Il premier contro il Servizio Bilancio di Palazzo Madama e twitta il cedolino: gli 80 euro ci sono, la copertura anche. Le previsioni del Senato sulle coperture per il decreto Irpef sono «tecnicamente false». Alla sua sfilza di primati politici da ieri Renzi potrà aggiungere anche quello di essere stato il primo presidente del Consiglio a dare dei falsari ai compassati funzionari del Servizio bilancio di palazzo Madama. Segno di quanto lo scontro premier-Senato sia ormai totale.
Il presidente Pietro Grasso, dopo il botta a risposta di fine marzo sulla riforma del bicameralismo, torna a difendere l’istituzione che presiede: «Mi faccio assolutamente garante dell’autonomia e dell’indipendenza degli uffici di palazzo Madama». Le analisi del Servizio bilancio, quelle che hanno messo in dubbio le coperture per il bonus di 80 euro, hanno fatto infuriare il premier. Già nella trasmissione di Giulia Innocenzi, giovedì sera, aveva attaccato quei dati. Salvo definirli, appunto, «falsi», ieri mattina intervistato in tv da Belpietro. Impossibile continuare a ignorarlo, il bis costringe Grasso a prendere una posizione netta: «Le analisi possono suscitare dibattiti sul piano tecnico e reazioni sul piano politico, ma mai accuse di falsità né sospetti di interessi corporativi o addirittura personali». Il riferimento è a quei «sospetti» filtrati da palazzo Chigi nei giorni scorsi. Ovvero che «i burocrati» del Senato fossero animati più dal desiderio di salvare il proprio super-stipendio dal tetto imposto dal premier che a tutelare il bilancio pubblico. Una malizia a cui dalla presidenza del Senato rispondono sventolando le buste paga dell’ufficio, dove nessuno, nemmeno il capo, arriva ai 240 mila euro.
Ormai la contrapposizione fra i due presidenti è frontale e impensierisce anche il capo dello Stato. Che ieri mattina ne avrebbe parlato a quattr’occhi con lo stesso Grasso e il sottosegretario Graziano Delrio, a margine della commemorazione per Aldo Moro. Ma Renzi non intende affatto scusarsi o fare marcia indietro. Anzi, nel pomeriggio pubblica su Twitter una foto della busta paga che stanno predisponendo al ministero dell’Economia per i dipendenti pubblici, con in bella evidenza la voce sugli 80 euro di bonus Irpef. «Noi rispondiamo con i fatti», commenta il premier con i suoi. Inoltre, proprio per confutare quelle 164 pagine di critiche elaborate dal Servizio bilancio, Renzi ha chiesto al ministro Padoan di rispondere colpo su colpo. Entro lunedì da via XX Settembre uscirà un «corposo dossier» sulle coperture del decreto, con tutti i dati per smentire quelli di palazzo Madama.
E tuttavia è evidente che la sfida sui numeri ne nasconde un’altra, quella sul ruolo del Senato nella futura architettura della Repubblica. «Ricordo che il Senato — insiste Grasso — è una istituzione che merita rispetto e non un carrozzone come definito da qualcuno». A Virus, Renzi in serata non gli lascia l’ultima parola e replica: «Il presidente Grasso tende a difendere l’istituzione che presiede, lo comprendo, capisco il suo ruolo. Io non sto attaccando il Senato, dico che il Senato va superato». Ma se il premier ha deciso di servirsi di Grasso come bersaglio per la campagna elettorale — giocando sul tema conservazione vs innovazione — da palazzo Giustiniani non stanno certo a guardare. In giro per l’Italia, la seconda carica dello Stato si tiene aggiornato con i suoi e non ci sta a passare per l’ultimo dei giapponesi: «C’è chi non sa perdere, ma bisogna anche saper vincere. Io non sono contro la riforma del bicameralismo, ma bisogna avere anzitutto rispetto per le Istituzioni. È una precondizione ». Lo dice da magistrato che ha «indossato la toga per 43 anni». E che ora si trova esposto in prima persona nella mischia. Non avrebbe voluto replicare al premier, si è morso la lingua di fronte all’escalation di questa settimana — dal Senato «carrozzone» alla «accozzaglia» di senatori, fino ai dati «falsi» — , poi ha dovuto prendere una decisione «dolorosa ma doverosa». Quella di difendere il “suo” palazzo dalle bordate in arrivo. Confida Grasso in queste ore difficili a quei senatori che lo chiamano per complimentarsi: «Io non faccio parte di alcuna corrente del Pd, non mi schiero contro Renzi per principio e non faccio sponda ai suoi avversari interni. Ma con quella accusa ai nostri funzionari ha davvero passato il segno». Ciò non significa, come già vanno dicendo i forzisti, che Grasso metta in dubbio le coperture del decreto. Peraltro già timbrate dal Quirinale, dall’ufficio bilancio della Camera e dalla Ragioneria di Stato. Ma la polemica divampa. Se Roberto Calderoli annuncia querela contro il premier, Stefano Fassina definisce «gravi» gli attacchi di Renzi a «un’istituzione di eccellenza, decisiva per l’autonomia del Parlamento». E Maurizio Gasparri rammenta che anche il viceministro Enrico Morando (renziano) e la relatrice Guerra, entrambi del Pd, hanno respinto le accuse del premier ai tecnici di palazzo Madama
Repubblica – 10 maggio 2014