All’indomani della decisione del Consiglio regionale di rinviare in commissione Sanità la Proposta di Legge sulle borse di studio per gli specializzandi in sanità, il consigliere Leonardo Padrin, presidente della commissione, interviene con una nota per fornire ulteriori spiegazioni sul provvedimento.
“La proposta di legge sulle borse di studio per gli specializzandi in sanità, rinviata ieri dal Consiglio Regionale, – scrive Padrin – è opportuno che sia ben spiegata per evitare equivoci. Oggi, quando un medico si laurea, per accedere ad una struttura pubblica deve specializzarsi. Per farlo partecipa a delle selezioni (divise x specialità) finanziate dallo stato. Il numero di borse (posti) a disposizione è inferiore alla richiesta e quindi una parte dei medici partecipanti rimane esclusa. La Regione Veneto, ogni anno, decide di finanziare delle borse (posti) aggiuntive in specialità dove ritiene ci siano carenze di medici specializzati nelle strutture sanitarie regionali. La durata del corso di specializzazione è generalmente di 5 anni e costa singolarmente intorno ai 200.000 euro per borsa, per un totale di 9 milioni annui di euro. Sono soldi – sottolinea Padrin – che la Regione potrebbe destinare alla cura dei disabili, alla ricerca contro il cancro o ad un’altra forma di assistenza sanitaria ai cittadini del Veneto. Quindi viene fatta una scelta netta, chiara: investiamo dei soldi per aggiungere borse (posti) per avere medici specializzati nei settori dove siamo carenti in Veneto. Il criterio che viene proposto dalla legge in discussione è il seguente: premesso che alle borse finanziate dallo stato possono accedere medici da ogni parte d’Italia, quelle finanziate dalla Regione accedono solo i medici che si sono laureati nelle università di Padova o Verona ed una volta specializzati hanno l’obbligo di lavorare in Veneto almeno per due anni. Questo perché l’investimento, discrezionale, che fa la Regione è finalizzato a coprire le mancanze che ci sono in Veneto di medici specializzati. Per fare questo – precisa Padrin – utilizza le tasse e le imposte pagate dai veneti e lo fa rinunciando a dell’assistenza ulteriore che potrebbe fornire ai veneti con quei 9.000.000 di euro. Oggi succede che un medico viene in Veneto da un’altra regione, utilizza 200.000 euro del fondo regionale per la sanità ed una volta specializzato se ne torna da dove è venuto. Sarebbe come se il Veneto utilizzasse propri fondi per costruire una strada in Piemonte o da un’altra parte. Non esiste una discriminazione di alcun tipo, non di nazionalità, razza, cultura o colore, la norma prevede che i giovani medici che possono accedere alle borse pagate dalla Regione si siano laureati in Veneto proprio per dare continuità al loro percorso scolastico e che possano farlo (se lo vogliono) in quei settori dove c’è bisogno. Questa – conclude Padrin – è la proposta, spero si risolvano i dubbi di coloro che ne hanno, dopodiché nel voto dell’aula i singoli consiglieri si assumeranno la responsabilità di essere favorevoli o contrari”.
5 ottobre 2012