Succede alla Sapienza di Roma. Dove un piccolo corso, gestito da amici ed alleati politici del discusso Luigi Frati, riceve le stesse borse di studio degli insegnamenti numericamente più importanti. E i docenti protestano
Porte chiuse all’università, ma non per tutti. Mentre dei nuovi concorsi da ricercatore s’è persa traccia e i fondi per le borse di studio sono sempre meno, alla Sapienza di Roma ci sono dottorati super-blindati, grazie a intrecci di carriere accademiche, politiche e studentesche che continuano a svolgersi con la benedizione dell’onnipresente rettore Luigi Frati.
La pietra dello scandalo è stata gettata a giugno, quando è uscito il bando per i nuovi dottorati: 450 borse in tutta l’università, le prime distribuite secondo i nuovi criteri che hanno abolito i dottorati con meno di sei borse e imposto un numero minimo di 15 docenti in servizio per la loro supervisione.
Ma, a parte i criteri numerici, quale sostanza ha guidato le scelte della commissione che ha distribuito borse e dottorati? E’ quanto hanno chiesto tutti i docenti del Dipartimento di storia, culture e religioni che si sono visti assegnare, per un mega-gruppo di studi con 50 professori, sei borse in tutto. Altrettante ne ha avute un altro dottorato “cugino”, che si intitola alla Storia dell’Europa: pur senza nominarlo, la mozione degli storici e degli antropologi chiede al rettore trasparenza, con la pubblicazione degli atti relativi a tutti i dottorati. Il rettorato non risponde sulla richiesta specifica di pubblicità e trasparenza, ma fa sapere all’Espresso che sono stati rispettati gli stessi pesi numerici degli anni precedenti, anzi il Dipartimento che protesta ha avuto un incremento dei suoi posti.
Fin qui, potrebbe sembrare una battaglia tra studiosi o una bega tra baroni. Ma il faro che gli storici chiedono di accendere sui dottorati e sui criteri che li governano illumina retroscena, conflitti di interesse e intrecci. A cominciare dal fatto che la coordinatrice del dottorato in Storia dell’Europa, la professoressa Giovanna Motta, è in pensione dall’anno scorso, e le regole della Sapienza non prevedono che un professore in pensione possa svolgere quel ruolo.
Non solo. Giovanna Motta è moglie del prorettore Antonello Biagini, storico del Risorgimento, grande alleato di Frati, docente nel dottorato di Storia dell’Europa nonché membro della stessa commissione istruttoria che decide sui dottorati: un pool nominato anni fa dall’alto, e mai rinnovato.
I legami tra la famiglia Biagini-Motta e Frati sono di antica data, tanto che la Motta arrivò a insegnare storia non dalla facoltà di Lettere, ma da quella di Medicina, feudo dell’attuale rettore. Insomma, il dottorato in Storia dell’Europa, che da tempo si vede assegnare regolarmente sei borse ogni anno, gode di parecchi appoggi. Non si spiega altrimenti il fatto che il collegio dei docenti (come ha rivelato il giornale online degli studenti di Lettere e filosofia), ha solo dieci professori della Sapienza, e per raggiungere il minimo legale ha dovuto prenderne un po’ in prestito da università francesi, turche e rumene.
D’altro canto, se favore c’è stato ha avuto anche le sue contropartite. E’ un collaboratore del prorettore Biagini il promotore di una petizione online che nel marzo scorso fu fatta girare a sostegno di Frati, nel pieno delle polemiche sul nuovo statuto e sugli articoli di stampa sul malcostume familistico alla Sapienza. E tra le poche firme raccolte (116, l’obiettivo era di averne 1.000), compaiono quasi tutti gli ex dottorandi della scuola Motta-Biagini.
Molti dei firmatari sono accomunati anche da un’altra caratteristica: sono dirigenti dell’associazione studentesca Sapienza in movimento, seconda lista nell’ateneo per numero di voti, la più attiva nei servizi agli studenti, dai certificati medici alle feste.
Nata nel 2001 come lista vicina al partito democratico, si presenta oggi come apartitica; e infatti ne sono usciti i Giovani democratici, mentre è rimasto un gruppo ristretto ma attivissimo, con una connotazione geografica più che politica: vengono quasi tutti dalle parti diRossano Calabro.
“I calabresi”, così li chiamano tra i vialetti della città universitaria, sono presenti in tutti gli organi dell’università: cda, senato accademico, Cus, Idisu. Si può ascoltare l’oratoria di uno dei loro capi, Gianluca Senatore, nel video dell’inaugurazione dell’anno accademico del 2008, caricato su Youtube da “provolasilana”, in cui si scaglia contro “la campagna di disinformazione” e si spende a difesa del pontefice e del rettore. Lo stesso Senatore, laureato a 31 anni in Scienze politiche, dopo essere passato per il dottorato di Storia dell’Europa, è approdato adesso a un insegnamento a contratto a Medicina. E siede anche, come “esperto esterno”, nel Nucleo di valutazione dell’ateneo di Roma. Quando si dice una bella carriera.
L’Espresso – 17 luglio 2012