Almeno la Pasqua è salva: «Ufficiale, niente tagli alla sanità! — twitta esultante alle 17 di ieri il ministro Beatrice Lorenzin —. Non una vittoria personale, ma dei cittadini e del Ssn (Servizio sanitario nazionale, ndr )». Ma la partita non è chiusa. Tutto adesso si gioca al tavolo della Conferenza Stato-Regioni, dove nelle prossime settimane dovrà essere sottoscritto il Patto per la salute 2014-2016.
Per oggi non s’abbatte la mannaia dei tagli, dal decreto legge sull’Irpef sparisce l’articolo 5 dedicato al «Contenimento della spesa sanitaria», degli 868 milioni di riduzione di risorse per il 2014 e del miliardo e mezzo per il 2015 non c’è più traccia. Ma la sanità dovrà, comunque, risparmiare. In fretta. «Ora avanti tutta — continua la Lorenzin nel tweet — con Patto salute e riforme».
Lo spostamento dei risparmi sul tavolo con le Regioni dovrebbe consentire un esito diverso rispetto ai temuti tagli indiscriminati. I soldi che saranno recuperati dal giro di vite contro gli «sprechi» saranno reinvestiti in sanità per l’ampliamento delle cure gratuite ai cittadini. E sul sistema sanitario non si abbatteranno gli ennesimi tagli lineari (che impongono gli stessi sacrifici alle Regioni in regola con i conti e a quelle in profondo rosso). La Lorenzin ostenta il successo: «Abbiamo mantenuto la promessa di non fare tagli lineari alla sanità. In tutto il decreto, infatti, la parola sanità non è menzionata e questo è estremamente importante — rimarca il ministro —. Rimane quindi intatto il principio che io ho affermato in questi mesi di fare tagli e risparmi attraverso il Patto della salute e reinvestirli in sanità».
Ora in gioco nel Patto per la salute ci sono l’eventuale chiusura degli ospedali privati accreditati con meno di 60 posti letto (i ben informati considerano a rischio 170 strutture, con oltre 15 mila lavoratori); la revisione complessiva della rete ospedaliera (con parametri a livello nazionale più severi tra Pronto soccorso, strutture ospedaliere e numero di abitanti); una stretta alle spese per i dispositivi medici tipo protesi (farà testo l’Osservatorio nazionale dei prezzi); e gare più aperte al mercato per l’acquisto dei farmaci ospedalieri (perché vengono messe sullo stesso piano le medicine con la medesima equivalenza terapeutica indipendentemente dal principio attivo). Attenzione, però: il decreto di ieri dà alle Regioni e agli enti locali 60 giorni di tempo per gestire una serie di tagli su beni e servizi che inevitabilmente — secondo le prime indiscrezioni — riguarderanno anche la sanità. I soldi risparmiati dovrebbero servire ad ampliare i Lea, ossia le cure gratuite ai cittadini.
Scampato il pericolo, la partita della sanità continua. E il tempo stringe.
Simona Ravizza – Corriere della Sera – 19 aprile 2014