Ricetta elettronica, prenotazioni e referti online, fascicolo sanitario elettronico: la trasformazione della Sanità, che cambia per avvicinarsi al cittadino, ha fatto breccia nell’Italia del 2016. Anno di passaggio, delicatissimo, in cui comincia a vedersi una svolta nei servizi della Sanità digitale e nel loro utilizzo, come emergerà il 4 maggio alla presentazione del nuovo rapporto “Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità” del Politecnico di Milano.
Ma ad emergere sono anche i segnali della fatica con cui la trasformazione si fa strada: il perdurare di prassi e mentalità analogiche; ritardi e in certi casi anche dubbi sull’effettiva utilità che queste novità al momento offrano al cittadino.
Cominciando dalle luci, “nell’ultimo anno l’elemento di svolta più importante che abbiamo colto è la crescita notevole dei tassi di utilizzo dei servizi di sanità digitale in Italia”, dice Mariano Corso, responsabile dell’Osservatorio.
Il numero di italiani che fanno prenotazioni online di esami e visite è aumentato dell’85 per cento tra il 2015 e il 2014. Ora lo fa il 24% dei cittadini.
Boom anche per i cittadini che accedono online a documenti clinici (referti): più 88 per cento. “E’ uno dei servizi che più dà vantaggi sia agli utenti sia alla pubblica amministrazione, in termini di comodità e taglio di costi”, aggiunge Corso.
Notevole anche la svolta nei pagamenti online di servizi sanitari: ora riguardano il 14 per cento dei cittadini, con una crescita del 180 per cento sul 2014.
“Quando la PA offre servizi facili da usare e li comunica bene, i cittadini li utilizzano e vi si abituano pure”, dice Corso.
Aumentato moltissimo anche l’uso di canali digitali tra medico e paziente, in particolare di Whatsapp. Lo fa il 56 per cento dei medici, con una crescita del 33 percento. I dati mostrano sempre un ritardo rispetto alla media dell’Unione europea (come si legge nell’indice Desi 2015), ma una svolta c’è stata.
Il tutto, “in un periodo di taglio di costi nell’Ict in Sanità”, dice Corso. Il punto però è che sono invece “aumentati gli investimenti sui servizi al cittadino”, aggiunge.
Il fenomeno ha messo radici nel 2016, con i nuovi progetti come il Fascicolo sanitario elettronico e la ricetta dematerializzata. Ma sono questi gli ambiti dove è possibile già misurare i limiti del cambiamento.
Le Regioni che hanno un Fascicolo sanitario attivo- novità che sulla carta sarebbe dovuta partire già nel 2015 ovunque- sono sei (Emilia- Romagna, Lombardia, Toscana, Sardegna, Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Trento), altre undici lo stanno per lanciare. Assenti, Campania, Calabria e Sicilia, oltre alla Provincia Autonoma di Bolzano.
Ma anche laddove funziona, il Fse si è attirato critiche di scarsa funzionalità. Secondo Federsanità, il Fascicolo ancora non riesce a offrire al medico una vista unitaria della storia clinica del paziente (vive ancora di documenti spezzettati). Il motivo è che l’innovazione poggia ancora su una base di processi organizzativi vecchio stampo, nelle PA.
La ricetta elettronica, partita a marzo, ora è in tutte le Regioni, ma non è sempre adottata dai medici, che lamentano difficoltà di utilizzo e costi di adeguamento software e hardware (a volte coperti dalle Regioni). Dubbio ancora il vantaggio per i cittadini, inoltre, dato che resta in vita un supporto cartaceo (un promemoria) che il paziente deve portare di persona dal medico alla farmacia. Il vantaggio già percepibile è che, con l’elettronico, è possibile ottenere i farmaci prescritti anche in regioni diverse dalla propria.
Insomma, i servizi sanitari digitali stanno attecchendo in Italia, ma soprattutto quelli più innovativi devono affrontare una partenza faticosa. Nel frattempo, possono sfuggire i vantaggi per il cittadino e per il sistema, i quali però a tendere dovrebbero apparire evidenti. Non solo in termini di risparmi, ma anche di cure più efficaci (la ricetta elettronica assicura per esempio una migliore tracciabilità della spesa e un controllo sull’appropriatezza della prescrizione). Il successo finale è assicurato? No, perché l’Italia mostra una storica difficoltà a cambiare i processi organizzativi interni all’amministrazione pubblica. La novità è che il cammino è ormai cominciato e, soprattutto, i cittadini per la prima volta mostrano di gradire questo cambiamento. E così potranno iniziare a premere sulle PA perché la trasformazione continui senza freni.
Il Sole 24 Ore – 1 maggio 2016