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Aiuti Ue per latte, scontro tra Nord e Sud Europa

Strasburgo si appresta a votare interventi di sostegno, ma le categorie auspicano sforzi maggiori. L’Italia chiede la programmazione produttiva sui formaggi Dop

Contrattazione obbligatoria e aumento del potere negoziale delle organizzazioni dei produttori in deroga alle norme comunitarie sulla concorrenza. Sono questi i due cardini sui quali è incentrato il pacchetto di misure anticrisi per il settore del latte che il Parlamento europeo si appresta a votare entro fine mese. Alle misure l’Italia vorrebbe aggiungere anche la programmazione produttiva dei formaggi Dop. A illustrare la strategia di Bruxelles per rispondere alle difficoltà del settore sono stati il presidente della commissione Agricoltura dell’Europarlamento, Paolo De Castro, e il relatore del «pacchetto latte», James Nicholson, che hanno incontrato ieri alla fiera di Cremona il ministro delle Politiche agricole, Saverio Romano, i presidenti delle associazioni agricole italiane e il presidente di Granarolo, Giampiero Calzolari.

Il 24 maggio Strasburgo dovrebbe dare il via alla nuova versione delle misure anticrisi, per poi cercare un compromesso con Commissione e ministri europei. Ma come spesso accade sui dossier agricoli più delicati, a Bruxelles è già in corso un braccio di ferro tra i paesi del Nord Europa e il fronte mediterraneo guidato da Francia e Italia. Sulla contrattazione obbligatoria, che prevede la possibilità per gli Stati membri di imporre confronti interprofessionali per fissare in anticipo il prezzo del latte rispetto, gli «ultraliberisti» guidati da Regno Unito e Svezia si sono già messi di traverso.

Così come sulla norma a favore della rappresentanza delle organizzazioni dei produttori, che conferisce alle Op il potere di contrattare per conto dei propri soci, fino a un massimo del 33% del mercato nazionale. Ancora più isolata appare la posizione italiana – appoggiata solo dalla Francia e da alcuni partner meno «pesanti» – sulla richiesta di inserire la programmazione produttiva dei formaggi Dop che, avendo bisogno di periodi di stagionatura di diversi mesi, sono più esposti alle oscillazioni del mercato. E proteggere il mercato lattiero-caseario dall’eccessiva volatilità sperimentata negli ultimi due anni, soprattutto in vista della completa liberalizzazione della produzione a partire dal 2015, è il principale obiettivo del pacchetto anticrisi i cui contenuti sono destinati ad anticipare in parte anche la grande riforma della politica agricola comunitaria dopo il 2013.

«Il pacchetto latte nasce proprio dalla necessità di gestire la drammatica volatilità dei prezzi sul mercato lattiero-caseario che sta scoraggiando gli investimenti – ha spiegato il presidente di Granarolo, Giampiero Calzolari –. Va mantenuta una forma di regolamentazione per il settore e, anche se il mondo industriale ha delle perplessità sul pacchetto, garantita la possibilità di pianificare in un quadro di regole certo».

Il relatore all’Europarlamento, l’irlandese James Nicholson, ha spiegato come, nonostante la contrarietà di molti paesi nordeuropei alle misure di regolamentazione, vada assicurata «la sostenibilità della produzione e dell’occupazione in un settore caratterizzato, anche in Nord Europa, dalla presenza di molte aziende a conduzione familiare». Ma per il presidente di Fedagri Confcooperative, Maurizio Gardini, «le proposte della Commissione sono deludenti. Il settore vive una fase delicatissima di transizione verso la completa liberalizzazione e per questo occorre rafforzare il potere contrattuale dei produttori e il loro reddito». Per la Coldiretti «va valorizzato il ruolo economico delle associazioni e favorito un nuovo modello di contrattazione di filiera» mentre per Confagricoltura «è urgente redistribuire il valore nella filiera per evitare squilibri di mercato e posizioni di oligopolio».

