Per i day hospital i veneti attraversano il confine a Nordest, per le degenze più lunghe si va in Emilia, Lombardia e Trento. Non è emorragia ma il fenomeno preoccupa
VENEZIA – Di emorragia non si può ancora parlare, ma il fenomeno comincia e preoccupare e non poco. I veneti, che fino a qualche tempo fa sembravano prediligere la sanità locale, cominciano per alcune specialità a emigrare e di riflesso gli “stranieri” che invece sceglievano le strutture della regione, arrivano di meno. Un fenomeno che si chiama “mobilità ospedaliera” e che viene considerato nel formulare sia il Piano socio sanitario per la regione (se una specialità attira molto vale la pena potenziarla, ad esempio) sia nella stesura del bilancio.
L’indice di fuga dei veneti è passato dal 4,4 per cento al 6,4 per cento in pochi anni. Di fatto in 8 anni si sono persi circa 15mila ricoveri. Ci sono comunque specialità che non risentono della “crisi”, come urologia, chirurgia generale, oculistica, neurochirurgia, otorinolaringoiatria, psichiatria, ortopedia. In saldo negativo invece tutte le discipline dall’area materno-infantile, la medicina generale, cardiologia e lungodegenza. Inoltre per la riabilitazione e alcune discipline chirurgiche il saldo, pur rimanendo positivo, si è fortemente ridotto.
Ma in questo quadro generale, ogni Asl è storia a sè. Le Aziende ospedaliere di confine, ad esempio, come quelle del Veneto Orientale, Rovigo, Belluno e Pieve di Soligo mostrano un indice di fuga più elevato.
Fenomeno che va a tutto vantaggio delle regioni confinanti: l’80 per cento dei veneti in fuga va soprattutto in Friuli Venezia Giulia (per i day hospital), Emilia Romagna, Lombardia e Provincia di Trento, soprattutto per i ricoveri in riabilitazione. E a beneficiare della fiducia dei veneti sono soprattutto per quanto riguarda l’ortopedia la casa di cura San Giorgio e l’Azienda ospedaliera di Pordenone, l’Istituto Rizzoli di Bologna. Per il settore Materno-Infantile invece l’Azienda ospedaliera di Ferrara, l’ospedale di Latisana, l’Irccs Burgo Garofalo di Trieste. Per l’oncoematologia e la chirurgia generale il Cro di Aviano, mentre per la riabilitazione, la Casa di cura di Arco a Trento e per le altre discipline le Aziende ospedaliere di Ferrara, Pordenone e Udine.
In pratica si sta verificando una tendenza sempre più marcata dei veneti a migrare verso il Friuli Venezia Giulia. Il nuovo Piano socio sanitario regionale tiene conto di questa condizione e per invertire la tendenza (e quindi evitare di dover pagare alle altre regioni per le cure dei residenti, invece che guadagnare per gli arrivi) intende sviluppare i centri di eccellenza finalizzati a migliorare i livelli dell’assistenza ospedaliera ed evitare così lo spostamento dei pazienti. A questo si aggiunge una coerente politica tariffaria che diventi competitiva.
IL Gazzettino – 30 Maggio 2011