L’équipe dell’Università di Padova guidata dal professor Andrea Crisanti ha individuato quelli che si potrebbero definire i «pazienti zero» del primo focolaio di coronavirus in Veneto, quello scoppiato a Vo’ Euganeo e che poi portò anche alla morte di Adriano Trevisan, prima vittima ufficiale in Italia. Si tratta – e di questo i ricercatori si dicono certi – dei due turisti cinesi che a gennaio dello scorso anno sbarcarono a Malpensa con una comitiva di connazionali per una breve vacanza in Italia.
Tra le prime tappe del loro viaggio ci fu proprio il Veneto e a questo punto è probabilmente proprio nella nostra regione che entrarono in contatto con la persona che poi avrebbe contagiato decine di abitanti del paesino padovano.
La scoperta – finora tenuta segreta – l’ha comunicata lo stesso Crisanti al sindaco di Vo’, Giuliano Martini, per lanciare un appello alla popolazione. «Dalle analisi delle sequenze virali che stiamo ultimando – si legge nella nota poi pubblicata dal Comune – è emerso che il ceppo virale circolante a Vo’ all’inizio della pandemia è identico a quello trovato in due turisti cinesi che durante un soggiorno in Italia erano passati dal Veneto prima di essere trovati positivi al virus a Roma».
La presenza della coppia orientale è nota e risale all’inizio del 2020, quando per la prima volta l’Italia si ritrovò alla prese con dei casi di positività al Covid 19. Si trattava di un 66enne e della moglie 65enne, che provenivano proprio dalla città di Wuhan, considerata il luogo d’origine dell’intera pandemia. Non sapevano di essere malati: i sintomi si sarebbero manifestati solo a qualche giorno di distanza da quando, alle 5.35 del 23 gennaio, erano sbarcati all’aeroporto milanese. Facevano parte di un gruppetto di venti cinesi che da Milano si spostarono subito in Veneto, soggiornarono a Verona (ma pare facendo tappa anche a Venezia), per poi passare tre giorni a Parma e infine raggiungere la capitale. Nella città di Giulietta e Romeo trascorsero un’unica notte, soggiornando in un albergo a quattro stelle.
Analizzando i loro campioni di sangue e confrontandoli con quelli degli abitanti di Vo’, l’équipe di Crisanti ha quindi stabilito una correlazione diretta. Da qui l’appello lanciato alla popolazione attraverso il sindaco. Un messaggio «rivolto in particolare» agli abitanti che si ammalarono per primi, tra febbraio e maggio 2020. «A queste persone – si legge nella nota – chiediamo di provare a ricordare se hanno avuto contatti con le città di Venezia, Verona o Parma nei giorni dal 23 al 27 gennaio 2020. Qualsiasi contatto può essere importante, anche indiretto, anche ad esempio se avete incontrato persone che abbiano frequentato quelle città in quei giorni…». Firmato: «Il team del professor Crisanti»
La scoperta è sorprendente. Lo conferma al Corriere del Veneto lo stesso Andrea Crisanti: «Ci manca davvero poco per ricostruire l’intera catena di trasmissione. Dai nostri studi l’inizio dei contagi a Vo’ risalirebbe alla prima settimana di febbraio, quindi diversi giorni dopo la scoperta della positività dei turisti cinesi. E questo ci suggerisce anche l’esistenza di un anello mancante: qualcuno, direttamente collegato al paese padovano, che si sarebbe infettato dai due orientali».
Il sindaco Martini, che è pure farmacista, appare entusiasta: «Sembra un film di fantascienza, e invece è realtà: l’Università di Padova si conferma all’avanguardia, riuscendo a determinare la matrice molecolare del virus e tracciandolo da un paziente all’altro. È incredibile. Sono convinto che anche questa volta i miei concittadini collaboreranno con i ricercatori, per il bene di tutti e perché sia fatta finalmente chiarezza su come la pandemia si è diffusa nel nostro Paese».
L’autore della scoperta fa anche un’altra riflessione: «A questo punto è evidente che c’è stato qualcosa di profondamente sbagliato nella gestione iniziale dell’emergenza – sostiene Crisanti – perché a quei turisti che provenivano da Wuhan non doveva essere consentito di mettere piede in Italia. Il nostro Paese ha aspettato troppo a imporre delle limitazioni alla circolazione». Martini allarga le braccia. «La politica – dice il sindaco -ha agito in base alle informazioni che aveva. E in quel momento, non dimentichiamolo, l’Oms ancora sconsigliava l’uso della mascherina e c’erano scienziati che paragonavano il Covid a una banale influenza».