La sanità del Veneto, declassata con colpo di mano dal ministero della Salute dalla top five della regioni virtuose, si sta preparando alla rivoluzione imposta dall’Azienda Zero. La fase di interregno è conclusa con un bilancio positivo nella riduzione dei costi dei dirigenti e in queste ore sulle scrivanie dei Direttori generali girano i dossier con gli organigrammi delle strutture pronte a decollare dal primo gennaio 2018: l’unificazione diventa realtà. Una riorganizzazione dei servizi, concordata passo dopo passo con la Regione, che in ottobre ha ricevuto i piani sottoposti all’analisi del Crite, l’organismo tecnico guidato dal top manager Domenico Mantoan.
«Sdrammatizziamo, gli ospedali e gli ambulatori funzioneranno in maniera eccellente come sempre», spiega Fabrizio Boron, presidente della Commissione Sanità, «i manager stanno solo preparando il nuovo Atto Aziendale, il documento costitutivo che farà nascere le 12 Usl: 9 quelle territoriali, più lo Iov e le due Aziende Universitarie di Padova e Verona. Una tappa fondamentale sotto il profilo giuridico-amministrativo preliminare alla riorganizzazione dei servizi. L’Azienda Zero si occupa degli appalti, dei concorsi del personale e il prossimo in agenda riguarda l’assunzione degli infermieri: si fa un solo concorso per tutto il Veneto. La razionalizzazione avviata dalla giunta Zaia ha dato i risultati sperati e l’ultimo appalto relativo alle Tac si è concluso con un ribasso del 30% grazie alla centrale unica degli acquisti» conclude Boron.
Tutto così semplice? A leggere le cifre, emerge che con la cura dimagrante imposta da Zaia che ha ridotto da 24 a 12 le aziende sanitarie del Veneto, il conto più salato l’hanno pagato 200 dirigenti di prima fascia, rimasti con i loro incarichi in ufficio ma di fatto demansionati con premi integrativi ridotti e carriere bloccate. Si tratta di figure di primo piano sotto il profilo amministrativo e tecnico: tanto per fare un esempio, basta un solo ingegnere responsabile del Ced per ogni provincia, mentre prima ce n’erano 22, uno per ogni Usl.
Ora che accadrà? «Le linee guida sono state ampiamente discusse in Commissione Sanità», spiega il vicepresidente Claudio Sinigaglia (Pd), «e le 9 Usl territoriali stanno solo approvando i piani esecutivi in attesa del via libera definitivo del Crite, guidato da Mantoan. La formula organizzativa scelta dal Veneto punta a diversificare timidamente l’offerta dei servizi oltre la struttura ospedaliera», dice Sinigaglia. «Bisogna fare di più. Proprio per questo sono stati creati sei dipartimenti territoriali con 20 figure apicali in questi settori: area dell’infanzia e famiglia con i consultori; area delle cure primarie; area dei disabili e non autosufficienti. Sono 9 invece i dirigenti apicali che si occuperanno delle farmacie, delle cure palliative e della specialistica». E gli ospedali? «I reparti non sono stati toccati e funzioneranno come prima con la riorganizzazione dei laboratori, le schede ospedaliere verranno riviste nel 2018 e solo allora decideremo come riorganizzare i primariati. Padova ha il S. Antonio, il Policlinico e il Monoblocco e dovrà progettare il nuovo polo a Padova Est. Ci si dovrà confrontare. Piuttosto, la fusione delle Usl da 24 a 12 comporta un costo di liquidazione pari a 12 milioni, mentre il taglio dei 200 superstipendi vale un risparmio di 8 milioni. Il gioco vale la candela?»
Il Mattino di Padova – 14 dicembre 2017