Rush finale per la riforma del lavoro e traguardo raggiunto per la Legge di Stabilità. La prima manovra del governo Renzi ieri, dopo un esame lampo, è stata approvata in via definitiva alla Camera. Domani, vigilia di Natale, il Consiglio dei ministri varerà anche i due primi decreti del Jobs Act: uno introdurrà il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, l’altro riformerà l’Aspi, l’ammortizzatore sociale nato dalla riforma Fornero, che ora sarà allungato nella durata ed esteso nella platea.
Per la nuova Aspi, in realtà, non sono ancora state definite le risorse necessarie, tanto che il varo del decreto attuativo non è scontato e potrebbe risolversi con la formulazione di uno schema da definire meglio dopo le feste. Qualche nodo da sciogliere resta anche nel contratto a tutele crescenti, che cambierà profondamente le norme riguardanti i licenziamenti e gli indennizzi per i nuovi assunti. «Per il Cdm avremo tutto pronto» ha assicurato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in realtà contatti e confronti sono ancora in corso. Il nuovo contratto interviene a fondo sull’articolo 18: per i nuovi assunti il reintegro sul posto di lavoro per licenziamento ingiustificato sarà possibile solo in caso di subita discriminazione o se – nel caso in cui vi sia stato un licenziamento ingiusto per motivi disciplinari – il giudice stabilirà che «il fatto materiale è insussistente». Per le altre tipologie di ingiusto licenziamento disciplinare e nei casi di uscita per motivi economici, l’azienda non riassumerà, ma sarà chiamata a versare un indennizzo. L’entità del risarcimento aumenterà in base all’anzianità retributiva, considerando il versamento di 1,5-2 stipendi l’anno fino ad un massimo di 24. Per licenziamenti entro i primi 12 mesi ci sarà un tetto minimo di 4 mensilità. La polemica attorno a tali norme – sui quali si è diviso il Pd e Cgil e Uil hanno incrociato le braccia lo scorso 12 dicembre con uno sciopero generale – resta alta. Cesare Damiano, Pd, chiede al governo di scrivere il Jobs Act «anche con la mano sinistra».
Repubblica – 23 dicembre 2014