Alda Vanzan. Già Luca Zaia aveva detto no al primo taglio “concordato” in Conferenza Stato-Regione, ossia quei 2,3 miliardi in meno cui si sono opposti solo il Veneto, la Lombardia, la Liguria. E adesso che si prospetta un ulteriore taglio di 10 miliardi di euro, il governatore del Veneto è pronto a salire sulle barricate, promettendo altre carte bollate, altri ricorsi alla Corte costituzionale e comunque tranquillizzando i suoi veneti: «Anche se Roma ci obbliga, io non metterò nuove tasse».
Ma la capogruppo del Pd in consiglio regionale del Veneto, Alessandra Moretti, nega che ci siano tagli: «Si tratta di misure di efficientamento che porteranno a risparmi da reinvestire nel settore». La notizia trapelata dalla capitale, come riportato ieri, è che la legge di Stabilità vale non i 25 miliardi di euro che erano stati preventivati, ma almeno 35. E l’idea è che i 10 miliardi in più, non trovando altro gettito, saranno presi dalla sanità. Il che significa ulteriori tagli per le Regioni.
Ma è un principio che il governatore del Veneto rifiuta, sostenendo che l’alternativa c’è: «Basta applicare i costi standard. Solo che il premier Matteo Renzi non li applicherà mai, perché se lo facesse lo manderebbero a casa il giorno dopo». Chi lo manderebbe a casa? Ovvio: le Regioni che non sono virtuose e dunque la politica che le sostiene. Anche se, ribadisce Zaia, i costi standard consentirebbero un risparmio di circa 30 miliardi di euro all’anno. Non solo: «Lo Stato paga 80 miliardi di interessi sul debito pubblico. E perché abbiamo un debito pubblico così elevato? Perché i costi della macchina pubblica sono esagerati». Insomma, è lì che a detta di Zaia bisognerebbe intervenire, non contingentando gli esami sul colesterolo. «Il Tesoro garantisce che non ci sarà macelleria sociale? E’ vero – tuona Zaia – Sarà peggio, perché a Roma c’è un nuovo Nerone che vuole incendiare e distruggere un diritto costituzionale come la sanità».
E ancora: «È paurosamente reale il rischio che la sanità italiana sia stata messa sul binario che porta verso la Grecia, non verso l’Europa benchmark, verso la soglia d’investimento dedicato sotto la quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità ammonisce che comincia a calare l’aspettativa di vita della gente, non verso quella dei Paesi virtuosi come l’Olanda». Cosa farà allora il Veneto? «Impugneremo l’impugnabile. A Roma stanno violando la Costituzione e manderanno a catafascio i livelli essenziali di assistenza previsti dalla Carta». Ma se i tagli passeranno, il Veneto sarà costretto a mettere l’addizionale Irpef? «Mai e poi mai – dice Zaia – Tireremo la cinghia ancora di più. Ma non dovrà essere la dimostrazione che prima “sprecavamo” perché chi spreca non è il Veneto».
A ridimensionare la vicenda è Alessandra Moretti, capogruppo del Pd in consiglio regionale del Veneto: «Come già garantito dal ministro, non ci sarà alcun taglio alla sanità, avremo invece misure di efficientamento che porteranno a risparmi da reinvestire nel settore». E i 10 miliardi di cui si sta parlando? «I 10 miliardi sono risparmi da ottenere in 5 anni applicando il Patto della salute, che è una riorganizzazione del sistema in termine di controlli, verifiche, maggiore investimento in prevenzione, innovazione, ricerca. Si parla di tagli del governo, ma non è così: sono le regioni che hanno deciso di rinunciare all’incremento del fondo sanitario».
Secondo Alessandra Moretti, uno degli aspetti importanti è «lo stop alle visite e agli esami inutili che costano 13 miliardi all’anno, cioè 200 euro di tasse pagate in più da ogni cittadino». Con Zaia, però, nessuna polemica da parte della capogruppo del Pd: «Al governatore dico che il sistema può essere migliorato, lavoriamo insieme affinchè l’efficientamento produca una maggiore qualità anche nel sistema sanitario veneto».
Il Gazzettino – 22 agosto 2015