La Regione già intravede un affare milionario: già Croazia e Slovenia hanno puntato gli occhi sulla sanità veneta. 0 meglio sui trapianti: oltre frontiera non esiste un sistema così organizzato e così i due Paesi stranieri hanno pensato di creare una sorta di “convenzione” che permetta a loro di avere il servizio e al Veneto di fare rete. Ed è il primo passo.
Ma dal 25 ottobre le attenzioni che si punteranno sui nostri ospedali sono molti di più. In quella data cadranno infatti le frontiere “sanitarie” e i cittadini dell’Ue potranno farsi visitare, curare e operare ovunque sul territorio europeo: un italiano avrà la possibilità di sottoporsi ad una operazione o ad una visita a Monaco, Londra o Stoccolma. E altrettanto potrà fare uno straniero. 600 milioni di cittadini, 2 milioni di medici e 20 milioni di infermieri che potranno liberamente muoversi da un Paese all’altro utilizzando le stesse procedure amministrative, le stesse tariffe e un universale riconoscimento delle prescrizioni mediche. Il trattato di Schengen della salute non è cosa di poco conto e permetterà, in soldoni, alle aree più virtuose di fare cassa.
Il Veneto comincia a fregarsi le mani. Ci sono nazioni, come il Regno Unito ad esempio, dove già da tempo le assicurazioni guardano con interesse la sanità veneta: efficiente, veloce e meno costosa. E anche se mancano ancora un paio di mesi cominciano a comparire i primi pacchetti: viaggio, soggiorno e intervento. Pagamento sull’unghia. In base alla direttiva, il paziente deve pagare le cure che riceve in un altro Stato: poi, quando torna nel proprio Paese, sarà rimborsato dal suo sistema sanitario.
Se a questo si aggiunge che il ministero intende dare vita ai “Contact point” regionali per smistare le domande in entrata e in uscita e che sul portare del dicastero compariranno, ad uso degli stranieri, tutti i punti d’eccellenza, è facile intuire come il sistema diventerà davvero appetibile. Nel 2010 l’Italia, per mandare i pazienti fuori dei nostri confini, ha sborsato circa 170 milioni di euro, mentre dall’estero ne ha incamerati circa la metà. Un rapporto rovesciato invece per il Veneto (e per le regioni frontaliere) dove sono stati di più i soldi “guadagnati” che quelli spesi. Anche se purtroppo l’introito è stato sulla carta, visto che in assenza fino ad oggi di una normativa precisa, molte nazioni al momento di pagare hanno fatto orecchie da mercante. I pazienti “foresti” costano al Veneto ogni anno circa 300 milioni, di media in un anno sono circa 70mila le persone che arrivano da altre regioni o da altre nazioni, per un totale di 4milioni di prestazioni l’anno. Neurochirurgia, cardiologia e neurologia le specialità più richieste. Ma anche le chirurgie.
Ed è questo il motivo per cui la sanità veneta vuol trovarsi all’appuntamento preparata: strutture efficienti (da qui l’investimento in tecnologia che il presidente Luca Zaia ha in cantiere), razionalizzazione dell’esistente. «Noi terremo conto dell’apertura delle frontiere anche nelle schede ora in discussione – sottolinea Leonardo Padrin, presidente della V. Commissione regionale Sanità Mi aspetto che il libero mercato faccia una selezione sia nel pubblico sia nel privato. Ci sono interessi attorno agli ospedali, ma la sanità deve avere come unico riferimento la qualità del servizio che propone.
Metteremo delle regole per cui chi non è in grado di erogare servizi di qualità non potrà togliere risorse a chi invece lavora bene e potrebbe diventare un volano. Chi non lavora bene sarà fuori dal giro».
Daniela Boresi – Il Gazzettino – 18 agosto 2013