Ridisegnare le carriere, gestionali e soprattutto professionali, della dirigenza sanitaria nel suo complesso intervenendo sull’uso dei fondi contrattuali e garantendo la parità di genere; potenziare il ruolo di indirizzo e garanzia del contratto nazionale assegnando una giusta rilevanza alla contrattazione aziendale; prevedere un modello di coperture assicurative minime omogeneo sul territorio nazionale; adeguare la disciplina dell’orario di lavoro in base alle direttive Ue sui riposi prevedendo le opportune deroghe; semplificare il sistema dei fondi contrattuali con l’obiettivo di creare un fondo unico; stabilire i presupposti per una effettiva compartecipazione del personale nella lotta agli sprechi nel sistema sanitario.
Dopo due trienni di blocco della contrattazione sono queste alcune delle proposte contenute nell’atto di indirizzo per il triennio contrattuale 2016-18 per il personale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria approvate dal Comitato di settore Regioni e sanità.
I rinnovi contrattuali della dirigenza, è l’assunto di base del documento, devono diventare «funzionali» ai processi di riorganizzazione in atto del Ssn, in primis il nuovo modello per intensità di cura degli ospedali e la riparametrazione del rapporto ospedale-territorio. E sullo sfondo, ma non troppo, i cambiamenti che questi nuovi modelli hanno già prodotto sul personale, come la riduzione degli incarichi di «alta gestione», che hanno portato al taglio di 2mila direttori di struttura complessa su 9mila e all’aumento delle condizioni di disagio. Tra le priorità sottolineate dalla parte pubblica c’è anche la necessità di rispondere a una delle criticità più rilevanti osservate dai sindacati in questi anni: la totale mancanza di «certezza attuativa».
Criticità che andrà superate riducendo «lo spazio interpretativo del livello aziendale alle disposizioni riservate alla contrattazione nazionale, rafforzando le garanzie reciproche di applicazione dei contratti individuali che devono affermarsi in una loro completa estensione sul territorio nazionale e devono contenere con una stringente precisione l’insieme delle regole che governano, in applicazione del Ccnl, il rapporto tra singolo professionista e datore di lavoro, al fine di evitare i contenziosi e dare le dovute e reciproche certezze».
Riguardo la disponibilità di risorse, l’atto di indirizzo prevede limitati spazi di manovra. «Le Regioni – si legge nel testo – potranno destinare, esclusivamente al personale direttamente e proficuamente coinvolto nei processi di ristrutturazione, miglioramento organizzativo e razionalizzazione, parte delle economie aggiuntive conseguite con rispanni sui costi per le risorse umane e individuare specifici e ulteriori criteri premiali per il personale coiiwolto in progetti innovativi, principalmente mirati alla riduzione delle liste di attesa, alla piena e qualificata erogazione dei Lea e alle condizioni di lavoro».
Ma tali risorse dovranno premiare i risultati senza diventare in alcun modo «voci irreversibili» della retribuzione. Sulle carriere va individuata una soluzione contrattuale «che risponda al crescente (nella realtà e nel percepito) sbilanciamento tra competenza gestionale e quella professionale» e vanno fissate norme più stringenti per l’attuazione della parità di genere nell’attribuzione degli incarichi dirigenziali. I trattamenti economici tra i due percorsi dovranno essere equiparabili: «gli incarichi professionali e di alta professionalità, con la dovuta graduazione contrattuale, abbiano omogenea dignità giuridica e la stessa parametrazione economica di quelli gestionali, compresi quelli di struttura complessa, anche in considerazione della prevista ed estesa riduzione degli incarichi di unità semplice e di unità complessa».
Sugli orari di lavoro si cerca un compromesso tra rispetto dei paletti Uè e deroghe possibili. Ed è previsto un graduale passaggio a un’organizzazione del lavoro effettivamente basata su obiettivi e risultati verificati in modo stringente. Considerando, nel contempo, in modo organico tutte le variabili che incidono sul monte orario (standard, apertura servizi, organici, negoziazione degli obiettivi prestazionali). Fari puntati in particolare sui servizi di guardia medica e di pronta disponibilità e sulle ricadute della turnazione notturna. Forti perplessità da parte di Anaao Assomed. Sia per l’assoluta incertezza delle risorse economiche sia sull’orario di lavoro: «Sembra quasi che le Regioni – sottolinea il sindacato – sulle regole europee relative all’organizzazione del lavoro stiano preparando una sona di Italexit».
Rosanna Magnano – Il Sole 24 Ore sanità – 19 luglio 2016