Michela Nicolussi Moro. Il Veneto esce soddisfatto dal tavolo per l’autonomia in materia di sanità che ieri a Roma ha visto a confronto i tecnici di Palazzo Balbi e dell’Emilia Romagna con Gianclaudio Bressa, sottosegretario Agli affari regionali, e Giuseppe Chiné, capo di gabinetto del ministero della Salute. Assente, a sorpresa, la Lombardia. Scusa ufficiale: la festa del patrono, Sant’Ambrogio. «C’era un clima collaborativo — riferisce Fabrizio Boron, presidente della commissione regionale Sanità, che ha seguito il tavolo a distanza da Venezia — Bressa ha ascoltato tutte le nostre richieste senza contestarle e vuole arrivare ad un accordo entro gennaio. Mi pare un buon inizio».
Ad esporre i desiderata della Regione, per due ore e mezza, Domenico Mantoan, direttore generale della Sanità. Tre gli ambiti toccati: personale e formazione; tariffe e farmaci; pazienti. Riguardo il primo segmento, dando per scontato l’equilibrio di bilancio e il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), il Veneto chiede: la cancellazione dei vincoli sulle assunzioni (ora vige l’obbligo di mantenere per tutte le strutture sanitarie l’organico del 2004 meno un 1,4%); maggiore autonomia nel concordare con gli Atenei della regione borse di studio aggiuntive per gli specializzandi, in base al reale fabbisogno di medici sul territorio; la possibilità di assumere con contratti di formazione lavoro neolaureati in Medicina, prima dell’inizio della specializzazione. La svolgeranno negli ospedali dell’azienda sanitaria che li prenderà. E ancora: l’opportunità di sottoscrivere contratti regionali aggiuntivi a quello nazionale a favore di camici bianchi pronti a lavorare in zone disagiate o che si siano particolarmente distinti per la qualità del loro operato o meritevoli di altre azioni da riconoscere con un’integrazione economica e di qualifica.
Le richieste di autonomia inerenti a tariffe e farmaci sono due: il mantenimento del tariffario regionale dei Drg (il costo delle prestazioni ambulatoriali e ospedaliere da rimborsare alle aziende pubbliche e al privato convenzionato), che ora lo Stato vorrebbe abolire; la possibilità, in supplenza e non in sostituzione all’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco), di indire gare per l’acquisto di medicinali. La Regione vorrebbe lanciare i bandi per i prodotti non coperti dall’Aifa, in modo da averli a prezzi più contenuti, secondo il principio terapeutico equivalente. Sul fronte dei pazienti, la richiesta è di togliere il tetto alla mobilità dei malati che la Finanziaria ha imposto sulla base dei flussi del 2011, per consentire a chiunque di andare a curarsi nell’Usl o nella regione che desidera.
Poiché le istanze dell’Emilia e delle Lombardia sono molto simili, le tre Regioni stanno pensando di creare una piattaforma comune, per acquisire una maggiore forza di contrattazione. Bressa infatti, fanno sapere le Regioni, non ha sollevato obiezioni all’esposizione delle istanze, ma ha chiesto un documento scritto che dimostri come le tre giunte interessate possano gestire meglio dello Stato gli ambiti sanitari descritti. E’ la condizione per ottenere l’autonomia differenziata. E dunque il Veneto, come Emilia e probabilmente Lombardia, la prossima settimana farà avere al sottosegretario il documento richiesto a firma del governatore Luca Zaia che, se tutto andrà bene e il delegato del governo non solleverà obiezioni, sarà poi chiamato a un confronto. Qualora si arrivasse all’accordo, lo stesso verrà sottoposto all’approvazione del Parlamento.
Insomma, nonostante le tensioni delle ultime ore per il declassamento del Veneto al sesto posto nella graduatoria delle migliori Regioni d’Italia disposto dal ministero della Salute, il tavolo sull’autonomia di ieri si sarebbe svolto in un clima «non ostile».
Il Corriere del Veneto – 10 dicembre 2017