Sarà anche perché, con un bizantinismo aritmetico, le persone che cercano un impiego sono scese più rapidamente di quanto siano diminuite le «forze lavoro» – cioè i termini del rapporto con il quale si calcola il tasso di disoccupazione: 2,258 milioni le forze lavoro, 20 mila in meno di un anno fa, 2,069 milioni gli occupati, 14 mila in meno e 189 mila le persone in cerca di occupazione, 6 mila in meno – ma la realtà è che nel primo trimestre del 2014 in Veneto questo indicatore è diminuito.
A dichiararlo è l’Istat, che fissa il dato all’8,4% contro l’8,6% dello stesso periodo 2013. Il che, a spanne, ci dice che, delle poco meno di 200 mila persone che un lavoro lo cercano, ad averlo trovato fra gennaio e marzo sono state 400 in più.
Una goccia nel mare. Ma dopo una serie che non si conta più di trimestri in cui la stima diventava via via più pesante ora c’è un rientro. Ed è un valore pure interessante nel mare di dati negativi diffusi ieri dall’Istat: a livello nazionale, la disoccupazione è passata dal 12,8% al 13,6% e che nel Settentrione il 9,5% è più abbondante di tre decimi rispetto a un anno fa. Altrimenti detto, se si esclude Trento, al Nord la disoccupazione è cresciuta ovunque tranne che in Veneto, pur se il dato è aiutato dal calo delle «persone in cerca di occupazione» di cui si è detto. E comunque fa il paio con un calo complessivo di 14 mila occupati rispetto a un anno fa, di cui 33 mila nell’industria.
Comunque sia, la flessione della disoccupazione è un segno che il vicepresidente di Confindustria Veneto con delega ai rapporti sindacali, Luciano Miotto, invita a «prendere per buono»: «Difficile dire se sia occasionale, lo vedremo a metà luglio, quando saranno noti i numeri del secondo trimestre. Ma evidentemente forse un pò di fiducia in più c’è. Ora scuse per non investire non ce ne sono più: all’estero la ripresa già si vede in molti Paesi, il costo del denaro non è alto, il governo dovrebbe durare ed elezioni in vista non ce ne sono. Purtroppo, secondo l’Ue, dovremmo affrontare un’altra ‘manovrinà: vuol dire che una diminuzione delle tasse non la vedremo a breve». Per Miotto, inoltre, sarebbe interessante comprendere se l’attenuazione della perdita di posti di lavoro sia riconducibile solo ad imprese che operano sui mercati esteri o, circostanza eventualmente assai più significativa, ad un risveglio dei consumi in ambito domestico: «Qualcosa in questo senso lo sento ripetere ma è troppo presto per trarre sospiri di sollievo».
«Siamo fiduciosi che il Veneto ce la possa fare – è l’auspicio di Elena Di Gregorio, segretaria regionale Cgil – ma questa battuta d’arresto nella crescita della disoccupazione non è una rondine che fa primavera. Certo, ci sono segnali che vanno nella direzione giusta, c’è un aumento della produzione industriale che però non si traduce in nuova occupazione e bisognerebbe interrogarsi su questo». Per Di Gregorio le ipotesi principali sono due: la crescente dotazione di tecnologie, con riduzione di manodopera e un impiego sbilanciato della forza lavoro. «Al di là delle indagini e delle loro cifre, mi chiedo se la frantumazione dei rapporti di lavoro, con contratti a termine che raramente vengono trasformati in rapporti definitivi, possa davvero continuare a garantire la qualità caratteristica delle nostre produzioni».
Gianni Favero – Corriere del Veneto – 4 giugno 2014