Il gioco delle tre carte. Per qualcuno «è solo un gioco delle tre carte», Altri più (o meno) prosaicamente sostengono che «se non è zuppa, è pan bagnato». Per dire che i tagli alla spesa sanitaria saranno in ogni caso plurimiliardari. Nel primo abboccamento di mercoledì sera tra il Governo e le Regioni, è emersa infatti la possibilità (o la certezza) che il Fondo sanitario 2015 subirà una decurtazione in omaggio alla manovra 2015. Il Governo ha rilanciato fino a 1,8-1,9 miliardi, pressoché azzerando l’intero incremento (2,2 mld) previsto dal «Patto» ma anche dalla legge di stabilità. I governatori si sarebbero fermati (ma molto cauti, perché non si cede mai senza trattare) a 1,5 mld. Sia quel che sia, il taglio previsto per il 2015 dalla manovra resterebbe comunque per le Regioni a quota 4 mld. E quale che sia la riduzione al Fondo sanitario, dell’intero taglio restante se ne farà carico in ogni caso la spesa sanitaria, all’incirca per l’80% o giù di lì (di poco).
E le Regioni non sanno più che pesci pigliare. Anche perché si aggiungono almeno altri 1,65 mld che si trascinano sul 2015 dall’anno prima. E allora, la sanità rischia di pagare un conto fino (o più) a 4 mld tutti d’un fiato l’anno prossimo. Azzerando l’aumento e restando a quota 2014, ma aggiungendo ancora altri colpi d’accetta da brivido.
Cottarelli docet. È più o meno questa la partita che Governo e Regioni stanno trattando in queste ore. E che dovrebbe trovare una (quasi) sintesi la prossima settimana. Per chiudersi però solo quando la manovra approderà in aula al Senato intorno al 19 dicembre (per poi tornare di gran carriera alla Camera). E così tutti i governatori si affannano a dire che non c’è ancora assolutamente nulla di difinito, che tutto è apertissimo, che non c’è niente di scritto. Ma queste sono le basi della trattativa, dai risultati comunque durissmi. Per gli assistiti. Una partita nella quale le Regioni – che di colpe ne hanno accumulate, eccome – chiedono anche al Governo di mettere per iscritto dove andare a toccare, magari mettendo nero su bianco alcuni dei capitoli lasciati in eredità da Carlo Cottarelli e dalla sua spending review del mistero: appalti, beni e servizi, farmaceutica per quota parte. E via elencando.
Fatto sta che i tagli si annunciano lineari e stanno facendo venire la bava alla bocca ad alcuni nordisti e a quanti i compiti a casa bene o male li hanno fatti questi anni. Ma sollevando anche l’acidità di stomaco alle (ex?) Regioni canaglia che di tagliare non ce la fanno più. Figuriamoci i cittadini che pagano e i lavoratori che lavorano. Ma anche quanti un lavoro lo cercano.
Incubo elezioni. La ridda di dichiarazioni intanto s’è scatenata. E le proteste crescono. Intanto da palazzo Chigi qualcuno continua a dire che «noi non facciamo tagli alla sanità». Già, li fanno fare alle Regioni. Dove dalle stesse parti del partito che comanda a palazzo Chigi, e non solo nella minoranza, si teme l’effetto boomerang alle regionali della primavera. Che ci saranno proprio in contemporanea (anzi, poco dopo) i tagli. (R.Tu. – Il Sole 24 Ore sanità)
Sanità, scontro sui tagli. Zaia: «Ci opponiamo, perdiamo 160 milioni». L’assessore Coletto: «Il governo lasci stare il Veneto»
Combatte da solo, il Veneto, contro il taglio alla sanità previsto dal governo Renzi. Ieri, in Conferenza delle Regioni, l’assessore Luca Coletto, coordinatore nazionale, è stato l’unico a opporsi al disegno di sottrarre 1 miliardo e 950 milioni di euro dai 112 inseriti nel Fondo sanitario 2015. Le altre Regioni, con Sergio Chiamparino (Piemonte) a fare da portavoce, hanno proposto una decurtazione di 1,5 miliardi. Nel primo caso il Veneto, che ha una quota di accesso al Fondo pari all’8%, perderebbe 160 milioni nel riparto dell’anno prossimo, che scenderebbero a 120 se passasse la seconda opzione. «Non faccio il tagliatore di teste per conto del governo — si ribella Coletto — capisco che le altre giunte accettino la scure perchè sennò non sanno come finanziare i trasporti, ma allora il governo inizi a battere cassa dalle realtà che non hanno ancora applicato i costi standard e lasci in pace le Regioni virtuose. Noi abbiamo già razionalizzato tutto il possibile: letti, primariati, reparti doppi, in più abbiamo una centrale unica di acquisto. Cosa possiamo tagliare, i Lea (Livelli essenziali di assistenza), cioè le cure al cittadino? Eh no — incalza Coletto — questa decisione la prenda Palazzo Chigi, se ne assuma la responsabilità. Noi non siamo disposti a trattare».
