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Schiaffo alla sanità di Obama. Senato pronto a bloccare il blitz a pochi giorni dalla scadenza dell’anno fiscale

Da ieri lo scontro politico sul bilancio americano, sull’”Obamacare”, sulla possibile chiusura del governo, è passato dalla retorica allo scontro frontale.

Alla Camera i repubblicani hanno approvato una misura di spesa che elimina i fondi per il programma di assistenza sanitaria di Barack Obama, che dovrebbe entrare in vigore proprio nel 2014, con una maggioranza di 230 voti contro 189. La provocazione, anzi l’oltraggio, è forte. Il progetto di riforma sanitaria di Obama che vuole estendere a decine di milioni di americani l’assistenza sanitaria è stato il più importante fra le iniziative sociali del presidente.

Nonostante il progetto sia stato accolto male da buona parte dell’opinione pubblica, Obama è stato confermato per un secondo mandato e dunque non cederà mai su questo punto. Tanto più che ha dalla sua parte il Senato a maggioranza democratica deciso a respingere il progetto di legge.

Comincia dunque il conto alla rovescia: mancano nove giorni alla scadenza del 30 settembre, quando si chiuderà l’anno fiscale 2013. Se non si troverà una soluzione al muro contro muro il governo americano chiuderà, gli uffici pubblici non potranno più sbirgare le pratiche, i dipendenti staranno a casa, le pensioni potrebbero essere congelate. Insomma un disastro, non solo per il disagio che deriverà dalla paralisi del Paese ma per il danno potenziale che sarà inflitto a un’economia ancora debole. Alcuni analisti dicono che Ben Bernanke ha anche tenuto conto di questo problema “politico” quando ha deciso mercoledì di lasciare invariati gli acquisti di titoli sul mercato.

Due settimane dopo, il 15 ottobre, il governo americano rischierà il fallimento. Quel giorno infatti in mancanza di aumento del tetto sul debito, oggi pari a 16.700 miliardi di dollari, il Tesoro americano non potrà più emettere obbligazioni. Poco più in là, nel giro di altre due o tre settimane si dovrebbe confermare il sequester, l’accordo cioè che prevede tagli automatici di spesa. Paralisi possibile e quasi simultanea dunque su tre fronti, la chiusura, il default e ulteriori tagli alla spesa.

«Oggi abbiamo vinto per il popolo americano – ha detto John Boehner, il presidente della Camera –. Il nostro messaggio al Senato è semplice: gli americani non vogliono la chiusura del governo e non vogliono l’Obamacare». In effetti la maggioranza degli americani è contro la riforma sanitaria del Presidente, ma non è detto che la strategia repubblica funzioni. In passato in una situazione analoga, quando alla guida della Camera c’era Newt Gingrich e alla Casa Bianca Bill Clinton, gli americani capirono che la partita di Gingrich era solo politica e, dopo la chiusura del governo, didero la colpa ai repubblicani. Cosa su cui scommette Barack Obama e su cui tendono a concordare gran parte degli analisti politici.

Per questo la reazione di Obama non si è fatta attendere «Non cederò mai al ricatto – ha detto ieri in un comizio – e guardo alla nostra situazione d’insieme, il disavanzo federale è migliorato, creiaamo occupazione, torniamo a crescere… vogliamo rovinare tutto per colpa di un oltranzismo politico?».

Il tempo per una soluzione esiste ancora. Tutti scommettono che alla fine si rimanderà la chiusura con una misura di finanziamento temporanea. Ma dopo? Come ne uscirà Boehner? Come ne uscirà Obama? Il compromesso non è possibile: o l’Obamacare resta o viene cancellato e nessuno oggi è disposto a perdere la partita.

John Boehner, presidente della Camera, dopo il voto che ha tagliato i finanziamenti alla riforma sanitaria di Obama

Il Sole 24 Ore – 21 settembre 2013 

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