Barack ha iniziato il suo secondo mandato toccando ieri tutte le note della retorica storica che fanno grande l’America, il suo sistema e la sua Costituzione, valida da oltre 200 anni. Ha fatto promesse di politica interna.
Ma sappiamo che ogni presidente al secondo mandato ha limiti a quel che può’ fare in materia nazionale. Nel giro di 18 mesi questo Presidente sarà già “lame duck”, anatra zoppa, sul piano interno. Ma non lo sarà su quello internazionale. Obama ne è ben cosciente ed è chiaro nelle scelte più recenti per il nuovo Gabinetto, che dedicherà molta attenzione al recupero di leadership internazionale americana. Forse per la crisi economica, forse per sue ingenuità nei rapporti coi grandi leader, la credibilità internazionale americana è diminuita negli ultimi quattro anni. Per cambiare questa percezione Obama si occuperà dei dossier più caldi. E lo farà con l’aiuto di un nuovo capo di Gabinetto Dennis McDonough che, non a caso, viene dalla politica estera. Inusuale, ma appropriato visto che occorre spegnere il fuoco siriano, contenere l’Iran e la Corea del Nord, gestire le rivoluzioni arabe, seguire le tensioni fra Tokyo e Pechino, impostare un dialogo fermo con controparti difficili, Putin a Mosca e Xi a Pechino, allargare il dialogo con l’Europa e rafforzare il G-2O. Oggi quasi certamente Bibi Nethaniahu vincerà le elezioni israeliane. Con lui ha avuto un dialogo difficile. Ma il recupero del processo di pace coi palestinesi tornerà centrale. E come ha detto Obama nel suo discorso di ieri: «occorre procedere insieme». Prepariamoci dunque a molti viaggi, il primo in Israele e in Palestina, un viaggio a Mosca e un ritorno a Pechino. E l’Europa? Ci sarà anche lei. Ma in tono minore.
22 gennaio 2013