Roberto Petrini, da Repubblica. Un pacchetto di emendamenti al decreto “omnibus” enti locali, presentato nei giorni scorsi, darà la prima spinta alla spending review sulla Sanità. Dopo il via libera tecnico-politico giunto con le parole del Commissario alla revisione della spesa pubblica, Yoram Gutgeld, nell’intervista a Repubblica, si accelera la ratifica del piano concordato dalla Conferenza Stato-Regioni del 2 luglio scorso. Il provvedimento arriva oggi in aula al Senato e non è escluso il ricorso alla fiducia per poi passare alla Camera. «No agli allarmismi – ha rassicurato ieri il premier Renzi – sulla sanità si lavora soprattutto alla razionalizzazione e alla riduzione delle centrali di spesa». Mentre le Regioni si mettono in posizione di guardia: «Abbiamo già dato», dicono in coro gli assessori alla Sanità. In ballo c’è un pacchetto di misure per 2,3 miliardi nel 2015, altrettanti nel 2016 e nel 2017.
Importanti, e in qualche caso dolorosi, i provvedimenti che riguarderanno direttamente i cittadini. In primo luogo c’è il taglio delle prestazioni specialistiche (visite, esami strumentali ed esami di laboratorio) non necessarie (nel linguaggio tecnico: non appropriate). Il ministero della Salute con un imminente decreto stilerà la lista delle situazioni e patologie dove analisi e approfondimenti sono necessari,se si è fuori della lista si pagherà di tasca propria. La norma prevede anche una stretta sui medici perché il principo che ispira la razionalizzazione è che bisogna frenare il fenomeno della cosiddetta “medicina difensiva”: medici che per mettersi a riparo da eventuali vertenze giudiziarie, “elargiscono” con facilità analisi e controlli. Da oggi chi sbaglia subirà un taglio allo stipendio.
Lo stesso schema varrà per i ricoveri per riabilitazione: revisione delle tipologie in base alla appropriatezza e pagamento percentuale oltre i giorni di degenza previsti dalle nuove soglie; controlli e penalizzazioni.
Tanto per farsi un’idea: le prestazioni erogate ogni anno dal settore pubblico o privato sono circa 200 milioni: l’obiettivo sarebbe quello di ridurle del 15 per cento con il taglio di circa 28 milioni di prestazioni l’anno. Da questa operazione verrebbero risparmi per 198 milioni di euro l’anno.
C’è poi la questione degli ospedali. E’ previsto, oltre al controllo delle strutture in rosso, l’azzeramento dei ricoveri nelle case di cura convenzionate con meno di 40 posti letto, la riduzione della spesa del personale a seguito del taglio della rete ospedaliera, la riduzione della degenza media e del tasso di ospedalizzazione. Complessivamente: circa 210 milioni di tagli all’anno.
La gran parte dei risparmi verrà tuttavia dalla rinegoziazione dei contratti di acquisto di beni e servizi (con la centrale unica di acquisti) e in particolare dei dispositivi medici. Inoltre sarà costituito presso il ministero della Salute un osservatorio sui prezzi dei dispositivi medici (apparecchi, impianti, sostanze) il cui costo non potrà comunque superare il tetto del 4,4 per cento.
Le Regioni stanno sulla difensiva dopo l’uscita di Palazzo Chigi. «Esistono spazi di miglioramento nella sanità, ma li cerchino dove sono: noi abbiamo già tagliato nel 2012», ha detto Luca Colletto, assessore alla Sanità nel Veneto e coordinatore del settore nella Conferenza delle Regioni. Polemica Sonia Viale (Sanità, Liguria): «Questa è la logica del governo: tirano le righe sopra. Sulle Province, sugli ospedali in rosso. Li cancellano. La Liguria e la Lombardia, invece, propongono un modello costruttivo, non distruttivo: mettiamo in condivisione le eccellenze sanitarie delle due regioni». Più cauto Antonio Saitta (Sanità, Piemonte): «D’accordo ci sono margini, ma ricordo che noi siamo stati la prima Regione ad applicare la riorganizzazione della rete ospedaliera». Rincara la dose Fabio Rizzo ( Commissione sanita Lomardia): «Il governo si sveglia tardi, segua l’esempio Lombardo». Vantano passi avanti anche in Toscana: «La centrale unica d’acquisto noi ce l’abbiamo già per tutte le aziende sanitarie », aggiunge Stefania Saccari (Sanità). Persino la Sicilia si chiama fuori: «Per noi il percorso è più facile: abbiamo un avanzo di 30 milioni», dice l’assessore alla Sanità Baldo Guicciardi.
LA MANOVRA SANITÀ SBARCA IN AULA AL SENATO. IL DECRETO DOVRÀ ESSERE CONVERTITO IN LEGGE ENTRO IL 18 AGOSTO
da Quotidiano sanità. Inizia oggi alle 16 l’esame del Senato al decreto legge Enti Locali con all’interno il pacchetto di emendamenti sanità del Governo che recepiscono l’intesa Stato Regioni del 2 luglio. Nel testo anche il riordino dell’Aifa e il potenziamento dei pronto soccorso romani per il Giubileo.
