Il presidente ucraino ospite dei capi di Stato denuncia la presenza di migliaia di soldati stranieri sul suo territorio. In un contesto di crescenti tensioni internazionali, segnato da un linguaggio pericolosamente guerrafondaio, i Ventotto si apprestavano ieri sera a chiedere alla Commissione europea di preparare nuove sanzioni contro la Russia.
Alcuni Paesi dell’Unione hanno chiesto misure drastiche contro Mosca, accusata di avere occupato parte del territorio ucraino. Il Consiglio europeo era propenso a scegliere una posizione più cauta, dando ancora tempo alla Russia di trovare una soluzione diplomatica alla crisi.
Secondo un comunicato ancora oggetto di discussioni ieri sera tra i leader dei Paesi membri dell’Unione, il Consiglio europeo si dichiara pronto ad adottare nuove sanzioni contro la Russia e chiede alla Commissione europea di preparare «rapidamente» nuove misure economiche. Già in luglio, i Ventotto avevano adottato sanzioni contro il governo russo, tanto da indurre Mosca a una serie di ritorsioni penalizzanti da un punto di vista economico per I Ventotto.
Al vertice di ieri – convocato per designare un nuovo Alto Rappresentante per la Politica estera e la Sicurezza e un nuovo presidente del Consiglio europeo – ha partecipato anche il presidente ucraino Petro Poroshenko. Quest’ultimo ha spiegato che sul territorio del suo Paese «sono ormai presenti migliaia di soldati stranieri e centinaia di carri armati stranieri». L’uomo politico ha parlato di «aggressione straniera» e di «terrore», avvertendo che «siamo vicini a punto di non ritorno».
In una conferenza stampa, lo stesso Poroshenko ha precisato che secondo lui le nuove sanzioni europee contro la Russia saranno condizionate al successo del suo nuovo piano di pace, al quale sta lavorando dopo un incontro martedì a Minsk con il presidente russo Vladimir Putin. Il vertice di ieri, che a tarda sera non era ancora concluso, è stato segnato ancora una volta da divisioni tra Est e Ovest, almeno nel dibattito pubblico. Gli ex Paesi comunisti appaiono più duri contro Mosca dei Paesi occidentali.
Arrivando qui a Bruxelles, il presidente lituano Dalia Grybauskaite ha spiegato che nell’annettere la Crimea e nell’attaccare l’Ucraina, un Paese che si vuole associare all’Unione europea, ormai la Russia «è in uno stato di guerra contro l’Europa». La presa di posizione, particolarmente dura, è sembrata più che altro rivolta all’opinione pubblica lituana, sempre più preoccupata dall’atteggiamento russo in Europa orientale e memore dell’occupazione sovietica dopo la guerra.
Secondo fonti di stampa, la signora Grybauskaite si sarebbe astenuta ieri nella designazione ad Alto Rappresentante del ministro degli Esteri Federica Mogherini, ritenuta troppo filorussa nella crisi ucraina. Altri Paesi sono stati più cauti della Lituania. Il premier finlandese Alexander Stubb ha ricordato che l’Europa usa un “soft power”. Il cancelliere austriaco Werner Faymann ha esortato i partner «a parlare meno» di sanzioni: «Quelle adottate finora non hanno avuto l’effetto sperato da molti».
L’ultimo round di misure decise alla fine del mese scorso contro la Russia hanno colpito la finanza, l’energia, gli armamenti e il settore delle tecnologie duali, vale a dire quelle tecnologie che possono essere utilizzate sia in campo civile che in campo militare. Le nuove sanzioni potrebbero riguardare contratti militari in essere, e non più solo quelli futuri; i prestiti sindacati (attualmente sono esclusi); il collocamento in Europa di obbligazioni pubbliche, e non più solo di quelle private.
È probabile che anche in questa circostanza i Paesi membri vorranno trovare una qualche forma di equilibrio perché le sanzioni colpiscano in modo omogeneo gli Stati europei. Il problema è che il margine di manovra è sempre più ridotto. «La Commissione europea ha già pronte le possibili misure. Possiamo finalizzarle molto rapidamente», spiegava ieri un responsabile dell’esecutivo comunitario. Il presidente della Commissione José Manuel Barroso ha spiegato che l’Unione potrebbe concedere nuovi aiuti economici all’Ucraina, da aggiungere agli 11 miliardi di euro finora promessi.
Il Sole 24 Ore – 31 agosto 2014