Nella fascia di reddito annuo tra i 23 e i 26mila euro, che danno diritto al bonus mensile di 80 euro introdotto dal governo Renzi, ci sono circa 363mila dipendenti pubblici; e per garantire loro il salvataggio di questa erogazione – che rischia di essere intaccata dal nuovo Ccnl – sarebbero necessari quasi 200 milioni di euro (compresi gli oneri previdenziali). Le prime stime arrivano dall’Aran, l’Agenzia che rappresenta il governo nelle trattative negoziali, e sono state comunicate ieri, dal presidente, Sergio Gasparrini, ai sindacati confederali alla ripresa del confronto sul rinnovo dei contratti pubblici.
Il punto, in discussione da tempo, è che gli 85 euro mensili di incremento medio previsto (per il nuovo contratto nazionale) rischiano di far superare la soglia che da diritto agli 80 euro: «Di qui l’opportunità di delineare in modo abbastanza preciso la dimensione del fenomeno – ha spiegato al Sole24Ore, il presidente dell’Aran, Gasparrini -. L’impegno economico (circa 200 milioni, ndr) non è particolarmente significativo se confrontato con l’intera massa retributiva. Sarà poi necessario individuare il meccanismo per evitare decurtazioni nelle buste paghe degli interessati». Tra le soluzioni tecniche ipotizzate ieri con i sindacati c’è anche l’eventuale riconoscimento, nel cedolino, di un elemento distinto della retribuzione (del resto, per annullare l’effetto di riduzione degli 80 euro collegato ai rinnovi, sempre secondo l’Aran, occorrerebbero in media 3,70 euro al mese a testa).
Nel primo faccia a faccia, dopo la pausa estiva, si è discusso anche di welfare contrattuale. «Abbiamo iniziato a ragionare su come estendere lo strumento, e i suoi vantaggi fiscali, anche nel pubblico impiego – ha aggiunto Gasparrini -. Anche qui, si dovranno valutare i costi e le corrispondenti coperture nell’ambito delle risorse dedicate al contratto. Ma personalmente ritengo che il tema di beni e servizi, dalla previdenza alla sanità integrativa, all’istruzione dei figli, a vantaggio del benessere dei dipendenti debba trovare uno spazio adeguato anche nella Pa, visto il crescente appeal riscontrato nel privato. Penso per esempio al nuovo contratto dei metalmeccanici».
Il confronto con i sindacati proseguirà già nei prossimi giorni, a livello di singolo comparto: il 31 agosto toccherà alle Funzioni centrali (ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici); la prossima settimana sarà la volta della Sanità (l’Aran ha già ricevuto il relativo atto d’indirizzo); e successivamente si entrerà nel vivo anche negli altri due comparti «Enti locali» e «Scuola, università e ricerca».
Le sigle sindacali premono per fare chiarezza, in primis sulle risorse: «L’incremento medio previsto per tutti i lavoratori pubblici non inferiore a 85 euro medi – ha detto Franco Martini (Cgil) non può essere intaccato dalla questione 80 euro, e non si può risolvere il tutto attraverso altre vie, come il welfare». Sulla stessa lunghezza d’onda, Antonio Foccillo (Uil): «Gli 85 euro medi mensili rappresentano solo l’aumento contrattuale. Non siamo disponibili ad altre soluzioni».
Claudio Tucci – Il Sole 24 Ore – 29 agosto 2017