Il piatto grosso è senz’altro quella che abbiamo definito “manovra d’estate” e che, a un anno esatto di distanza dal Patto per la Salute del luglio 2014, riporta indietro le lancette della spesa sanitaria tagliando quello che il Patto aveva dato in più al Ssn. Un taglio lineare di oltre 2,3 miliardi l’anno a valere dal 2015 in poi.
Per “compensare” la sforbiciata, che sarà comunque operativa dalla conversione in legge del decreto, attesa entro il 18 agosto, Governo e Regioni hanno messo a punto una serie di misure, tutte già contenute nell’intesa del 2 luglio, che vanno dai tagli ai contratti (già in essere) di acquisto di beni e servizi sanitari e dispositivi medici, al taglio dei primariati in eccesso dopo l’applicazione dei nuovi standard ospedalieri, fino alla chiusura delle convenzioni con le case di cura con meno di 40 letti e l’applicazione ferrea dei nuovi parametri di efficienza negli ospedali, che dovranno lavorare a pieno regime per rispettare i nuovi tassi di ospedalizzazione.
Ma non basta. Governo e Regioni hanno immaginato anche altri interventi per dare una bella sfoltita a prestazioni sanitarie considerate inutili o inappropriate nel campo della specialistica ambulatoriale e nella riabilitazione.
A pagare il prezzo dell’inappropriatezza, i cui criteri per individuarla saranno stabiliti da un decreto ad hoc, saranno medici, cittadini e Dg delle Asl. I primi saranno penalizzati economicamente se prescriveranno le prestazioni “bannate” dall’emanando decreto, i secondi si vedranno porre a loro carico la ricetta incriminata e i terzi, i manager Asl, saranno puniti a posteriori qualora si scoprisse che non hanno fatto nulla per fermare la prescrizione delle prestazioni inutili.
Da tutte queste misure si aspetta un risparmio di ben 1,744 miliardi già quest’anno, ai quali vanno aggiunti gli effetti automatici della riduzione del fondo sanitario sul finanziamento della farmaceutica che è vincolato a una percentuale fissa sul totale delle risorse a disposizione e che si vedrà ridotto il budget di 308 milioni e altri 300 milioni che, sempre secondo quanto previsto dall’intesa di luglio, saranno recuperati tagliando investimenti regionali già deliberati.
Si arriva così alla compensazione dei 2,352 miliardi in meno di risorse a disposizione delle regioni per finanziare Asl e ospedali. Una compensazione che, come sappiamo, lascia molto dubbi sulla sua reale applicazione e anche sulla correttezza di alcune misure (prima fra tutte quella che scarica sui cittadini i costi dell’inappropriatezza) ma che ormai, come tante altre misure similari adottate negli anni a compensazione di tagli lineari alla sanità, è scritta nero su bianco su un testo di legge pronto ad essere votato
I MEDICI. “UN SUPERTICKET PER INTIMIDIRCI”
Rosaria Amato, Repubblica. Chi stabilirà se una prescrizione o un ricovero sono inappropriati e quindi il medico va sanzionato? Secondo Costantino Troise, segretario di Anaao-Assomed, l’associazione dei medici dirigenti, il compito non può certo essere affidato a «un gruppo di tecnocrati», a meno che il vero obiettivo del governo non sia quello di introdurre un nuovo, esoso «superticket» sulla sanità.
Non ci sono margini di razionalizzazione delle prescrizioni secondo voi?
«Esistono sicuramente molte prescrizioni inutili per quel determinato malato in quel determinato momento, ma il metodo per rivederle non è quello di intimidire il medico. Dubito che si possa fare senza i professionisti e contro i professionisti. La strada è quella della legge sulla responsabilità professionale, che invece giace da anni in Parlamento. Dubito fortemente che protocolli o linee guida di Stato messi a punto entro 30 giorni dal decreto possano avere una validità scientifica.».
Eppure anche le Regioni hanno dato il via libera.
«E’ curioso che Regioni e Stato di giorno litighino e di notte si accordino. L ’obiettivo vero di questa norma è quello di fare cassa, introdurre un superticket neanche tanto mascherato che porrà a carico dei cittadini una serie di prestazioni, con conseguente arretramento e impoverimento della sanità pubblica. Già adesso la spesa privata è a 30 miliardi, tra le più alte ».
Il governo calcola risparmi per 100 milioni.
«Non so come si possa dire che si risparmiano 100 o 200 milioni, c’è molta demagogia. È un atteggiamento di controllo dell’operato dei professionisti e sostanzialmente lancia un messaggio: da ora in poi è lo Stato che decide quanto si fa. Aumenteranno la diffidenza verso i medici, il contenzioso e le disuguaglianze, che sono già enormi».
Sarà ancora possibile fare prevenzione?
«La prevenzione porta sicuramente risparmi, ma in un orizzonte molto più lungo di quello elettorale».
Repubblica e Quotidiano sanità – 27 luglio 2015