Filippo Tosatto.Si profila un 2015 all’insegna dello “spoils system” (chi vince piglia tutto) nella sanità nostrana: a fine anno scadranno i mandati dei manager e la facoltà di riassegnare le poltrone spetterà in via esclusiva al governatore uscito vincitore dal voto regionale. In ballo ci sono le direzioni generali di 20 Ulss, due aziende ospedaliere (Padova e Verona) e dell’Istituto oncologico veneto; con un doppio prologo imminente, le nomine dei dg all’Azienda ospedaliera universitaria integrata veronese e allo Iov: la prima è retta dall’uscente Sandro Caffi, il secondo è commissariato e affidato prò tempore al direttore generale della sanità di Palazzo Balbi, Domenico Mantoan. Nel frattempo, si delinea il quadro degli aspiranti direttori: la commissione tecnica regionale (composta da giuristi, economisti e dirigenti del welfare) ha vagliato le candidature pervenute, licenziando infine l’elenco dei papabili.
A fronte di 172 dossier trasmessi a Venezia – non molti, nel 2012 erano stati 280 – gli idonei per titoli ed esperienza dirigenziale risultano 151 ma a questi ne vanno sottratti 6 per limiti d’età (hanno superato i 65 anni) e ciò riduce a 145 i concorrenti: sei, in media, per ogni incarico disponibile. A colpire, scorrendo l’elenco, sono la netta riduzione dei pretendenti ma anche l’assenza sostanziale di ricambio: i candidati – tra i quali figurano tutti i vertici uscenti, Mantoan incluso – sono quasi esclusivamente figure interne al sistema della sanità regionale: non c’è traccia di professionisti provenienti da altri settori o da diverse zone del Paese. Anzi, sono sempre più numerosi i manager veneti che accettano offerte di prestigio in altre parti d’Italia. Qualche esempio? Valerio Alberti: ieri direttore generale a Padova, Bassano e Verona, oggi commissario straordinario degli ospedali romani Regina Elena, San Gallicano e Spallanzani; Adriano Marcolongo, già a capo dell’Ulss di Rovigo e ora direttore generale della sanità del Friuli-Venezia Giulia, dove è stato raggiunto da Federico Benetollo, reduce dal (buon) lavoro all’Azienda veronese; Luciano Flor, a lungo direttore sanitario a Padova, è stato chiamato a guidare l’ospedale Santa Chiara di Trento e a sovrintendere il servizio cura e riabilitazione della Provincia autonoma; Angelo Lino Del Favero, diventato il numero uno dell’istituto superiore di sanità. Fino a Claudio Dario, “top player” balzato da Treviso alla città del Santo, che di recente ha partecipato a un concorso dirigenziale in Friuli. Una fuga di energie professionali dal significato bivalente. Da un lato, la conferma della bontà della scuola manageriale veneta, capace di sfornare quadri di livello elevato, largamente apprezzati m Italia e all’estero; dall’altro il trattamento economico riservato loro, oggettivamente penalizzante rispetto al resto del Paese. In cifre, ai direttori generali la Regione riconosce un’indennità annua pari a 153 mila euro lordi (al netto circa 5,5 mila euro), senza tredicesima nè assicurazione contro le cause civili. È l’effetto dei tagli ai compensi decisi dal governatore Luca Zaia, ansioso di risanare i conti della sanità dopo la voragine miliardaria ereditata dalla presidenza Galan. Se a ciò si aggiunge il blocco degli incentivi (non vengono erogati dal 2008), gli stipendi erogati ai veneti risultano nettamente inferiori non soltanto rispetto alle danarose amministrazioni a statuto speciale ma anche alle dirette concorrenti sul piano degli standard – Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana – al punto da allinearsi alle regioni indebitate e costrette a varare piani finanziari di rientro. Risultato? I conti sono in ordine ma i manager più valenti non disfano più le valigie.
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Verona e lov: poltrone che scottano. A giorni Zaia rinnoverà i vertici dell’Azienda scaligera e dell’Istituto oncologico
Due anni fa, Luca Zaia esaminò i curricula giunti a Palazzo Balbi, incontrando di persona tutti i candidati che avevano superato la pre-selezione. Una procedura lunga e non del tutto indolore – inevitabili le pressioni di forze politiche, categorie e lobby assortite – che infine, era il 30 dicembre, si tradusse in un mix tra novità e conferme, con qualche tecnico esterno spuntato dal cilindro del governatore, lesto a rivendicare la propria autonomia decisionale: «Ho scelto i migliori e non mi sono fatto tirare la giacchetta da nessuno». Tant’è. In attesa della prossi ma tornata, Zaia è chiamato a compiere due scelte urgenti: nominare il successore di Sandro Caffi alla direzione dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona e individuare un manager per lo Iov, l’Istituto oncologico veneto retto – provvisoriamente ma da ormai da tempo – dal commissario Domenico Mantoan. Due tasselli diversi ma egualmente delicati: nella città di Flavio Tosi (e l’accenno al rivale leghista non è casuale) occorre garantire continuità ad un sistema per molti versi d’eccellenza. Lo Iov, dal canto suo, ha bisogno di un timoniere esperto, capace di accompagnare a buon fine il progetto di rete oncologica regionale. Presto ne sapremo di più.
Nella foto Zaia e i direttori generrali ora in carica
La Tribuna di Treviso – 28 dicembre 2014