La sanità, con gli oltre 40 miliardi di spesa previsti dal nuovo Piano quinquennale, riaccende le tensioni nella maggioranza di centrodestra e acuisce i rapporti tra Luca Zaia e l’assessore Luca Coletto, leghista sì ma fedele a Flavio Tosi.
Nervi tesi già in mattinata, quando in Giunta è stata sollevata la questione delle tariffe di parcheggio vigenti al nuovo ospedale vicentino di Santorso. Troppo esose – 1,30 euro all’ora, largamente superiore alla media regionale – tanto da suscitare una sollevazione degli utenti: lo stesso governatore, sommerso dalle proteste alla festa padana di Schio, aveva promesso di porvi rimedio. Il punto è che la cifra è fissata dal gestore privato che, in base al project financing stipulato per costruire l’ospedale, ha ricevuto l’appalto del servizio e si propone di ricavarci 350 mila euro l’anno. Zaia ha proposto di cambiare i termini dell’accordo per abbassare i costi all’utenza ma Coletto (sostenuto da altri assessori) ha replicato che si tratta di un contratto sottoscritto, nel 2006, dal direttore generale della sanità e dall’impresa appaltatrice, dichiarandosi indisponibile e mettervi mano.
Tant’è, a denti stretti Zaia ha rinviato il punto, ordinando però al top manager della sanità, Domenico Mantoan, un monitoraggio completo dei prezzi dei park nella rete ospedaliera veneta. Dalla giunta al Consiglio, dove il braccio di ferro a distanza ha investito gli emendamenti al Piano che la maggioranza sta cercando faticosamente di approvare per neutralizzare i ricorsi del Governo alla Corte Costituzionale. In ballo, le competenze su due temi cruciali: la programmazione (leggi schede ospedaliere e territoriali) e la nomina del direttore generale. Il Piano vincola tali scelte al parere obbligatorio dei consiglieri, ledendo – è il parere dei giuristi interpellati – le facoltà decisionali dell’esecutivo.
Per evitare guai, Leonardo Padrin (il presidente pidiellino della commissione sanità) ha proposto una serie di modifiche: «Qui non si tratta di vincere o perdere, non è una competizione tra partiti. Con la Spada di Damocle dei ricorsi il Piano non può essere attuato e questo condanna il nostro sistema sanitario al degrado e al declino». Ma Coletto – a conclusione di lunghe trattative in seno al gruppo leghista e con l’alleato azzurro – ha detto no: «Non condividerò soluzioni pasticciate, quando ho proposto gli emendamenti in aula ho incassato una bocciatura dai toni derisori. Poi il Governo ha condiviso le mie osservazioni al punto da rivolgersi alla Consulta. Bene, attendiamo l’esito dei ricorsi. Le responsabilità nei ritardi del Piano ricadono tutte su chi ha voluto forzare le norme e il buonsenso». Frenetiche consultazioni in seno alla Lega, con il governatore che fa sapere di aver esaurito la pazienza e il capogruppo Federico Caner che esorta i suoi a un gesto di responsabilità, forte del sostegno di Tosi.
Ma anche l’opposizione è critica verso Padrin. Pur condividendo l’obiettivo di impedire l’affossamento della manovra da parte della Corte, Diego Bottacin (Verso Nord) parla di «stravolgimento del Piano e chiede lo stralcio di parte degli emendamenti di maggioranza». «È una pazzia, una truffa», rincara Claudio Sinigaglia (Pd) «così si cancellano le schede territoriali, la conquista più importante di questi anni. Daremo battaglia». Tant’è. Discussione e voto rinviati a oggi, tra recriminazioni e scambi di accuse. Non proprio un bel viatico alla madre di tutte le riforme chiamata a salvare il nostro welfare.
Il Mattino di Padova – 14 novembre 2012