Sempre meno infermieri, sostituiti da personale sociosanitario, non specializzato, ma meno costoso, e sempre più vecchi nell’Usl 3 Serenissima, che ha da poco approvato anche il bilancio di previsione 2018, denunciando anche i maggiori costi legati all’invecchiamento della popolazione. A rilevare in questo caso anche l’invecchiamento e la perdita di personale dell’azienda sanitaria è la Cgil, sulla base dei dati aggiornati del conto annuale della Ragioneria dello Stato, prendendo in esame le differenze che vanno dal 2010 al 2016 e che rilevano l’innalzamento dell’età media del personale, la riduzione del costo del lavoro e delle retribuzioni, lo spostamento di funzioni dal personale infermieristico a quello socio sanitario e una riduzione del numero dei giorni di malattia e ferie fruite. Quasi 150 infermieri in meno. «Partendo dal numero degli addetti del comparto si passa, per quanto riguarda l’Usl Serenissima, rileva la nota della Cgil, da 6.209 a 5.993 con un calo di 216 unità. All’interno di questo calo risulta evidente che vi sia una maggiore assunzione di personale sociosanitario che passa da 859 a 987 e viene invece ridotto il personale infermieristico da 3.245 a 3.101. Tale scelta, pur essendo aumentati i bisogni di salute della cittadinanza, determina inevitabilmente un passaggio di competenze dal personale infermieristico a quello socio sanitario. La motivazione non risiede nel ripensamento del sistema e nel rafforzamento di altri punti di assistenza ma, quasi esclusivamente, nella logica del risparmio sul costo del lavoro essendo differente il livello di responsabilità e la conseguente retribuzione». Il 15 per cento del personale è a ridotte mansioni. Per quanto riguarda il personale amministrativo si passa da un dato del 2010 di 740 ad un dato del 2016 di 679. Una riduzione che precede processo di razionalizzazione delle funzioni operato con l’accorpamento delle Ulss. «Questo dato è da evidenziare» rileva ancora il sindacato «anche rispetto al fatto che in molti casi sono stati esternalizzati servizi importanti come ad esempio i Centri Unici di Prenotazione. È importante sottolineare che sui circa 4 mila tra operatori sociosanitari e infermieri siamo in presenza di circa il 15% di personale a ridotte mansioni. Questo personale presenza prescrizioni mediche che determinano la limitazione di sollevamento pesi, la prescrizione al lavoro a turni o problemi osteoarticolari. A questo devono aggiungersi assenze non programmate (le malattie, maternità e congedi parentali) che, non essendo sostituite vanno ad aggravare la situazione. Riteniamo anche necessario evidenziare anche come tra personale infermieristico e sociosanitario circa 250precari che garantiscono funzioni fondamentali. Da mesi chiediamo all’Ulss di avviare le procedure per la loro stabilizzazione e auspichiamo che questo avvenga al più presto e che nessuno sia lasciato a casa». L’età media è di 49 anni. Cresce anche l’età anagrafica del personale che porta l’età media dai 45,64 anni del 2010 ai 48,96 del 2016 di 48,96. Un aumento di più di tre anni che conferma secondo la Cgil come il turnover abbia solo parzialmente ridotto l’anzianità del personale che si avvicina drammaticamente ai cinquant’anni in un settore, che è bene ricordarlo, lavora su turni di 24 ore. «Il dato che fa emergere come la situazione dei carichi di lavoro connessa all’età anagrafica sarà sempre più preoccupante ed ingestibile», rileva ancora la Cgil, «deriva dall’analisi dei numeri sul personale che potenzialmente potrebbe uscire nei prossimi 10 anni. Per il personale sanitario registriamo tra i 55 e i 59 anni di età 1.189 addetti pari al 19,84% e tra i 60 e i 64 anni di età 421 pari al 7,02% per un totale di personale sopra i 55 anni di 1.610 unità pari al 26,86%. Risulta quindi evidente che più di 1/4 del personale in servizio svolge, pur avendo superato i 55 anni di età, lavori gravosi su una turnazione di 24 ore e che espongono, sempre più, tali lavoratori ad inidoneità fisiche. Non è possibile pensare di avere un sistema sanitario efficiente, con personale che, con l’aumento dell’età e dei carichi di lavoro, possa accettare di garantire, con fatica, un sistema che progressivamente rischia il collasso». (Enrico Tantucci)
LA NUOVA VENEZIA – Mercoledì, 14 marzo 2018