Il problema è che la legge di stabilità concede alle Regioni di scegliere dove tagliare, ma se non raggiungono l’accordo sarà il governo a decidere. E per ora l’idea è appunto di eliminare l’incremento del Fondo sanitario nazionale (che nel 2014 è stato di 109,9 miliardi), necessario a coprire l’aumento della spesa di settore ogni anno pari al 3%-4%. Dall’altro canto il Patto per la Salute prevede che in caso di ritocco agli importi già decisi per il triennio 2014/2016 (115 miliardi in quest’ultimo anno) vadano rivisti lo stesso Patto e, soprattutto, i Lea. Il rischio dunque è di veder sopprimere servizi assistenziali. «E’ una pessima notizia e noi ci opporremo — annuncia il governatore Luca Zaia —. Non intendiamo applicare nuove tasse per colmare questo buco ma vorremmo anche che i cittadini prendessero coscienza di ciò che sta accadendo a Roma. E cioè: si taglia la sanità del Veneto senza chiedere nulla alle Regioni notoriamente sprecone e con bilanci devastati. Vorrei che i cittadini al nostro fianco prendessero atto che molti rappresentanti del governo originari del nostro territorio predicano bene e poi quando vanno nella capitale razzolano male. Tagliare 160 milioni alla sanità del Veneto, la Regione più virtuosa d’Italia, vuol dire trattarla come la Sicilia (100 milioni di buco, ndr)».
Va anche detto che proprio in virtù dei conti in ordine e del rispetto di altri parametri imposti dal ministero della Salute (Livelli essenziali di assistenza garantiti, liste d’attesa soddisfatte in una certa percentuale, proporzione posti letto-residenti e così via), per il 2014 il Veneto ha ricevuto un «premio» di 158 milioni e 490 mila euro. Ora però, per sapere come andrà a finire la battaglia sui tagli, bisognerà aspettare il 10 dicembre, quando Conferenza delle Regioni prima e Conferenza Stato-Regioni poi assumeranno la decisione finale. (Michela Nicolussi Moro)
BARETTA: «SFORBICIATA DECISA DALLE REGIONI, USINO I COSTI STANDARD»
Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia, con la legge di Stabilità piovono sulle Regioni altri 4 miliardi di tagli. Di questi, 1,5 miliardi si abbatteranno sulla sanità. E Zaia è infuriato.
«Il governo ha fissato il saldo, 4 miliardi, lasciando le Regioni libere di decidere come arrivarci. E le Regioni, tra le altre ipotesi, si sono dette disponibili a ridurre di 1,5 miliardi la spesa sanitaria. La proposta, dunque, è arrivata da loro, noi la stiamo solo assecondando. Ad una condizione».
Quale?
«Il taglio non dovrà ricadere sui cittadini, le prestazioni non dovranno diminuire. Le Regioni applichino i costi standard, abbassando la spesa per l’acquisto di beni e servizi. Se riusciranno a mettersi d’accordo e ad applicare i costi standard, e se in Veneto davvero non esistono più sprechi come va dicendo Zaia, allora il governatore può stare tranquillo, perché il Veneto non sarà sfiorato. La sua è una polemica inutile».
Ma i mitici costi standard a che punto sono?
«Quelli dei Comuni sono pronti, sono stati pubblicati e già applicati sui trasferimenti in percentuale crescente di anno in anno, dal personale alla polizia locale. Quelli della sanità pure sono pronti e questa può essere l’occasione per iniziare ad usarli. La strada, insomma, è segnata, anche perché i costi standard sono la chiave per il superamento del patto di stabilità. Tutt’al più potrà esservi qualche correzione alla rotta per evitare distorsioni e sperequazioni: penso a Venezia che aveva il Casinò e la legge Speciale che negli anni hanno consentito spese nel Sociale decisamente fuori media».
Anche i Comuni patiscono un taglio di 1,2 miliardi.
«Grazie all’accordo con l’Anci l’impatto è stato limitato con la possibilità di dirottare gli oneri di urbanizzazione sulla spesa corrente, di tagliare gli investimenti (soluzione a cui spero i sindaci ricorreranno con prudenza), di ricontrattare i mutui lasciando che sia lo Stato ad accollarsi i relativi interessi. E, come per le Regioni, sono stati allungati i tempi per il ripiano delle perdite fino a 30 anni. Anche qui, dunque, non è necessario tagliare i servizi».
Ma perché andate sempre a colpire gli enti locali?
«La legge di Stabilità prevede un taglio di 6 miliardi per lo Stato centrale e i ministeri, è la botta più dura. E c’è 1 miliardo pure per le Provincie che chiudono. Dobbiamo dimagrire a tutti i livelli, incidendo sugli eccessi di spesa».
Interverrete sul Patto?
«E’ stato allentato per 1 miliardo a favore dei Comuni, stiamo lavorando per arrivare allo stesso risultato per le Regioni. Sarebbe straordinario».
Aumenterete le risorse per il trasporto pubblico?
«E’ uno dei punti principali della trattativa con le Regioni, bisognerà trovare i fondi».
L’Imu sui terreni agricoli verrà eliminata?
«Eliminarla è improponibile. Ne è stato rinviato il pagamento, giustamente, perché i parametri di calcolo erano iniqui, con forti squilibri in montagna. Saranno rivisti».
Complessivamente che giudizio dà sulla manovra?
«Positivo. Alla Camera abbiamo stabilizzato il bonus degli 80 euro ed ampliato la dotazione del bonus bebè per le famiglie con il reddito più basso. Al Senato l’obiettivo è quello di intervenire sulla tassazione dei fondi pensione, appena alzata dall’11 al 20%. Sono fiducioso, la sensibilità sul tema è ampia». (Marco Bonet)
Il Sole 24 Ore sanità e Il Corriere del Veneto – 5 dicembre 2014