Paolo De Castro (Presidente commissione Agricoltura dell’Europarlamento): «Il mercato da solo non basta»

«La liberalizzazione del mercato europeo del latte a partire dal 2015 non può essere rimessa in discussione, ma è chiaro che dovremo trovare un equilibrio tra un sistema di protezione totale e la completa assenza di regole. Non possiamo lasciare che il mercato si regoli completamente da solo, perché altrimenti questo avviene ma al prezzo della chiusura di molte aziende».

Così il presidente della commissione Agricoltura dell’Europarlamento (ed ex ministro delle Politiche agricole in Italia), Paolo De Castro, sul difficile momento di transizione di un settore che negli ultimi due anni è stato più degli altri esposto alla volatilità dei prezzi, che in Italia ha già dimezzato il numero degli allevamenti passati, dal 2000 a oggi, da 75mila a 40mila, di cui solo 15mila possono considerarsi aziende professionali.

Alcuni paesi in Europa contestano la svolta liberista in tema di politica agricola, anche se in Italia il regime delle quote ha forse portato più danni che benefici. La scelta di abolire i tetti produttivi potrebbe essere rivista?

Il sistema delle quote, pur tra mille difficoltà, ha protetto i mercati e tutelato i redditi dei produttori, ma non intendiamo rivedere la decisione di abolirle definitivamente a partire dalla primavera 2015.

Negli Stati Uniti, la patria del liberismo, il Congresso ha presentato una proposta per introdurre le quote latte. L’Europa va nella direzione opposta, non è un paradosso?

È vero che gli Usa stanno pensando a un sistema simile a quello delle quote per proteggere i produttori dalla volatilità dei mercati. Ma il contesto nel quale ci muoviamo è quello di una crescente scarsità di prodotti agricoli e alimentari. Anche se la volatilità va gestita e l’Europa e gli Stati Uniti devono cercare di coordinare, per quanto possibile, le proprie strategie di politica agricola.

Ma ogni misura di regolazione dei mercati a Bruxelles deve fare i conti con il fronte dei paesi nordeuropei contrari non solo ai sussidi ma anche a una normativa considerata troppo invadente.

Su questo le sensibilità, che sono molto diverse, stanno cambiando. Anche i paesi più liberisti devono capire che il mercato da solo non può farcela. O meglio, può autoregolamentarsi ma a un prezzo troppo elevato, perché lo fa, come dimostra da ultimo il caso dello zucchero, solo dopo la chiusura di molte aziende. E in agricoltura questo vuol dire spopolamento e abbandono delle aree più marginali e più povere con danni, oltre che economici, al paesaggio e all’ambiente.

Ma le aziende più piccole non sono attrezzate per competere nella nuova dimensione dei mercati, dove dominano volatilità e incertezza.

Gli agricoltori vanno coinvolti, attraverso le organizzazioni dei produttori, nella stabilizzazione dei prezzi. I paesi del Nord Europa sono meno propensi ad accettare la contrattualizzazione obbligatoria, ma sono fiducioso che in Parlamento riusciremo a trovare un compromesso. D’altra parte tutta l’Europa guarda al modello delle organizzazioni di produttori, che in Italia è particolarmente sviluppato, come strada per rafforzare l’interprofessione.

Sulla tutela dei marchi Dop però, attraverso la possibilità per i consorzi di programmare la produzione, l’Italia sembra ancora più isolata.

Le resistenze maggiori su questo punto si concentrano sul tavolo del Consiglio dei ministri Ue. Dove però l’Italia può contare sull’appoggio incondizionato della Francia e della Spagna, quindi di paesi pesanti. Ma l’aiuto più importante può arrivare proprio dal Parlamento europeo: l’obiettivo è arrivare il 24 maggio, giorno in cui voteremo la nostra proposta, con una maggioranza favorevole alla programmazione produttiva dei formaggi Dop.

Ilsole24ore.com – 14 maggio 2011

 

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