Anche temperature scorrette e mancanza di igiene: sono alcune delle condanne per frode alimentare pubblicate sulla Gazzetta ufficiale. Leggi tutto il dossier
Il Ministero della salute ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 51 dell’1 marzo 2013 l’elenco dei produttori che nel 2011 sono stati condannati per reati di frode e sofisticazione alimentare con sentenza penale passata in giudicato.
Il dossier è composto da 8 pagine e contiene 66 condanne. Si tratta di un numero ridicolo visto che dieci anni fa un documento analogo ne conteneva 500. Già allora però l’elenco era incompleto e secondo gli addetti ai lavori riportava solo il 5- 10% delle sentenze definitive. È triste constatare come a fronte di decine di migliaia di infrazioni segnalate dai veterinari delle Asl, dai Nas, dai Vigili Sanitari, dalla Guardia di Finanza… poi la Gazzetta ufficiale ne elenchi qualche decina.
La pubblicazione annuale delle sentenze è prevista dall’art.8, comma 4 della legge 7 agosto 1986 n.462 (“Misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari”), varata dopo lo scandalo del vino al metanolo. Purtroppo l’applicazione di questo obbligo legislativo non ha mai dato i risultati sperati. I tribunali non inviano le sentenze al Ministero e in assenza delle segnalazioni la lista risulta gravemente incompleta.
La diminuzione da 500 a 66 in dieci anni è un elemento che fa capire molte cose sulla sensibilità delle autorità. L’Ordinanza elenca in maniera dettagliata oltre che una sintensi delle sentenze le generalità degli imputati e le sanzioni.
Le condanne riguardano sia aziende che produttori, distributori e negozianti. Il panorama non è certo esaustivo ma offre degli spunti di riflessione. C’è chi ha venduto pesce essiccato o affumicato infestato da larve vive ed è stato sanzionato con € 1.800. Chi trasportava con l’impianto di refrigerazione spento carne suina fresca in stato di alterazione per la presenza di salmonella a una temperatura di +28° (ammenda di € 2.000).
Un’altra condanna di 1.100 € ha colpito un negoziante che vendeva insalata di wurstel sfusa, con presenza di muffe, lieviti e miceti. C’è chi per avere venduto pesce decongelato presentato come fresco, ha pagato 400 euro. Ma anche chi, più creativo, teneva alimenti in salamoia in bacinelle di plastica (non idonee).
2.600 euro è la multa pagata da un signore di Verona che “vendeva quantità ingenti di vino bianco da tavola proveniente dal entro-sud illegittimamente riqualificato con false designazioni dei più pregiati vini Igt Pinott grigio del Veneto e Prosecco“.
2.280 euro è l’importo sborsato dal titolare di una macelleria di Quinto Vicentino “che vendeva salisicce fresche con presenza di salmonella”.
7.000 euro è l’ammenda versata dal titolare di una macelleria di Genova che “deteneva in locali sporchi e con palesi carenze igieniche carni bovine, suine e ovine non separate tra loro e in cattivo stato di conservazione e a una temperatura troppo elevata. Nel magazzino sono state inoltre trovatebcarni bovine e una carcassa di agnello su superfici non lavabili, in una zona con esfoliazione dell’intonaco del muro“.
Il gestore di un bar-tavola calda di Genova ha pagato 900 euro “per avere venduto alimenti di qualità diversa rispetto a quella dichiarata somministrando alimenti congelati anzichè freschi senza specificarlo sul menu del giorno“.
Una pasticceria di Casale Monferrato ha pagato 1000 euro per avere “venduto un prodotto da forno denominato colomba e uova di cioccolato prodotto e distribuito da altra ditta, senza sottoporli ad altra lavorazione e o trattamenti con etichetta riportante la propria ragione sociale omettendo qualsasi riferimento alla reale origine e provenienza“.
Una pescheria di Trieste ha pagato 500 euro per avere venduto “15 kg di frutti di mare in cattivo stato di conservazione privi del bollino sanitario in contenitori pieni di acqua di dubbia provenienza esposti ad agenti atmosferici, nonchè a gas di scarico delle automobili e privi di ghiaccio necessario per mantenere la temperatura non superore ai 6 °C”.
Tra tante multe di importo ridicolo, spicca una sentenza contro un’industria dolciaria i Benevento che ha dovuto pagare 30 mila euro per avere messo in commercio “croissant sfogliati e confezionati singolarmente in cellophane trasparente in cattivo stato di conservazione, insudiciati e coperti da escrementi di topo”.
Redazione Il Fatto Alimentare – 20 marzo 2013