici ospedalieri, che aggiunge «anche sui cambiamenti avvenuti all’interno delle singole strutture non si è voluto sentire il personale medico».
Sull’altro fronte, l’assessore alla Sanità Luca Coletto e i direttori generali delle tre Usl Veronesi (Maria Giuseppina Bonavina, per la 20, Francesco Piccoli per la 21, Alessandro Dall’Ora per la 22 e Sandro Caffi per l’azienda ospedaliera) si dicono molto soddisfatti per la chiusura dell’iter. «Siamo passati da un regime di tagli orizzontali ad una serie di razionalizzazioni con investimento nel territorio. Ora chiediamo al governo più certezza nell’erogazione delle risorse: in particolare sono necessari i fondi, previsti per sei miliardi per mettere a norma antisismica le strutture». Per Bonavina la schede «fotografano quanto vogliamo mettere in campo per il territorio». Per Dall’Ora e Piccoli «non si può parlare di tagli. I posti letto eliminati (150 in provincia, ndr) c’erano di diritto e non di fatto: ovvero non utilizzati anche per questioni economiche, oltre che per l’avvento di nuove modalità di cure mediche». Per la provincia, le schede confermano quanto già si sapeva: confermano la chiusura di Zevio e il polo a «due gambe» di Bussolengo, con l’ospedale chirurgico a Villafranca. C’è, però, un grande vincitore: l’azienda ospedaliera, si «porta a casa» sette apicalità (ovvero unita operative con primario) in più rispetto al previsto: la doppia neurologia, Neuroriabilitazione, Angiologia, Terapia del dolore, Reumatologia e chirurgie specialistiche per il pancreas, l’esofago e lo stomaco. Non ci sarà, invece, la doppia oncologia.
«Confermata quella universitaria al policlinico – spiega Caffi – ma non ci sarà nessun disagio per gli utenti: i servizi continueranno regolarmente anche a Borgo Trento». Stralciate dalla quinta commissione, invece, le schede che riguardano i servizi d’emergenza e di soccorso medico. «Nessuna irregolarità – spiega Coletto- era necessari semplicemente implementare prima i cambiamenti negli ospedali». Si farà luce in un secondo tempo, dunque, sulla dotazione di alcuni servizi come il 118 e i punti ambulanza, una voce di spesa notevole nei bilanci delle aziende sanitarie.
Davide Orsato – Corriere di Verona – 21 novembre 2013