Al Movimento tolti 6 vicepresidenti su 8, Di Battista e Toninelli compresi: «Tra i partiti intese sottobanco». Tutto come previsto, o quasi. Cambiano a metà percorso i presidenti delle 14 commissioni permanenti della Camera, votati dai rispettivi componenti, e le attuali opposizioni che alla loro formazione facevano parte del governo Letta, perdono le presidenze che erano state loro assegnate.
Spoil system applicato senza eccezioni, insomma, e chiusura ufficiale della stagione delle larghe intese. Succede così che Forza Italia debba rinunciare alla Camera alla guida delle commissioni Affari costituzionali (da Sisto a Mazziotti di Scelta Civica), Bilancio (da Capezzone, oggi con Fitto, a Bernardo di Area Popolare), Cultura (da Galan alla pd Piccoli Nardelli) e Difesa (da Vito al pd Garofani).
Scelte che suscitano fra gli azzurri qualche polemica, come quella sulla sostituzione di Vito che si pensava potesse essere confermato in nome di una politica bipartisan sui grandi temi di coesione nazionale come la difesa: secondo Gasparri si è assistito a un «atto di arroganza», per Toti la «collaborazione e condivisione è solo a parole, la lottizzazione è nei fatti: ecco il Pd». E anche Capezzone considera «questo calciomercato delle commissioni molto deludente».
Ma a sparare ad alzo zero contro il partito del premier che riconferma tutti i suoi presidenti mandando un messaggio di pace alla minoranza interna (i cui esponenti restano al proprio posto a partire da Boccia alla commissione Bilancio) e ne aggiunge altri due è soprattutto il M5S.
Fra i grillini, se non è azzeramento poco ci manca: degli 8 vicepresidenti eletti due anni e mezzo fa, ne restano in carica solo 2 (alle commissioni Agricoltura e Giustizia), e fra i reduci in carica rimangono appena 4 segretari. Fuori da ruoli di peso sia in termini politici sia di prestigio (auto, indennità economiche, staff) anche big del Movimento come Toninelli e Di Battista, che assieme ai colleghi rivendicano di essere «ancora una volta l’unica forza politica che non scende a patti per avere poltrone».
È «uno squallido siparietto di partiti che fanno finta di litigare per poi accordarsi sottobanco e occupare le poltrone» quello che è andato in scena ieri, denuncia il capogruppo alla Camera Francesca Businarolo, puntando il dito contro «Lega, Sel, Fratelli d’Italia e perfino Alternativa libera» che si sarebbero accordati per votare propri rappresentanti a vice presidenti e segretari. E per loro parte la sfida: «Prendano esempio da noi: rinuncino alle indennità di funzione, così la Camera risparmierà 160 mila euro l’anno».
Mentre il pd Ermete Realacci, riconfermato all’Ambiente, annuncia che continuerà a rinunciare alla sua indennità, è comunque clima teso anche all’interno dei singoli partiti. FI con Brunetta aveva chiesto di non toccare almeno le vice presidenze azzurre, e i numeri infatti non cambiano, ma tra le correnti è bagarre: passano infatti la Polverini, la Bergamini e Abrignani ma arriva il fittiano Palese alla vicepresidenza della Bilancio e il verdiniano D’Alessandro perde il ruolo di segretario alla Giustizia in favore del leghista Molteni .
P.D.C. – Il Corriere della Sera – 22 luglio 2015