Un passo avanti e due indietro. La citazione leninista (ebbene sì) fotografa la congiuntura del maggior business veneto, quello della sanità pubblica. Succede che i conti del 2013, in fase di chiusura, registrino un considerevole attivo: quasi un centinaio di milioni «reali», dei quali la gran parte accantonati per investimenti (dalla nuova diagnostica alla ristrutturazione dei poli ospedalieri) e una decina contabilizzati in bilancio con il segno più. Niente male, a conferma che la linea del rigore, concordata tra il segretario Domenico Mantoan e i direttori generali delle Ulss, ha prodotto una virtuosa inversione di tendenza nei criteri di spesa. Le buone notizie in materia di welfare, tuttavia, finiscono qui. Patto per la Salute: assessore a colloquio con il ministro.
Il commissario alla spending review Carlo Cottarelli – incaricato dal Governo di mettere a punto un robusto piano di riduzione della spesa – è orientato a proporre tagli per 3 miliardi al Fondo sanitario nazionale: per il sistema veneto ciò comporterebbe la rinuncia a 250 milioni (gli 8,425 miliardi assegnati un mese fa scenderebbero a 8,175) con i contraccolpi conseguenti.
L’assessore alla sanità Luca Coletto, ieri a Roma per discutere il Patto della salute con il ministro Beatrice Lorenzin, non nasconde il pericolo ma confida di neutralizzarlo agendo su un altro versante: «Stiamo lavorando all’applicazione concreta dei costi standard, un’opzione alternativa e migliorativa rispetto ai soliti tagli lineari che hanno già penalizzato le risorse delle Regioni in una percentuale del 34%. Noi vogliamo difendere il Fondo pattuito e chiediamo che il ministero abbia poteri effettivi di intervento sulle questioni economiche, aldilà delle episodiche iniziative commissariali. Il Patto della Salute? Abbiamo tempi molto stretti, lo chiuderemo entro febbraio e avrà come contenuti salienti lo sblocco del turn over del personale nonché il meccanismo di aggiornamento dei piani di rientro e dei Livelli essenziali di assistenza». Due casi delicati all’esame della commissione regionale.
Lunga seduta di audizioni della commissione sanità che ha affrontato due temi delicati, oggetto di altrettante delibere di giunta: la medicina privata ambulatoriale accreditata a svolgere attività di fisiochinoterapia; e i nuovi tempi standard assegnati al personale infermieristico per l’assistenza ai malati. Sul primo versante i rappresentanti dell’Anisap (l’associazione ambulatoriale privata) hanno ribadito le forti critiche ai nuovi criteri di accreditamento – condivisi però dal presidente della commissione, Leonardo Padrin – che hanno esteso il ventaglio dei soggetti abilitati a collaborare con la sanità pubblica, incrinando un lungo regime di oligopolio nel settore. Per quanto riguarda il “minutaggio” in corsia, il Collegio degli infermieri ha espresso contrarietà alle tabelle orarie introdotte negli ospedali mentre gli altri sindacati – Cgil, Cisl, Uil, Ugl – hanno rinviato il giudizio definitivo all’esito dei tavoli locali. Sull’argomento è intervenuto anche il capogruppo dell’Idv Antonino Pipitone, medico diabetologo: «Non si può misurare la sanità a minuti, col cronometro, in barba ai tempi standard indicati da palazzo ribadisco l’invito fatto all’assessore Coletto: trascorra qualche giorno in un qualsiasi reparto ospedaliero veneto e si renderà conto che ogni paziente ha bisogno di una cura particolare, assolutamente personalizzata. Lo sfido a trovare due pazienti, anche con patologie e sintomi identici, per cui valga la stessa assistenza. A lui andrebbe bene di essere assistito con il cronometro?».
Filippo Tosatto – Il Mattino di Padova – 17 gennaio 2014